LE OPINIONI

IL COMMENTO Il patto strategico e qualche quesito

DI ANGELO D’ABUNDO

Il convegno, meritoriamente organizzato da Il Golfo e da Juorno.it, è stato un momento di confronto istituzionale molto interessante e costruttivo, che ha evidenziato come sia possibile fare politica senza necessariamente ricorrere alla facile propaganda o alla sterile contrapposizione, ma proponendo progetti concreti destinati a migliorare la qualità della vita sull’isola.

Il primo elemento positivo, che risalta, è il metodo con il quale è stato gestito il Piano Strategico Metropolitano; un metodo che ha attivato la partecipazione delle 92 amministrazioni comunali che fanno parte della Città Metropolitana di Napoli e che,da una parte ha garantito l’unitarietà degli obiettivi attraverso la definizione delle Linee di indirizzo per la predisposizione del Piano Strategico metropolitano, ma che ha poi dato ampio spazio alle esigenze delle amministrazioni comunali chiamate direttamente a proporre i loro progetti senza condizionamenti di parte.

Questo approccio sta rendendo molto più veloce ed efficiente il processo attuativo, laddove invece la proverbiale lentezza della PA è stata quasi sempre una costante che ne ha condizionato i tempi ed i costi. Sotto questo profilo capisco perfettamente l’entusiasmo dei sindaci isolani, per una volta tanto chiamati a decidere senza eccessivi condizionamenti burocratici, perché dipenderà essenzialmente da loro la velocità di realizzazione dei progetti.

Si tratta di un significativo cambiamento in una realtà, come quella italiana, dove tutti hanno potere di veto e nessuno ha reale potere di voto, con la conseguente palude burocratica nella quale siamo quotidianamente invischiati.

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Altro elemento importante è l’imparzialità nell’allocazione delle risorse con un limite di 100 €/abitante, il che ha permesso di evitare clientelismi o interessi campanilistici.

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Questo è il criterio adottato per allocare in forma assolutamente trasparente l’avanzo di amministrazione di più di 400 milioni di euro. Avanzo che, dopo un lungo e incalzante lavoro svolto anche come Anci, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha finalmentedisposto possaessere utilizzato per investimenti da partedelle città metropolitane, delle province edei comuni. Il Golfo ha già dato ampia informativa sui progetti scelti dalle amministrazioni isolane e le relative delibere di Giunta Municipale sono disponibili sui portali dei nostri comuni.

Quello che mi preme invece qui sottolineare è l’assoluta limitatezza delle risorse disponibili in relazione alle necessità del nostro territorio. Da questo nasce la stridente contraddizione insita nella stessa definizione di Piano Strategico, che alimenta aspettative di gran lunga superiori alle effettive ma comunque apprezzabili disponibilità del Piano. A questo proposito ritengo però opportuno chiarire che esistono gli strumenti giuridici ed economico-finanziari per realizzare i progetti anche in presenza di risorse finanziarie limitate.

Già nel progetto Ischia Pulita, proposto a tutte le amministrazioni isolane nel 2013, avevamo illustrato i vantaggi nell’utilizzo dello strumento del contratto di disponibilità nella realizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti.

Si tratta, infatti, di un contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per “messa a disposizione” l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti.

Nel frattempo anche alla luce delle novità introdotte nel nostro ordinamento dal D.Lgs 18 aprile 2016, n. 50il Contratto di disponibilità si è evoluto nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte europea di giustizia e nei contenuti delle decisioni Eurostat,consentendodi porre il valore dell’investimento, ed è questo l’aspetto più interessante dell’istituto, fuori dal bilancio pubblico, quindi svincolato dal patto di stabilità. Recentemente il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economicaha pubblicato un documento per sostenere le pubbliche Amministrazioni intitolato: Partenariato Pubblico Privato (PPP): 100 domande e risposte
Una guida per le Amministrazioni III edizione – Dicembre 2018 disponibile al link http://www.programmazioneeconomica.gov.it/2019/03/28/dipe/

Ma proprio la domanda n. 13 e la relativa risposta richiedono a tutti i sindaci e quindi anche al sindaco De Magistris, una ulteriore riflessione scevra da condizionamenti ideologici, perché il suggestivo e facile slogan dell’acqua pubblica rischia di precluderci l’opzione del partenariato pubblico privato.

13. Qual’e’ la classificazione del PPP a livello europeo?R:Il “Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico-Privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004, rappresenta una pietra miliare per la classificazione del PPP a livello europeo e distingue due categorie di partenariati in base agli strumenti giuridici attraverso i quali si realizzano tali operazioni:

  • partenariato contrattuale, basato su legami contrattuali tra i soggetti partecipanti alle operazioni, in base ai quali uno o più compiti vengono affidati ad un privato. In questo contesto, uno dei modelli più conosciuti è il modello concessorio, caratterizzato dal legame diretto esistente tra il partner privato e l’utente finale: il soggetto privato fornisce un servizio alla collettività, in luogo, ma sotto il controllo, del soggetto pubblico;
  • partenariato istituzionalizzato, che implica l’esistenza di una struttura societaria detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, avente la missione di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore della collettività. Negli Stati membri, le autorità pubbliche ricorrono a questa categoria, in particolare, per la gestione di servizi pubblici a livello locale (servizi di approvvigionamento idrico o per la raccolta dei rifiuti). La cooperazione diretta tra pubblico e privato nel quadro di un organismo dotato di personalità giuridica propria permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo relativamente elevato sullo svolgimento delle operazioni, che può essere modificato nel tempo in funzione delle circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali dell’impresa comune. La creazione di un PPP istituzionalizzato può avvenire sia attraverso la creazione di una società detenuta congiuntamente dal settore pubblico e dal settore privato, sia tramite il passaggio a controllo privato di una società già esistente (privatizzazione).

Ed allora è del tutto legittima la domanda: Illustrissimi sindaci ma del PPP cosa ne pensate?

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