IL COMMENTO I mostri sono fra noi

DI LUIGI DELLA MONICA
Non riesco ad immaginare una società euroamericana libera da condizionamenti ideologici, pur vivendo in un contesto apparentemente democratico. Eppure un processo di Norimberga ed un’esperienza dello “Stato contro Fritzbauer”, una repressione penale e culturale del movimento “Ariani d’America”, non mi hanno impedito in Palestina di vedere le stesse movenze, le stesse metodologie mediatiche del “terzo Reich”, per la liberazione degli ostaggi israeliani. Ancora in Istria, precisamente nella foiba di Basovizza, vedo comparire frasi di colore rosso inneggianti alla morte in nome della superiorità ideologica e razziale di una fazione sull’altra. All’interno delle mura domestiche leggi una frase trascritta sull’album da disegno, che un bambino assimila dal video: “Credi che ti salverai? Quei rifiuti umani della tua cosiddetta squadra. Ti fidi davvero di loro? Se fossi uno di loro, quando stanotte scoppierà la rissa, aspetterei l’occasione per ucciderti. Perché sei il più forte di tutti noi. (Seong Gi-hun) – Squid Game, serie visibile su Netflix. Lo spirito di sopraffazione dei deboli come potete osservare negli esempi contemporanei testè offerti si rigenera nelle forme più duttili e subdole possibili, ma rimane un dato immanente alla società fondato sulle democrazie occidentali fuoriuscite dal secondo conflitto mondiale: la lezione della storia non è bastata. Persiste una forte tendenza, nel nostro Mondo evoluto e “demo plutocratico” – per imprestare una frase di un uomo scomodo e sconfitto dalla storia – ad emarginare le fasce deboli della comunità, per rivendicare una qualche superiorità nitzcheiana di questo o di quell’altro individuo sugli altri: la dittatura dei forti. Questi sono i disvalori offerti ai giovani, che ritengono più conveniente imitare un bullo, piuttosto che usare la forza per proteggere i deboli, per così dire la metafora di De Amicis, che ne “Il libro cuore” descriveva il comportamento di Garrone che si assumeva la colpa del suo compagno.
Nella nostra comunità dilaga il politicaly correct piuttosto che l’amore per la verità, che è madre della giustizia individuale e sociale. Per questo, a Sanremo, che certamente calamita l’attenzione dei giovani, fa più notizia una dissacrazione dell’Inno di Mameli, a fronte della meravigliosa melodia di Simone Cristicchi, che ci parla di un argomento ormai scomodo ed obsoleto: l’amore per un genitore, la mamma, indebolita da una malattia neurologica severa. Questo evento mediatico stride violentemente con la Regione Toscana, che si gloria di aver avviato la legge della dolce morte, vacua utopia delle democrazie euroamericane, come dicevo sopra, figlie della rivoluzione ideologica del secondo dopoguerra. Ebbene ci affacciamo a celebrare gli ottanta anni della fine della Seconda Guerra Mondiale, che aveva offerto alle coscienze dell’umanità la certezza che le guerre sono una aberrazione umana, ma ci troviamo di fronte ad una società profondamente vittima della violenza che è diventata imperante mezzo di comunicazione di massa. Non ci illudiamo che la nostra isola sia digiuna da questa realtà brutale. Viviamo divisi in sei Comuni, trasversalmente o diametralmente in conflitto fra loro, siamo composti da famiglie, potentati e fazioni socio-culturali. Un ragazzo\a cresce in un sito naturale baciato dal Creatore: sole per 9 mesi all’anno circa, clima estivo per oltre 5 mesi, risorse termali e geotermiche, spiagge e calette dalla incomparabile bellezza, praterie di posidonia estese e folte nei fondali marini, ventilazione mediterranea e piovosità moderata, fertilità del territorio, strutture ricettive per il turismo internazionale. Mi domando a tavolino, ma cosa determina l’emigrazione giovanile, per cui i nostri ragazzi dovrebbero, viceversa, sgomitare per attrarre forestieri coetanei sull’isola, per consentire loro la fruizione di questo meraviglioso scoglio di Paradiso. Improvvisamente, mi accorgo che le modalità di accesso al lavoro non sono gestite dal passaparola o dalla chiamata personale, dalla conoscenza datore\prestatore, ma da alcuni “appaltatori di manodopera”, sicuramente inseriti nel perimetro della legalità, ma come dicevano gli antichi “dura legge, ma legge”, purtroppo parte di un meccanismo che consente la sopravvivenza soltanto ai ragazzi giovanissimi, figli di famiglie già abbienti; tutti gli altri fuori dallo schema sono destinati ad abbandonare Ischia.



Onestamente non riesco ad intravedere orizzonti rosei per l’evoluzione della nostra comunità, che ha perso i suoi punti di riferimento tradizionali. Se levi alla gioventù Dio, Patria e famiglia, come intende fare la odierna tecnologia assorbente di ogni bisogno dell’uomo, perché ritenuti valori obsoleti oppure oppiacei, come riteneva Carl Marx, si approda al nichilismo per cui la coscienza dell’uomo non è programmata dalla natura. La nostra psiche evolutiva ha bisogno di visioni, di idee, di progetti, che non possono certo rinvenirsi nella fortissima dicotomia della nostra isola, la quale unica e speciale nella sua bellezza, non consente ai suoi giovani virgulti di esplicarsi al meglio di se stessi. Pur tuttavia, la giovane mente ha anche bisogno di essere accolta da una mentalità giovanile degli anziani, che non possono sempre dire no, per partito preso o per timore del cambiamento. Occorrono sicuramente giusti mezzi e dialoghi generazionali, ma la nostra isola per la sua vocazione all’accoglienza ed alla inclusione multiculturale non può relegarsi più alla dimensione della sopravvivenza e dell’attendismo della stagione estiva: deve essere viva e partecipe di se stessa in qualsiasi periodo dell’anno e non può rimanere né asfittica nelle logiche del passato, ma nemmeno rinnegarne radicalmente la memoria. Ischia deve aprirsi ad un new deal ad una officina permanente di confronto ideologico e generazionale, non essere ossequiosa degli schemi preconfezionati dal potere, ma contribuire con il senso della misura e della umiltà al cambiamento delle società democratiche euroamericane, così come fece la piccola Ventotene ospitando Altero Spinelli, l’ideatore della Europa Unita.
* AVVOCATO