LE OPINIONI

IL COMMENTO E le sedie… stanno a guardare

Il titolo sicuramente incuriosisce i lettori. Quale interesse possono mai suscitare delle sedie? Con un po’ di pazienza, cari lettori, sarete accompagnati in uno strano labirinto; tanto strano da far parte del Teatro dell’Assurdo, precisamente di Eugene Ionesco. Già domenica 3 aprile avevo scritto l’editoriale “Ischia come nel Teatro dell’Assurdo”. Adesso mi ricapita l’occasione e ve ne spiego i motivi. Ad opera del Teatro Stabile di Torino e con la regia di Valerio Binasco, è stato rappresentata, al Teatro Bellini di Napoli (dal 29 marzo al 3 aprile), poi a Modena (dal 7 al 10 aprile) e poi in altri teatri italiani, l’opera di Ionesco “Le sedie”. Tale spettacolo si svolge in un’isola (prima analogia con Ischia), precisamente su un faro e, guarda caso, con gli amici del Museo del Mare di Ischia e in collaborazione col Museo del Mare di Napoli sito a Bagnoli, si sta allestendo una mostra sui fari in Italia, che si terrà in giugno nel salone delle Antiche Terme comunali. Guarda caso, nel 2018, fu espletato dall’Agenzia del Demanio, il bando di concorso per l’assegnazione di undici fari italiani, tra cui il nostro faro di Punta Imperatore, vinto dalla società tedesca Floatel GmbH, per la gestione della durata di 50 anni della struttura, a fini turistico culturali. Guarda caso, su soggetto ed interpretazione di Lucianna De Falco, attrice isolana, fu inscenata, nel 2008, una piéce teatrale che ripercorreva la vicenda di “Lucì” ovvero Lucia Capuano, vedova del farista Francesco, detto “’A Lanterna”, morto alla fine degli anni 30 a causa di un tragico incidente. Ebbene Lucia, madre di sette figli, sfidando i pregiudizi del tempo, gestì – prima donna in Italia – il Faro, ergendosi a simbolo di coraggio ed emancipazione femminile. L’opera curata da De Falco e Salvatore Ronga si distaccava dalla tragica insensatezza del teatro del rumeno Ionesco, prevedendo una forte e positiva reazione umana alla disgrazia.

A questo punto dobbiamo svelare la trama dell’opera “Le sedie” ( ammesso che di trama si possa parlare per il Teatro dell’Assurdo). Nel faro dell’isola immaginata da Ionesco, in locali fatiscenti, un vecchio e una vecchia attendono, in un’ampia sala, degli ospiti per una conferenza di un importante relatore. Nell’attesa, si intravede una pila di sedie in bilico, pronte a cadere e si assiste ad un dialogo assurdo tra i due vecchi coniugi. In uno di questi confronti, il vecchio si affaccia di notte a scrutare il mare e la vecchia gli dice “Tu pensi di guardare le barche, ma il buio della notte ti impedisce di vederle” e il vecchio ribatte “Se ne scorgono le ombre” e così via con parole senza senso, di disperazione e, soprattutto, di decrepitezza senile. L’oratore arriva e arrivano anche gli ospiti, ma ciò non fa altro che aumentare l’assurdità della situazione e di un parlare astruso e incomprensibile. Alla fine, nello smarrimento e confusione totale, non resta altro, ai vecchi coniugi, che buttarsi giù dal faro a mare e porre fine all’assurda esistenza. Bene, a cosa ho pensato, a proposito dell’isola, del Faro, del mare, dei vecchi, delle parole assurde e – soprattutto – delle sedie? Ho pensato, perdonate l’accostamento sacrilego arte- politica, alle elezioni amministrative nel Comune d’Ischia. Mi sono messo nei panni dei due vecchi (per età ci siamo) che attendono gli ospiti e il grande relatore (che, nel nostro caso, sono rispettivamente rappresentati dagli aspiranti consiglieri comunali e amministratori pubblici e dal nuovo – o vecchio – Sindaco). Beh, le sedie capirete quali sono, nel nostro caso: sedie traballanti (meglio definite “poltrone”) troppo poche per accontentare l’esercito di pretendenti. All’inizio, tali sedie sono impilate una nell’altra, in una catasta in precario equilibrio, poi quelle sedie verranno occupate e tra il relatore (Sindaco) e ascoltatori (consiglieri comunali che più che ascoltare e obbedire non potranno fare) s’instaurerà, come in passato, un dialogo dell’assurdo.

All’indomani delle elezioni, incomincerà, con tutta probabilità, il processo di “ autofagia”, fenomeno clinicamente studiato per il quale il nostro organismo “cannibalizza” alcune cellule perniciose. Accadrà che, in carenza di opposizione, l’organismo “maggioranza” cannibalizzerà le cellule ritenute pericolose, fino all’implosione politica. Insomma, in carenza di opposizione, “’U purp se cuocerà con l’acqua soja stessa”. Sebbene nella realtà locale ancora ci sono cittadini che s’illudono che qualcosa possa cambiare, che la vita amministrativa possa avere un senso,una giustizia, un equilibrio democratico e una parvenza di trasparenza degli atti. E infine ci sono ancora pochi intellettuali, teorici, mezzi filosofi, che cercano disperatamente di scorgere, nel mare magnum della confusione amministrativa, qualche barca di salvataggio per l’isola (proprio come il vecchio di Le Sedie che si affaccia dal Faro). E, proprio come la vecchia di Le Sedie, c’è chi col realismo dettato da esperienze pregresse, avverte che, nella notte politica, non si scorge alcuna barca di salvataggio. Restando nel Teatro dell’Assurdo, una situazione paradossale la registriamo, nella nostra isola, tra la realtà dei sei Comuni che non riescono ad andare d’accordo su nulla (se non negli incroci di graduatorie per parenti ed affini da assumere) per esempio sulle ordinanze dissimili per il divieto di sbarco di auto sull’isola, di contro la “mozione degli affetti” proveniente da varie Istituzioni (dalla Scuola agli organi di Polizia) verso tutti i Sindaci e le Amministrazioni comunali. Tutti entusiasti della “ capacità collaborativa” degli Enti Locali. O sono cieco io o c’è qualcun altro che ha preso una cantonata!

Altra situazione assurda è quella che si sta registrando alla Regione Campania, che rispecchia in grande la realtà isolana amministrativa: sono piovute critiche sulle opposizioni che non sarebbero abbastanza vigili e critiche nei confronti della maggioranza deluchiana. Al che, Annarita Patriarca, figlia d’arte, ed altri sedicenti oppositori, hanno sdegnosamente negato che alla Regione ci sia consociativismo. Hanno detto che non accettano la qualifica di “opposizione marmellata”. Ma almeno la marmellata ha un nome, un marchio definito. In politica (e vale anche per Ischia) non c’è più nessun marchio, nessuna identità. Tutti figli di N.N.. Detto ciò, dobbiamo prefigurare un finale, per il nostro Teatro dell’Assurdo. In Le Sedie, come abbiamo detto, il finale è che i due vecchi si buttano a mare e pongono così termine ad un’esistenza insensata. Nel nostro caso elettorale, cosa faremo? Faremo finta che siamo entusiasti della relazione programmatica del grande conferenziere-Sindaco? Lo applaudiremo come fa la maggior parte dei presenti, lo voteremo e ce ne torneremo sereni alle nostre case? Anziché buttarci a mare noi, butteremo a mare le schede elettorali in carenza di alternative? O che altro faremo? Una risposta non ce l’ho. Nel Teatro dell’Assurdo, l’assurdo è che una risposta non c’è!

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