IL COMMENTO Il mostro della porta accanto
Non mi dite che nessuno sapeva, non mi dite che nessuno ha mai sospettato nulla, che nessuno ha mai messo in guardia Giulia dal suo carnefice. Non ci credo, non ci posso credere anche se tutto questo si è celato dietro ad un sorriso gentile e beffardo, appena un po’ prima di esplodere in una rabbia cieca e che aveva premeditato. Ma sono sicura che qualche segnale lo aveva dato, Giulia qualcosa aveva capito, era angosciata per quello che aveva scoperto, tradita e nel periodo più bello della sua vita, gli stava per dare un figlio. E invece, aveva una vita parallela con un’altra donna, è stato bravo il carnefice a tenere Giulia al di fuori anche del suo ambiente lavorativo e a riuscire ad avere per amante una collega di lavoro, ed è stata proprio l’amante a scoprire il castello di bugie che aveva costruito per entrambe. Per una sorta di meccanismo di difesa, siamo abituati a credere che i mostri di casa siano riconoscibili. Ci aspettiamo, insomma, che gli uomini violenti siano assolutamente identificabili, invece il tratto distintivo di questi sociopatici è proprio la loro apparente normalità: sono piacevoli, seducono con estrema facilità, hanno bisogno di piacere e di tenere su una maschera che generi approvazione sociale. Non sono dei bruti. Anzi. Sono gentili e dai modi educati, ma sicuramente qualche volta, nel caso di Alessandro, avrà dato qualche avvisaglia, ma si sarà fatto perdonare, avrà detto ancora altre bugie, magari Giulia si sarà pure colpevolizzata per aver pensato male. Ma c’è una cosa che li qualifica tutti i violenti: sono bugiardi, hanno passato un’intera esistenza perfezionandosi nella bugia, annegano nelle loro stesse bugie, mentono sempre per il piacere ossessivo di mentire, e prima ancora di essere violenti sono bugiardi.
Una storia assurda quella di Giulia, caduta nella rete di un mostro che ha saputo mettere in scena una vita parallela senza farla incrociare, eppure vivevano insieme, condividevano la stessa casa, ed apparentemente erano felici. Appunto apparentemente, quella finta calma che è la madre di tutte le tempeste. Alessandro Impagnatiello ha ucciso a sangue freddo la sua compagna e il bambino che portava in grembo, con quella faccia li, da bravo ragazzo, dopo avere raccontato decine di puttanate a lei e ad altre donne come lei. Ecco perché dico che andare via al primo schiaffo è troppo tardi. Si va via alla prima bugia, al primo “ti ho mentito perché ti amo”, “ti ho mentito perché non mi avresti capito”. Per una madre un figlio è perfetto e comunque quando qualcosa non va, c’è il rifiuto interiore a credere quello che magari è evidente, e allora si va avanti, la famiglia di Giulia era troppo lontana per proteggerla al meglio, ma a qualche amica avrà mai confidato qualcosa, qualche vicino avrà mai udito qualcosa? Niente, alla fine commettiamo sempre l’errore di farci i fatti nostri nell’ennesima storia che forse poteva finire diversamente. Giulia non doveva essere lasciata sola, non doveva andare da sola ad affrontarlo, ma Giulia anche se era angosciata, si sentiva forte, quella forza era scaturita dal suo stato di grazia, con il suo bambino in grembo si sentiva “invincibile”, ha pensato che non le avrebbe mai fatto del male, ma non c’è stata alcuna pietà, anzi è stato freddo e spietato da architettare tutto.
Dire “poteva andare diversamente”, adesso non serve a nulla, dire adesso che il figlio è un mostro, non serve a nulla. Si doveva proteggere Giulia e il suo bambino non lasciandola sola ad affrontare un mostro travestito da angelo che con modi gentili ha massacrato l’esistenza della donna che diceva di amare con il suo bambino. “Se”, non serve più, ma Giulia e il suo bambino meritavano un altro destino, e invece non c’è più nulla, resta l’amaro dolore per non aver fatto di più. “Noi saremo sempre quel fiore appoggiato alla tua spalla. Vi sorreggeremo entrambi, saremo come nuvole e guarderemo sempre in alto. lo vorrei urlarlo al mondo come mi sento, ma le parole mi muoiono in gola. Perché io sono morta lentamente in questi cinque giorni. Noi siamo morti. Perché tu non sia mai sola. Siamo venuti con te, per poterlo cullare, abbracciare, toccare. Perché volevo essere la zia più brava di sempre, se me lo avessero concesso. Noi avremmo voluto fare di più per portarti a casa. Ti prego… dimmi. È stato abbastanza? Tu ci hai sentito? Perché noi non sentiamo più nulla.” Restano le parole, quelle della sorella di Giulia, ma sono parole, chissà quante volte le avevano ripetuto, “ non credergli è un bugiardo”, non lo perdonare, torna da noi”, ma sono rimaste parole, e non sono mai state ascoltate. In questa storia siamo tutti coinvolti, l’indifferenza è la madre del mostro della porta accanto, quando sentiamo urlare, quando sentiamo che c’è qualcosa che non va, nella nostra porta accanto, non facciamo finta di nulla, bussiamo invece, forse possiamo cambiare il tragico corso del destino.