Dai “padri santi” passionisti del passato ai moderni missionari
DI MICHELE LUBRANO
Per dieci giorni, frati e suore della grande famiglia francescana, insieme a tanti giovani e gruppi di famiglie con figli piccoli che sono stati missionari, cioè testimoni del vangelo nella nostra isola . Dieci giorni di gioia, alla riscoperta di un Dio-Amore, che non ti giudica ma perdona, che non ti abbandona ma ti ama alla follia secondo il messaggio della Chiesa di Ischia che ha organizzato l’evento. Chiese e strutture pubbliche sono stati i luoghi “benedetti” ove sono avvenuti gli incontri di preghiera, i dialoghi, i confronti per un tipo di moderna evangelizzazione che ha coinvolto tanti ischitani dentro e fuori dell’apparato delle organizzazione cattoliche isolane, fra catechisti, pastorale, gruppi parrocchiali e liberi cittadini vicini alla chiesa locale. Una grossa aggregazione di persone disposte a seguire i moderni “Padri Santi” delle Missioni come vengono intese oggi, nella riaffermazione del dono della fede. Ischia in passato è stata felice terra di storiche Missioni condotte dai padri Passionisti di casa nella nostra isola, e più precisamente a Casamicciola con un convento ed una chiesa annessa. I “Padri Santi” incaricati delle Missioni da tenersi in una specifica parrocchia isolana arrivavano dal Continente sull’isola, su invio del parroco della chiesa interessata. Di solito il mese scelto per quell’iniziativa di religiosità popolare era novembre, giudicato in parrocchia il mese ideale per dar vita al programma missionario destinato all’attenzione della massa di fedeli osservanti ed anche quelli scettici e distaccati. Una volta ogni tre anni, alcuni comuni isolani come Casamicciola, Lacco Ameno, Forio e Barano, ospitavano le missioni. Ad Ischia dove c’era il Vescovo, il Seminario, il Capitolo e la Cattedrale il richiamo delle Missione era più sentito rispetto agli altri Comuni ove pure erano attese con interesse. Ma Ischia, ossia Ischia Ponte, richiamava di più. L’evento delle Missioni coinvolgeva l’intera popolazione del vecchio Borgo ed anche delle altre parrocchie del Comune capoluogo. Per il parroco della Cattedrale Don Vincenzo Cenatiempo e per i canonici presenti, compresi i Padri Santi missionari, l’evento delle missioni si rivelava un successo prima di cominciare. L’anno memorabile, per chi ha una certa età, fu quello del 1954. Il mese, naturalmente fu novembre. I padri Missionari passionisti erano soltanto tre, bravissimi a destare profondo interesse per ciò che predicavano, insegnavano e annunciavano. Nulla a che vedere con i metodi e le forme di evangelizzazione dei missionari francescani di oggi. Tutt’altra storia, priva per altro di battage pubblicitari efficaci, , comunicazione mediatica sofisticata e tanti altri mezzi a disposizione che negli anni ’50 solo a pensarli rappresentava un sogno. Eppure quei giorni, dal 7 all’21 di novembre del lontano 1954 hanno fatto storia. Non c’erano i balli e ne i canti in libertà, non c’erano le chitarre in chiesa e nemmeno le pianole dai toni musicali automatici. C’era invece il suono solenne dell’Organo ed i canti liturgici tradizionali e le belle composizioni musicali e canore dedicate a Maria, a Dio Padre ed agli angeli del Paradiso. Insomma c’era di che emozionarsi ed immergersi in una spiritualità a tutto campo. La suggestione era tanta, specie quando si simulavano in senso figurato esempi scenici di vita cristiana legati alle immagini della madonna, di Gesù, degli Angeli e dei Santi. I Padri Santi dell’epoca, cosi i fedeli ischitani amavano chiamarli, per strappare loro sorrisi e lacrime di gioia per la inevitabile commozione, ce la mettevano tutta, complice anche la collaborazione del parroco Cenatiempo e suoi collaboratori i giovani sacerdoti di quel tempo Don Vincenzo Scoti e Don Liberato Morelli. Fu proprio Don Liberato che in una Cattedrale gremita di fedeli, seduti e all’impiedi, assiepati lungo le navate,organizzò all’insaputa di tutta assemblea , orante e trepidante, ma con la reciproca intesa segreta col Padre Santo missionario in attesa davanti alla balaustra di marmo che divide l’altare maggiore dal resto della chiesa, ad offrire il colpo di scena a sensazione che nessuno in quel momento si aspettava. Infatti nell’attimo finale della solenne e corale preghiera alla Madonna, avviata dal Padre Missionario dall’altare, lo stesso, in un impeto di voce tuonante gridò: “Vieni Oh Maria”. E all’istante, col suono caldo ed imperioso dell’organo e dei campanelli in contemporanea, si spalancarono le vecchie e grandi porte in fondo alla chiesa dove Maria arrivò davvero e apparve per incanto una spettacolare e radiosa statua che la raffigurava. Era la bella immagine della Vergine Maria col Bambino in braccio, la corona luccicante sul campo e vestita del manto ricamato in oro sopra un abito tutto azzurro che le scendeva fino ai suoi piedi, portata a spalle da quattro giovani del Borgo emozionati con ai lati altri quattro giovani che reggevano con cura quattro “lampioni” seguiti da un gruppo di altri giovani, dallo stesso Don Liberato Morelli, artefice della “sorpresa”, da Mons, Onoifrio Buonocore devotissimo della Madonna e dal Canonico Iovine. Un’autentica, suggestiva visione sia pure scenica, ma reale nei cuori dei presenti che servì a rafforzare fede e sentimenti d’amore puro verso la madre celeste. Fu l’atto finale di quelle Missioni del ’54 che ebbero il suo culmine quando la statua della Madonna al termine della celebrazione in Cattedrale, tra lo sventolio di fazzoletti bianchi in segno di devoto saluto, fece ritorno da dove era venuta: dall’abitazione vicina di Don Liberato che l’aveva in custodia. Di quella missione e dei suoi missionari rimane oggi il ricordo di una nicchia costruita sulla facciata dell’Episcopio in via Seminario a Ischia Ponte dedicata alla Madonna Immacolata.