LE OPINIONI

IL COMMENTO E se Ischia fosse Lampedusa…

DI LUIGI DELLA MONICA

Preciso fino a voler sembrare ossessivo, che questa isola delle Pelagie, nel cuore del Mediterraneo, non è paragonabile alla nostra, perché, differentemente da Ischia, ha la bandiera blu sventolante sulla “spiaggia dei conigli”. Beh, a Noi cosa importa? Siamo l’isola più bella del Mondo, quella che tutto sommato sta per cadere nel baratro ed improvvisamente si risolleva dalla tragedia. Per carità, non intendo criticare questa caratteristica che è una virtù di resilienza del nostro temperamento e del nostro ambiente socio-produttivo e culturale. Il mio scopo è come sempre eviscerare quella arroganza, quella supponenza, quella albagia, che per un motivo ancestrale alberga nello spirito di alcuni isolani, i quali presumono che la loro ingenua improntitudine non sarà mai punita, perché in fondo quel che accade, accade, ma tutto si perdona se il sipario è Ischia.

Leggevo con sgomento e ripugnanza la descrittiva del Coordinatore Gaetano Ferrandino sulle aggressioni personali rivolte al Presidente del Festival della Filosofia, il Filosofo Prof. Raffaele Mirelli, ma ancora peggio è stato prendere nota dell’episodio dell’ignoto automobilista che ha sfondato con la sua vettura un dissuasore verticale, posto a protezione della zona dedicata allo stop motori. Non credo che sia un individuo importato dalla terraferma, ma si tratti di vergogna autoctona originale. Ve lo immaginate se fossimo a Lampedusa con circa 7.000 migranti? Forse, forse che ci scopriamo fra alcuni di noi, pure razzisti? Sappiamo bene che la insularità è stata codificata come condizione disagiata di vita al rango costituzionale, ma se deve essere un pretesto per disvelare violenza verbale e fisica contro l’ideatore di un progetto di educazione civica e contro un oggetto inanimato, allora Raffale Mirelli ci ha preso! Ischia ha veramente perso il senso della comunità e come Ippazia, custode della biblioteca di Alessandria d’Egitto, egli ha diffuso una verità scomoda prima dell’incendio del palazzo. La rabbia ed il disappunto si sono manifestati con epiteti non lusinghieri e gesti incomprensibili e da condannare.

Raffaele Mirelli ha colpito il totem del 21^ secolo: l’autovettura. Ci sono ischitani che adoperano l’auto per percorrere appena 500 metri, oppure per fare il giro di Piazzale delle Alghe solo per farsi ammirare la domenica in un SUV gigantesco e, magari se l’area è allagata, tentare l’ebrezza di planare sull’acqua. Diciamo che l’auto è la punta dell’iceberg per dimostrare di avercela fatta a conquistare il benessere economico e se Raffaele Mirelli la inibisce deve essere demonizzato pubblicamente.

Cosa importa all’isolano medio o di media intelligenza se le conifere impiantate da Anton Dohrn sono in via di riduzione. Io stesso nel vedere le pinete di via Sogliuzzo mi rendo conto che sono diminuiti di molto, per non parlare del Montagnone, oppure del graffio sulla vegetazione determinato dal paesaggio della frana. Sono tutte bufale o elecubrazioni di quattro mentecatti che invece che sputarsi le mani sugli incassi di agosto, dopo aver lavorato 30 giorni senza riposo – quelli sono i veri isolani – perdono il tempo a diffondere cultura, rispetto ed educazione, senso di appartenenza alla comunità. I lampedusani non hanno scelto di diventare una grande tendopoli di profughi a cielo aperto, ma lo Stato centrale e da ultimo la stessa Europa egoista la ha designata a tale ingrato compito. Non mi pare che gli stessi si siano persi in atti di vandalismo pubblico, ma sono uniti nell’emergenza a rivendicare la propria identità, nel rispetto dello spirito di soccorso a queste povere genti, che sono vittime della crudeltà degli scafisti e dalle omissioni del c.d. Mondo occidentale. Non so dire se per le pecche dei collettori fognari che impediscono il conseguimento delle bandiere blu a Ischia, che a Lampedusa invece sventolano, i pelagiani abbiano chiesto interventi della terraferma, dello Stato. Quello stesso Stato che non riesce a ricevere sostegno dall’Europa intera, che preferisce vivere nelle sue città progredite e perfette, usando l’Italia come una sorta di pattumiera umana, per voltarsi dall’altra parte e non risolvere il problema alla radice. La nostra Premier, che si sta impegnando serratamente per questo obiettivo, ha persino parlato alle Nazione Unite, ma credo sia inutile, perché è quello stesso Organismo burocratizzato e rammollito che, rifondato nel secondo dopoguerra sulle ceneri della vittoria sul nazismo, ora mangia allo stesso tavolo con i criminali del Cremlino (volutamente non uso il termine Russia).

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La verità crudele è che una narcolessia generale dell’isolano medio-piccolo pretende che i problemi strutturali, le premesse della ricchezza locale debbano essere risolte e riformate da fuori, dall’esterno. E non riesce nemmeno a coordinarsi con i propri rappresentanti degli Enti locali dal 2015 al 2022 per attingere dal Piano Operativo di Sviluppo, ma sul tema non mi voglio sostituire all’esperto Graziano Petrucci. Il porto di Ischia è affetto dal fenomeno dell’acqua alta? Ischia Ponte? Ci deve pensare lo Stato, la Regione, l’Europa, la terraferma. Noi isolani cosa dobbiamo fare? Incassare, punto. Se del caso, stanchi dopo 90 giorni di duro lavoro, chiudere per seguire le specie animali letargiche, come orsi, tartarughe e marmotte. Prendere e non dare nulla, nemmeno presentare progetti dl?i riforma, perché se avviene un miglioramento collettivo, si soffre per il benessere economico-sociale del vicino. Ci si perde in guerre fratricide ed intestine, senza ipotizzare il concetto della squadra, del team per il benessere comune, salvo delegare il tutto a pochi intelligenti politici e grandi imprenditori; tutto il resto è composto da un gregge silente e marziale nell’eseguire gli ordini impartiti dall’alto, per un piccolo piatto di minestra, ovvero uno spaghetto al pomodorino, per rimanere ancorati alla nostra tradizione. Guai a parlare, a far sentire la propria voce: si rischia di essere estromessi dal caporalato degli ingaggi stagionali, anche se ormai nemmeno ci sta più il gusto di appaltare le manovalanze, perché ci pensano le società di lavoro interinale con sede sulla terraferma. Non posso parlare perché non sono stato presente ad “Ischia Safari”, ma alcune voci, ovviamente da verificare, mi hanno spiegato che veniva presentata la pizza e qualche pietanza come la pasta e patate…Mi auguro sia una falsa rappresentazione della realtà, una notizia fallace, perché se così fosse, saremmo sempre non idonei all’accoglienza al di fuori di luglio-agosto.

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Mi diceva un bravissimo operatore di Ischia Ponte: “negli anni 50-80 eravamo abituati al turismo di qualità tedesco, che richiedeva solo birra, cappuccino, pane e pomodoro” e solo a questo alcuni sono rimasti. Se Ischia non riesce ad eguagliare i numeri di presenze di Capri, che continua a macinare record, non vivendo la tragicità di Lampedusa, allora è segno che qualcosa è veramente sbagliato nella mentalità di tutti. Siamo arrivati al punto di indispensabile cambiamento, perché i vecchi schemi di pensiero imprenditoriale sono solo forieri di crisi e stati di insolvenza.

* AVVOCATO

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