LE OPINIONI

IL COMMENTO Generazioni parallele

In questo periodo sono frequenti le analisi giornalistiche e sociologiche riguardanti determinate fasce di età della popolazione: gli anziani, i cinquantenni, i trentenni, gli adolescenti. Come se fossero compartimenti stagni. Sull’argomento dei giovani studenti, ad esempio, è stato pubblicato sul Golfo un ottimo editoriale, per considerazioni e completezza di dati, del Dirigente scolastico Mario Sironi, relativo ai risultati di Eduscopio, conseguiti dall’IPSAR Telese, lusinghieri per l’inserimento dei diplomati al lavoro ( oltre il 50% in un anno ed un altro 21% nel secondo).

Giusta la scelta di tenere un collegamento stretto tra scuola e vocazione economico turistica dell’isola e giusto arricchire l’offerta formativa con l’indirizzo grafico pubblicitario, in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti e con l’indirizzo dei Servizi Commerciali per il Turismo, con particolare riguardo al web marketing e al Turismo sostenibile. Di grande interesse anche l’editoriale del filosofo Michele Romano da Procida che ha evidenziato invece la drammatica sottovalutazione che oggi si fa degli anziani, soprattutto come conseguenza dell’affermazione di una società ( ancor più vero in una piccola isola) fondata sull’io, sull’egoismo, sulla velocità, sulla competitività esasperata. Ci sarebbero molte cose da dire ed aggiungere a queste due belle sollecitazioni socio-culturali. Sulla formazione scolastica dei giovani, sui fondi necessari all’apparato scolastico, sulla necessità di trovare un migliore raccordo tra offerta del mercato e domanda di studio, sul superamento del pregiudizio secondo il quale gli istituti tecnici e professionali sarebbero inferiori alle scuole umanistiche e scientifiche, di cui pure Sironi ha fatto cenno.

A ottobre, proprio all’Ipsar Telese gli studenti hanno protestato per la grave carenza di aule e per seri inconvenienti dei trasporti terrestri e – per quanto riguarda gli studenti provenienti dalla vicina Procida – anche i trasporti marittimi. Proteste legittime in quanto è impossibile studiare in mancanza di strutture adeguate e con orari alternati mattina/pomeriggio, comprensibili nella fase immediatamente post-terremoto ma non più adesso. Colpisce però che nella protesta sia completamente assente ogni motivazione contenutistica sugli studi, sugli indirizzi, sulle prospettive di lavoro. Una volta le contestazioni studentesche riguardavano più questi aspetti che quelli strutturali e logistici degli istituti. E ci sarebbe tantissimo da dire sugli anziani. Mi limiterò a sottolineare che, a differenza di oggi che gli anziani sono considerati una specie di “ ladri del futuro delle giovani generazioni” o un elemento marginale e improduttivo della società, in passato la vecchiaia significava soprattutto “ saggezza”. Il filosofo Umberto Galimberti ha scritto, in merito, saggi eloquenti. Galimberti ha ricordato Platone che, nel Menone, scriveva che conoscere è ricordare” e pertanto i vecchi hanno un patrimonio di conoscenze più ricco. Ma non è solo ad Ischia che si riflette sulle singole fasce d’età. E’ proprio di questi giorni una bella inchiesta dell’inserto Sette del Corriere della Sera sui trentenni, nella quale spicca un’intervista al cantante Marco Mengoni. In tale intervista si dice – dei trentenni – che è la generazione della Terra di mezzo, nata a cavallo della caduta del Muro, orfana delle ideologie e non ancora abbastanza figlia delle nuove tecnologie per essere definita nativa digitale. Un giovanissimo sociologo, Raffaele Alberto Ventura, definisce quella dei trentenni la “ nuova classe disagiata”. Mengoni dice di trovarsi ( ed è contento così) a mezza strada tra l’analogico e il digitale e di “ usare” il cellulare senza per questo subirlo. Tutte considerazioni ed analisi interessanti. Ma hanno un difetto, quello di ragionare per “ segmenti anagrafici”. Manca una visione d’insieme, un’analisi dei rapporti intercorrenti tra bambini e genitori, adolescenti e genitori, genitori e nonni.

Le generazioni degli attuali over 60,70,80 anni sono cresciute – al di là, di un diverso e più disagiato tenore tenore di vita – sullo “ scontro costruttivo intergenerazionale “. Si cresceva in contrasto col padre. Si contestavano usi e abitudini familiari. Si rivendicava il diritto a starsene per conto proprio. Ci si iscriveva all’Università anche per rendersi indipendenti, andando ad abitare in città per 5 giorni a settimana. Adesso non si contesta niente e nessuno, si vive in parallelo, senza darsi disturbo. Se il figlio vuole andare all’Università a Milano, lo si lascia fare, senza valutare e consigliare un bel nulla. Non si cresce più per “ opposizione” ma per “ pacificazione opportunistica”. Siamo di fronte ad un ossimoro, ad una contraddizione in termini, tra convergenza parentale e divergenza di linguaggio, aspirazioni e stili di vita, senza che ,però, si arrivi allo scontro e a una sintesi dialettica. Si evoca insomma la politica morotea delle “ convergenze parallele”; mentre non c’è analogia con il capolavoro storico-letterario “ Vite parallele” di Plutarco. Non c’è analogia con quest’ultimo in quanto Plutarco procedeva per accostamenti binari tra coppie di vite, per dimostrare vizi e virtù umani. E procedendo per analogie, ci piace citare un bel film del 2011 “ The tree of life”, scritto e diretto da Terrence Malick, con Sean Penn, Brad Pitt e Jessica Chastain ( premiata con la Palma d’oro di Cannes come migliore attrice). Il padre (autoritario) era impersonato da Brad Pitt, il figlio maggiore Jack da Sean Penn, la madre ( debole ed amorevole) da Jessica Chastain. Nel film il padre e la madre sono l ‘archetipo dell’animo umano sempre in conflitto tra diverse pulsioni. Al pari della natura, l’animo umano è attraversato da conflitti e armonie, scontri ed incontri. E ancor più che nell’animo del singolo individuo, in seno alla famiglia scoppia di continuo una tempesta di sentimenti. Soltanto superata quest’ultima, subentra il mare calmo dei sentimenti e degli affetti, che trovano equilibrio. Questa è stata – per molti decenni – la regola. Ora sembra che sia calata la bonaccia sugli equilibri familiari.

E torniamo, allora, ad Ischia, dove si parla tanto di fenomeno dell’emigrazione dei giovani cervelli. Nessuno in proposito sottolinea che la famiglia si limita a “ prendere atto”, non si confronta, non si oppone e nemmeno dà un convinto benestare. Non discute di un eventuale ritorno dei giovani che si sono allontanati. Forse perché le case non sono più sufficienti per tutti e l’occupazione ad Ischia scarseggia? Certo, c’ anche questo. Il problema è che non se ne discute nemmeno. Sembra addirittura che genitori e figli ambiscano segretamente ad una separazione felicemente consensuale e quanto più distante possibile. Qualche settimana fa ho molto insistito sulla mancanza – nell’isola – di coesione sociale. Aggiungo, oggi, che tale mancanza di coesione inizia dallo scollamento fra i vari segmenti anagrafici degli ischitani. E’ da qui che bisognerebbe partire per riallacciare le fila di un nuovo e più coeso tessuto sociale.

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