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Demolizioni delle prime case, un “delitto” l’indifferenza del governo

La vicenda delle demolizioni di prime case di necessità in Campania (ma da oggi anche in Sicilia), lungi dall’essere una fra le tante problematiche che affliggono il nostro Paese e che come tale può vedersi o non vedersi inserita in un’agenda di lavori parlamentari, rappresenta la più grave violazione di diritti umani consumata ai danni di una collettività dall’approvazione della Costituzione. Essa non può costituire una questione meramente regionalistica. Ha di fatto un assoluto rilievo nazionale. Ad oggi nessuno ci ha ancora spiegato le ragioni che hanno condotto lo Stato ad un’assenza pianificatoria così prolungata nel tempo, singolare nel panorama italiano (su 158 Comuni in provincia di Salerno, appena 6 sono dotati di un Piano urbanistico e che ben 117 sono dotati di un Piano regolatore generale, strumento che risale alla fine degli anni Settanta – Fonte: Il Mattino), nonché quelle alla base del silenzio della Magistratura, negli anni della speculazione edilizia. Né argomentazioni credibili sono state spese a giustificazione della carenza di adeguate politiche abitative, dell’assenza di modelli differenziati di inclusione sociale che non fossero quelli dei Piani Nazionali di Edilizia Economica e Popolare. La Campania non è il Trentino e per noi “housing sociale” è parola nuova e sconosciuta. Qui, senza particolari “intercessioni” con gli Uffici Tecnici, non si va avanti.

Si comprende dunque, come in un simile contesto, l’abusivismo di necessità sia andato definendosi non come un’opzione criminale ma come una scelta di sopravvivenza. Questo se non è vero per tutti, è vero per molti. Ma tant’è. Dopo decenni di malgoverno del territorio, di omissioni di vigilanza, di inadempienze amministrative, si pensa bene di demolire manufatti di modesta entità, espressione di disagio abitativo, destinati a prima ed unica abitazione, lasciando in piedi imperterriti i simboli della speculazione. Una così delicata vicenda, che meriterebbe ben altre soluzioni (piani di riqualificazione, rigenerazione urbana, risposte abitative) è stata fin troppo strumentalizzata; a fini elettorali da un lato, in funzione ideologica dall’altro. L’assoluto rilievo di tali considerazioni in uno con l’alto numero di famiglie che interessa giustifica sul piano della democrazia rappresentativa una collocazione parlamentare della problematica. Ma all’alba delle prossime elezioni si fa sempre più chiaro come il nostro sia definitivamente da considerare un sistema partitocratico dove la Democrazia non ha più cittadinanza alcuna. Una parte importante della popolazione che raccoglie un consenso così ampio e trasversale intorno ad una tematica particolare non può vedersi negata la possibilità di esprimere una sua rappresentanza, nel mentre poche decine di “click” su piattaforme informatiche e liste bloccate decidono le future deputazioni. Se non è il popolo a poter esprimere le sue rappresentanze, allora la sovranità più non gli appartiene e la nostra non è da considerarsi una democrazia rappresentativa, ma una partitocrazia, rappresentando i Partiti sé stessi. (Coordinamento regionale comitati uniti in difesa del diritto alla casa) 

L’AVVOCATO MOLINARO: «UN GRIDO DI DOLORE CHE VA ASCOLTATO, SUBITO». «Questo documento esprime un marcato malessere degli organismi associativi minato purtroppo dalla consapevolezza di un forte deficit di rappresentatività delle più genuine istanze popolari volte alla tutela del le case dei più bisognosi (quelle riconducibili – per intenderci – ai limiti dimensionali dell’edilizia economica e popolare). I partiti dovrebbero rappresentare il volano costituzionale per garantire questa rappresentatività smarrita ma, vuoi perché poco credibili a causa di politiche miopi aggravate da annose omissioni, vuoi perché affaccendati a comporre tessere di un mosaico lacerato da  interessi di bottega, sembrano continuino a voler rifuggire dall’obiettivo che, per giunta, la stessa Corte Europea, con la nota sentenza Ivanova, ha ritenuto doveroso salvaguardare, etichettandolo come  irrinunciabile diritto alla inviolabilità del domicilio. I Comitati campani hanno indicato in Raffaele Cardamura il loro più credibile e valoroso rappresentante per la sua storia personale che tutti conoscono e perché quotidianamente continua a battersi per i più deboli. L’augurio è che il grido di dolore dei Comitati venga ascoltato e che una volta tanto non abbia più a parlarsi di scollamento tra paese legale e paese reale».

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