LE OPINIONI

IL COMMENTO Filosofia popolare e popolarità della filosofia

Siamo tutti molto contenti e soddisfatti del successo riscosso dall’edizione 2021 del Festival della Filosofia. A Raffaele Mirelli vanno le congratulazioni degli ischitani ed è giusto che il giovane filosofo e cultural-manager ne vada orgoglioso e sottolinei il grande interesse nazionale (anche i TG della Rai) suscitato dall’evento. Un po’ tutti hanno evidenziato come la filosofia sia “scesa” in strada con le giornate ecologiche che, stando alle dichiarazioni del Sindaco d’Ischia, si ripeteranno più volte nell’arco dell’anno. Intravedo un solo pericolo ma che sicuramente Mirelli saprà scansare:

l’illusione che l’ondata ecologica ,per la quale i giovani hanno sufficiente sensibilità, possa essere seguita da uguale maturità sul fronte della filosofia complessiva di vita, per la quale (e parlo di Ischia), a mio avviso, c’è ancora molto cammino da fare. Non so se tutti quelli che si sono entusiasmati per la riscoperta della “lentezza”, della pedonalità, del riuso delle pinete, abbiano contemporaneamente percepito quanto espresso nelle lectio magistralis sugli “universi”. Il timore è che la filosofia di strada sia rimasta un universo diverso, piacevole ma diverso, dalla filosofia dei maestri. Mentre l’obiettivo del tema del Festival di quest’anno era proprio la possibile conciliazione degli universi diversi.

Quello che stiamo cercando di sviluppare non è un ragionamento bizantino, bensì molto concreto e volto a sciogliere proprio quel dubbio di fondo posto da Mirelli: è possibile conciliare le diversità? Nel titolo stesso del Festival “La Filosofia, il Castello, la Torre” c’è – inconsapevolmente – un sottinteso: l’alta filosofia può scendere dal Castello e dalla Torre (d’avorio) in strada? Può lo “spirito” diventare carne viva, vita vissuta, secondo un orizzonte di senso ispirato dai grandi temi filosofici? Ho il timore che, nonostante il grande impegno di Mirelli, a Ischia persista una “frattura” tra intellettuali e neofiti, colti ed incolti. Per carità, Odifreddi, Cazzullo e tutti gli altri conferenzieri hanno fatto di tutto per rendere godibili ad un pubblico vasto i contenuti delle loro relazioni. Però c’è bisogno di maggiore “ intermediazione”, di maggiore divulgazione. Lo stesso festival quest’anno ha avuto il grande merito di onorare la memoria di Pietro Greco. Ecco, Ischia avrebbe bisogno di altri Pietro Greco. Di persone capaci di portare la grande scienza e la grande filosofia al normale cittadino, non attrezzato per cogliere immediatamente temi complessi. L’impresa è ardua anche per il giornalismo locale, perché i lettori si attendono altro dal giornale: notizie, curiosità, commenti brevi. I lettori oggi scansano i ragionamenti complessi, anche se semplificati. Farò un esempio di come oggi siano distanti le posizioni di alcuni intellettuali dal sentire in particolare dei giovani. A proposito di ecologia, ci sono stati su Facebook dei commenti di intellettuali (isolani e napoletani) che dimostrano come esista uno iato tra intellettuali e cittadini. Si è verificato che Umberto Minopoli (Presidente Associazione Italiana Nucleare) originario di Pozzuoli ma che vive a Roma, postato anche da intellettuali isolani, abbia detto di Greta Thumberg che il vero bla bla bla non è quello che lei ha denunciato dei grandi della Terra, ma proprio le sue teorie approssimative e sbagliate, fondate sull’eliminazione del CO2. E giù a snocciolare una serie di conseguenze economiche drammatiche, a partire dalla crisi della manifattura europea. E poi l’allarme sull’ipotesi nefasta di puntare tutto sull’energia dei pannelli solari e l’eolico, che significherebbe dipendere dall’economia dell’estremo oriente.

Ora, è evidente che Greta non è in grado, per le sue conoscenze, di offrire proposte serie ai governanti europei. E’ altrettanto evidente che i giovani come Greta intuiscono che, in nome dell’economia, non possiamo continuare a vivere in un mondo che si illude del “progresso inarrestabile” e della perenne sostenibilità di ogni sfruttamento delle risorse della Terra. E’ un’enunciazione di principio, un afflato, un grido di dolore e una manifestazione d’amore. Spetta ai Governi trovare le soluzioni, non a una giovinetta priva degli studi adeguati. Ma gli intellettuali non possono dalle loro “torri d’avorio” (peggio: dalle loro centrali nucleari) deridere e umiliare giovani che invece di infischiarsene, come capita a molti, ingaggiano battaglie in giro per il mondo. E, scendendo dai grandi temi a quelli spiccioli che possono riguardare la nostra isola chiediamoci: dove sono gli intellettuali isolani quando si parla di “ diversità”, di compatibilità tra diversi? Dove sono (fatte le debite eccezioni) quando i giovani si danno da fare per un “riuso” dei beni pubblici come le pinete? Sicuro che gli intellettuali isolani sono con loro? Sugli intellettuali l’opinionista de Il Golfo, Graziano Petrucci, si è posto e ha posto molti quesiti e molti dubbi, ma non ho visto né sentito risposte adeguate. E non posso concludere questo articolo senza citare un bel libro, scritto di recente, dal costituzionalista Sabino Cassese: Intellettuali. In tale libro Cassese spiega i molteplici motivi per cui gli intellettuali non vengono più considerati ma messi ai margini. Ci spiega che in una società in cui “uno equivale a uno” non c’è differenza tra il sapiente e l’ignorante. In una società in cui Internet dà voce eguale a metà della popolazione del pianeta, non si distingue più l’opinione dal sapere scientifico. Questo sembrerebbe assolvere gli intellettuali e condannare una società insulsa e populista. Ma nel libro si citano anche illustri critici degli intellettuali: Norberto Bobbio, che auspicava il sorgere della figura dell’”intellettuale mediatore” ( appunto quello che auspicavamo quando abbiamo citato Pietro Greco); Julien Benda, che denunciò la “ trahison des clercs”, il tradimento degli intellettuali che si schierano politicamente, tradendo la loro missione; Noam Chomskj, contestatore degli intellettuali asserviti al potere; infine Richard Posner, indagatore del declino della figura dell’intellettuale. Tutto ciò mi fa dubitare molto che siamo ad una svolta a Ischia: dove il “pensiero” scenda dal Castello e dalla Torre per andare in strada.

Siamo ancora lontani da questa prospettiva, ma la strada intrapresa è giusta. Mancano i “mediatori” come pensava Norberto Bobbio e certo questa funzione non può essere surrogata dai TG, dai giornali, dai social. Questi sono utili a pubblicizzare e far conoscere al grande pubblico l’esistenza di un Festival di Filosofia che sta salendo nelle quotazioni nazionali, ma non servono a trasmettere al grande pubblico l’essenza dei grandi temi filosofici. C’è una poesia di Jacque Prévert dal titolo “Non bisogna” che recita: “Non bisogna lasciar giocare gli intellettuali con i fiammiferi/ perché Signori miei se lo si lascia solo/ il mondo mentale/ Mente/ Monumentalmente”. Per semplificare, il senso della poesia di Prévert, è che se lasciamo che il mondo mentale non s’incontri col mondo materiale, rischiamo di vederci costruire una finzione monumentale.

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