IL COMMENTO Ha vinto il calcio vero, contro l’antisportività inglese
Vedi i calciatori dell’Inghilterra che, sguardo basso e occhi malinconici, tolgono la medaglia dal collo un attimo dopo averla ricevuta e pensi che lo sport sia finito. Guardi quell’immagine, che è un insieme di antisportività, codardia sportiva, squallore e puerile piagnisteo e ti viene voglia di spegnere la televisione, chiudere con quella passione che ti porta, da sempre, a gioire, soffrire ed esultare per un pallone che finisce in rete e un altro che termine a lato.
Ma questa volta la pochezza di un gesto non ha vinto. I miserabili escono sconfitti, sul campo e fuori. Il gesto di rifiutare la medaglia, senza riconoscere il valore degli avversari, tradisce il significato dello sport, le emozioni del calcio, il rispetto delle regole. Tradisce chi ha creato il calcio e quindi tradisce se stessi. Una scena che questi presunti signori della pedata rivedranno spesso nei prossimi anni, provando infinita vergogna e magari anche pentimento.
Il calcio vero, invece, è quello delle lacrime di Insigne e Spinazzola, delle braccia alzate al cielo da Donnarumma, degli abbracci tra Mancini e Vialli. Il calcio vero è quello della Danimarca, schierata a protezione di un amico che sta lottando per non morire.
L’Italia ha vinto gli Europei e dopo aver visto l’epilogo in stile inglese al torneo, è stato giusto così. Ha vinto la squadra che meritava di vincere, quella fatta da veri atleti ma soprattutto da uomini, pronti a sputare in campo l’ultima stilla di sangue, senza arrendersi mai, fino all’ultimo secondo. Uomini capaci di reagire a gol subiti, rigori sbagliati e tifo contrario. Uomini che avrebbero plaudito alla vittoria inglese, mostrando la medaglia d’argento con orgoglio, esponendola sul petto con fierezza, senza paura di ammettere la propria sconfitta. I giocatori Inglesi, invece, hanno reagito da codardi e traditori, proprio come alcuni dei loro sostenitori, che hanno dato vita alla caccia all’italiano, fuori dal tempio di Wembley, teatro di un calcio che non c’è più.
E in chi non è più così giovane, torna alla mente quella notte ischitana, di quell’11 luglio del 1982, quando i ragazzi di Bearzot ci fecero riempire strade e piazze dell’isola verde, a bordo delle auto, con le bandiere al vento, urlando a squarciagola la gioia di un trionfo inatteso.