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«Una ferita aperta, ma la fede non vacilli»

Cosa resta, sei anni dopo il sisma, nella mente e nell’anima?

«Sei anni dopo, certamente la ferita resta. Io percepisco una grande ferita, non solo nella gente, ma anche in me stesso. Il dolore lo si sente ancora, e nel cuore delle persone resta ancora tanta rabbia, legata non soltanto al fatto che sono passati degli anni e non ci sono ancora risposte, ma anche rabbia per quello che è successo dopo: mi riferisco cioè alla tragica alluvione del 2022. Sono state due prove davvero difficili da sostenere. Alcune persone sono state colpite due volte, prima dal terremoto e poi dall’alluvione. Tutto ciò si fa sentire, e io lo avverto quando ascolto le persone. In giro c’è un’aria molto pesante. Questa situazione contribuisce anche a creare una crisi, come quella che in parte sta interessando il turismo, dunque minore lavoro, e maggiori incertezze. Come pastore della comunità, spesso avverto anche una grande stanchezza dovuta alla ricerca, per quanto possibile, di alcune risposte. Non è facile».

«Sei anni dopo, resta una grande ferita, non solo nella gente, ma anche in me stesso. Nel cuore delle persone resta ancora tanta rabbia, legata non soltanto al fatto che sono passati degli anni e non ci sono ancora risposte, ma anche rabbia per la successiva tragica alluvione del 2022. Sono state due prove davvero difficili da sostenere»

Vedere quell’area terremotata ancora nello stesso stato, a distanza di sei anni, quasi come se il tempo si sia fermato, che sensazioni le suscita?

«Innanzitutto ci si domanda: “Quando finirà questo stato di cose? Il cielo quando comincerà ad aprirsi un po’ e a mostrare la luce del sole sul nostro paese?”. Secondo me l’unico modo per combattere questa aria pesante è quello di vivere l’attimo presente, senza concentrarsi sempre sul “dopo”. Bisogna cercare, per quanto è possibile, di vivere in pienezza il momento presente senza pensare continuamente alle sfide che bisogna affrontare. Personalmente ho cercato di darmi, come regola di vita, questo atteggiamento, perché se penso a tutte le problematiche che bisogna affrontare, moralmente, psicologicamente, potrei scoraggiarmi».

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«L’unico modo per combattere l’aria pesante che grava sul paese è quello di vivere l’attimo presente, senza concentrarsi sempre sul “dopo”. Bisogna cercare, per quanto è possibile, di vivere in pienezza il momento presente»

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In che cosa si è stati carenti, secondo Lei, in questi anni?

«Penso che, più che nelle istituzioni – che comunque mi sono sembrate davvero molto vicine alla popolazione, penso ad esempio al commissario Legnini – le carenze siano dovute alla burocrazia vigente in Italia, che rallenta notevolmente le operazioni. Tale percezionè è stata condivisa anche da chi è stato coinvolto in altre emergenze sismiche, come il terremoto dell’Aquila. Forse bisognerebbe, restando ovviamente nella legalità, sveltire le metodologie per affrontare le situazioni di emergenza».

«Penso che, più che nelle istituzioni – che comunque mi sono sembrate davvero molto vicine alla popolazione, penso al commissario Legnini – le carenze siano dovute alla burocrazia vigente in Italia, che rallenta notevolmente le operazioni. Forse bisognerebbe, restando ovviamente nella legalità, sveltire le metodologie per affrontare le situazioni di emergenza»

Quanto è difficile continuare ad avere fede dopo che nello spazio di cinque anni sono accaduti questi due tragici eventi con un grave tributo di vite umane? Comprenderà che non è una cosa semplice.

«Sì, è vero. Per me il momento più terribile è stato quando dopo l’alluvione le famiglie hanno visto per la prima volta le bare nella chiesa dell’Annunziata a Lacco Ameno. È stato davvero un momento scioccante per me, e parlo proprio come uomo di fede: in quel momento mi chiedevo: “Signore, ma perché? Come posso parlare del tuo amore a queste persone che stanno soffrendo?”. Certo, è anche vera una cosa: se non si ha fede in questi momenti, veramente diventa difficile sopportare un peso del genere. Quindi l’unica cosa è affidarsi a Dio. Del resto ho visto che nonostante la rabbia del momento, poi le persone si sono aggrappate a Dio».

«Per me il momento più terribile è stato quando dopo l’alluvione le famiglie hanno visto per la prima volta le bare nella chiesa dell’Annunziata a Lacco Ameno. In quel momento mi chiedevo: “Signore, ma perché? Come posso parlare del tuo amore a queste persone che stanno soffrendo?”. Certo, è anche vera una cosa: se non si ha fede in questi momenti, veramente diventa difficile sopportare un peso del genere. Quindi l’unica cosa è affidarsi a Dio»

Posso chiederle cosa vorrebbe vedere risolto l’anno prossimo, il 21 agosto?
«Il risanamento del sito del Pio Monte della Misericordia. Mi è sembrata una risposta delle istituzioni, che può risolvere innanzitutto un problema ormai annoso, ma che può davvero servire per il rilancio di Casamicciola Terme. Il Pio Monte secondo me rappresenta davvero non solo un simbolo, ma anche la possibilità concreta di dare delle case alle persone: quello che fa più soffrire è vedere delle persone che vivono fuori dal proprio paese, e che vorrebbero ritornare. Ogni volta che si svolgono delle celebrazioni in paese, essi tornano qui, segno del loro attaccamento alla comunità. Ecco, vorrei quindi vedere qualche passo in più sulla questione del Pio Monte, a vantaggio del paese ma anche delle persone e del loro diritto alla casa. Almeno ci spero».

«Tra un anno spero che si siano fatti veri passi avanti nel risanamento del Pio Monte, che significherebbe sia il rilancio dell’intera Casamicciola sia aver dato risposte abitative alle persone che sono rimaste senza casa»

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