LE OPINIONI

IL COMMENTO Il vecchio e il mare

DI LUIGI DELLA MONICA

Prendo in prestito il titolo da Ernest Hemingway per paragonare metaforicamente la transizione della mentalità isolana che si deve assolutamente rinnovare dal passato al presente. Come sottolineano anche i miei colleghi editorialisti (Graziano, Franco e Raffaele) vi è davvero una convinzione da parte di alcuni concittadini che passerà la nottata, ma tutto ritornerà come prima. Una persona di mia conoscenza diretta presente all’evento, nonché Graziano in veste di moderatore, non avendo io potuto parteciparvi per motivi di salute, hanno confermato che il dott. Maresca lunedì scorso 06 febbraio stigmatizzava il pericolo della infiltrazione malavitosa sul territorio isolano, come io segnalavo nell’editoriale di inizio anno. Fa specie che dai confini della Lombardia fino a Bologna città il sistema produttivo abbia metabolizzato con sistemi collaudati e rotativi le procedure di ristrutturazione del debito, mentre Napoli nel solo 2022, mediante l’Organismo di Composizione della Crisi del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, abbia gestito appena una sessantina di imprenditori che si sono palesati alle Autorità come insolventi, ma hanno risolto ogni problema e ne sono usciti puliti.

Sull’isola, ma come in tutto il Sud turisticamente appetibile e produttivo, impera il silenzio sulle difficoltà economiche, poiché palesare agli altri una temporanea difficoltà determina una chiusura totale della linea di crediti, di affidabilità dell’operatore verso i fornitori di servizi e materiali: il mancato credito comporta la morte civile. Da ragazzo all’università studiavo lo sconto, che era una delle tipiche operazioni bancarie, da apprendere sui manuali di diritto commerciale, vale a dire la trasformazione di fatture, cambiali e\o assegni postdatati in denaro liquido, dedotta la commissione dell’intermediario. Un’altra era l’anticipazione, volgarmente il prestito di soldi, per avere ossigeno ad un temporaneo contesto di mancanza di liquidità. Questi erano i pilastri dell’economia italiana da inizio secolo fino ai felici anni ’80, dove gli yuppies erano giovani appena venticinquenni che facevano fortune immense in pochi anni e addirittura lasciavano il posto fisso – per dirlo alla Checco Zalone – e vivevano in perfetta sintonia ed armonia con i vecchi, quelli che avevano combattuto le due guerre mondiali per portare la società alla democrazia repubblicana.

Naturalmente quegli yuppies oltre che in Sardegna, venivano a villeggiare ad Ischia e spesso ormeggiavano il loro yacht nei nostri porti spendendo fior di quattrini. Così spuntavano ristoranti, lidi, negozietti di artigianato locale, market, microtaxi, massaggiatori e fisioterapisti e, non si prenda collera la categoria eventualmente non citata, un mini esercito di lavoratori, oggi circa ventimila su sessantamila abitanti, meteore nei vari alberghi dei sei comuni isolani. A poco, a poco, per calmierare la brutta immagine ricevuta sul finire degli anni ’80 come isola terra ospitale per la manovalanza della NCO – nuova camorra organizzata – ed attirare il ceto piccolo e medio della cittadinanza nazionale si è escogitato il terribile boomerang del low cost. In questo modo, la mazzata finale è stata sferrata contro il bon ton e la esclusività del villeggiare ad Ischia: “il crepuscolo della dea Venere raffigurata nella coppa di Nestore”. La Ischia di Antonio De Curtis, Peppino De Filippo, Vittorio de Sica celebrata nei dorati anni’50 del commendator Rizzoli e quella degli yuppies non è più, viene logorata dall’immagine del vecchio di Hemingway che riceve le ferite nelle mani dalle reti da pesca che non riesce più a gestire per l’età che non gli permette di contenere la violenza del pesce che vuole intrappolare. Nella rete del vecchio modo di fare turismo non entrano più pesci e non vi è più reddito da dividere. Il mare che porta i turisti sta per capovolgere la barca del vecchio pescatore\prenditore.

Una intelligente idea di marketing è stata quella di ricordare l’icona di Ischia sulle metropolitane di Milano e Roma, come anche diffondere il messaggio “this is Ischia” per sancire che la più bella del mondo non è finita ed aspetta tanti ospiti con amore ed accoglienza. La nota stonata di questa iniziativa è, per prendere le frasi del Sindaco Pascale di Lacco Ameno sul suo profilo facebook che sono lo spunto, ma non intendo criticare assolutamente, avendo lo scrivente sempre rispetto per gli uomini delle Istituzioni, “Ischia ama Milano che è terra del commendator Rizzoli”.

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Recentemente mi è capitato di constatare come alcuni soggetti in stato di insolvenza e di crisi economica, ovvero semplicemente intenti a vendere le proprie strutture, accoglievano alcuni imprenditori lombardi con lo scetticismo del classico retropensiero “ma chi sei, cosa vuoi, paga e stai zitto”. Una frase costante e ritmica degli interlocutori isolani, verso i potenziali partners lombardi era la solita litania: “siete a Ischia, l’isola più bella del Mondo, ringraziate di essere ricevuti da noi”; oppure no grazie i nostri progetti di investimento li abbiamo già”.

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Eppure una nostra virtù costante è chiedere aiuto alla terraferma, per risolvere le nostre diatribe, i nostri conflitti sociali, tant’ è che alcuno plaude e briga che il Tribunale venga soppresso. Ma “Sindaco del Rione Sanità” a parte – la tragicommedia di Eduardo – non credo che in mancanza di un Magistrato di prossimità o di un imprenditore lombardo benefattore di turno il soggetto a dirimere i contrasti sociali possa essere un personaggio positivo. Se non si chiede aiuto alle Istituzioni, alle forme della legalità previste dall’Ordinamento, il paciere a queste situazioni di allarme sociale determinate dalla crisi di marketing e di prenotazioni per la psicosi innescata dall’alluvione, non potrà che essere il criminale di turno, gonfio di soldi da riciclare.

Spesso nel segreto del mio studio o nelle telefonate con alcuni miei clienti, mi sento indirizzare la frase: “avvocato se non siete capace di risolvere, me ne vado a Napoli a trovare un difensore della Camorra e così risolvo”. Potrà sortire sorrisi di supponenza o sbigottire il lettore a quanto detto, ma se la cittadinanza non si desta da questo torpore culturale e di mentalità del vecchio, finirà per essere la barca Ischia capovolta dal mare, le cui leggi e la cui fame di vite umane è sempre misteriosa ed inarrestabile.

Ischia è una città autonoma e gestita da forze endogene, ma come terra di ospitalità deve essere interconnessa e interscambiabile con la terraferma, respingendo energicamente i personaggi equivoci del silenzio e dell’omertà che portano solo malessere ed indigenza, ma deve aprirsi ai novelli “Rizzoli”, da qualsiasi regione o nazione provengano, che possono nell’alveo della legalità ed ecosostenibilità portare innovazione e miglioramento al territorio insulare. Se viceversa come da più parti odo che le forze intellettuali ci sono sull’isola e sono le migliori possibili, posso solo essere felice, ma ricordare con una frase del supereroe dei bambini e non “Spiderman” – dai grandi poteri derivano grandi responsabilità.

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