LE OPINIONI

IL COMMENTO Ischia capitale permanente dell’educazione

DI LUIGI DELLA MONICA

Prendendo spunto dai fatti raccontati dal prof. Mirelli, in un articolo della scorsa settimana, in ordine alla gravissima perdita dei valori di senso civico e di rispetto dell’altrui identità umana e personale, sono stato protagonista a mia volta di vicende degne di elogio, che si sono incuneate in circostanze inversamente proporzionali di scostumatezza e villania. Venerdì scorso alle ore 9 del mattino, con un anticipo di ben quaranta minuti dalla partenza, mi trovavo al Molo Beverello per acquistare il biglietto in direzione Ischia dalla compagnia Alilauro. L’addetto allo sportello, di cui purtroppo non ricordo il nome perché non ho fatto in tempo a chiederlo nella concitazione dell’evento, mi ha garbatamente chiesto il documento per la riduzione residente e, nell’occasione, gli stavo rivolgendo i miei complimenti per la elevata professionalità dimostrata con il ritrovamento del telefono cellulare di mia moglie a bordo di un mezzo nautico del Senatore. Infatti, nei giorni scorsi, io telefonai alle 7 del mattino in biglietteria ed il signore in questione mi confermava di essere stato lui a ricevere la telefonata, domandandomi successivamente perché non avessi più chiamato; al che ho risposto che già il servizio clienti dell’Alilauro aveva provveduto a contattarmi e mia moglie dopo appena 12 ore dalla perdita già aveva ripreso il possesso del suo oggetto.

Secondo voi cari lettori, quanto tempo ho potuto rubare al simpatico e solerte impiegato? Neanche due minuti o forse trenta secondi in più. Ebbene il piacevole discorso fra me ed il signore in questione è stato bruscamente interrotto dalle urla troglodite di un losco figuro che in dialetto napoletano mi ridicolizzava, inveiva contro il bigliettaio, poichè mi stava dando retta e successivamente continuava con epiteti offensivi e denigratori al mio riguardo, dicendo che doveva fare presto ad acquistare il titolo di viaggio. Per questo, mi sono fatto da parte per non accendere gli animi ed il mio civile e sereno confronto con l’impiegato Alilauro si interrompeva. Ho comunque atteso, prima di inserirmi nella fila di imbarco, che lo sportello si liberasse di persone, per concludere l’amabile conversazione con l’interessato: improvvisamente, una donna adulta con accento romano mi contestava alla stessa maniera del precedente buzzurro, ma in termini più garbati anche se ad alta voce. Io ed il bigliettaio abbiamo sgranato gli occhi e siamo rimasti senza parole… Questo minimo sgradevole evento mi ha testimoniato che non si tratta di cafoni di importazione campana, ma anche la signora laziale si è posta al medesimo livello di maleducazione del citato cavernicolo.

Ma che ci venivano a fare sulla nostra isola? È certo che fossero diretti ad Ischia Porto, perché non erano previsti né scali a Procida, né si trattava della biglietteria per Capri. Mi domando quale spazio debbano avere questi personaggi. Del resto non erano pendolari, perché la corsa non era disciplinata dal collegamento marittimo essenziale a tariffa super ridotta, alle ore 9.40. La nostra isola dovrebbe rinchiudersi sulla rocca della educazione, il nostro slogan in armonia con la capitale cugina della cultura Procida, dovrebbe essere “vieni a Ischia, la città del senso civico e del rispetto altrui”. Sto parlando di utopia o di realtà possibili? Una virtù insostituibile di tutte le location per eventi, seminari, simposi, conferenze sparse per tutta l’isola accomuna Ischia e gli altri cinque Comuni: all’interno di una morfologia del territorio baciato dal sole e accarezzato dall’aria salmastra, immersa nel verde e nei profumi della natura, la mente illuminata degli artisti, degli studiosi, degli uomini di spessore culturale si armonizza al benessere del corpo, per le cure termali, i bagni salsoiodici e la squisita cucina. In parole povere, sino a far data dalla presenza di Benedetto Croce, durante il terremoto di Casamicciola, anche se non era ancora al tempo il ciclope letterario e filosofico che conosciamo nel ‘900, si viene ad Ischia per gustare dell’atmosfera onirica di rilassatezza e rinvigorimento dello spirito, dell’intelletto e del corpo.

Cosa ci vengono a fare questi personaggi sgarbati e collerici, io proprio non so spiegarmelo. Evidentemente, come sosteneva il mio Coordinatore Gaetano Ferrandino e successivamente ribadito da Raffaele Mirelli, hanno trovato terreno fertile sull’isola. A questo punto, ricordo che nel post pandemia venne attuato un progetto promozionale del brand Ischia nelle principali città italiane. Si trovava a Roma, come a Milano e Torino, l’effige dell’isola per attirare turisti nel segno della bellezza. All’odierno livello involutivo dell’isola, applicando essa tutte le brutture della terraferma verso cui ipocritamente si relegavano i fenomeni estivi e limitati di inciviltà (ricordo da bambino le frasi aggressive del mio bagnino che perentoriamente diceva “so napulitane, adda passà august”), mi domando se non si possa puntare al marchio di Ischia, isola dell’educazione come motto ideologico di reazione sana e costruttiva a questa deriva culturale delle nostre comunità. Se da un lato vi è la piaga commerciale del pernottamento a 10 euro per persona, dall’altro lato vi è la pratica, altrettanto nociva, di affittare per il periodo estivo le seconde case degli ischitani a persone discriminate soltanto per il portafoglio: in pratica, per consentire la locazione stagionale per appena 3 mesi, dal 15 giugno al 15 settembre, ad esempio, non si guarda in faccia al livello dignitoso e composto del potenziale inquilino, ma soltanto all’accettazione della richiesta economica fuori tasca. Pertanto, la famiglia del ceto medio-piccolo, che guadagna onestamente e con la sudata cultura universitaria una porzione di benessere economico che le permetterebbe di spendere due o tremila euro per le sue vacanze viene tagliata fuori da queste affittanze estive, per dirottarsi sui predetti alberghi sovraffollati e caotici, che tendono però a non far uscire il cliente dalla struttura, laddove, invece, proprio la vita in abitazioni consente agli isolani di interagire ed arricchire ed arricchirsi il forestiero con il forestiero in termini di crescita di mentalità.

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La cosa più bella è salutarsi al mattino con il professore di matematica napoletano o romano o bolognese, che al mattino chiacchera con la vicina ischitana, da cui apprende l’antica arte della cucina del coniglio all’ischitana e nel caso del bolognese, questa magari riceve la ricetta dei tortellini fatti a mano. Tutto questa atmosfera è tramontata e si sono sovvertiti gli antichi valori di comunione spirituale degli isolani con i forestieri. Esiste ormai una barriera invisibile fra operatori intenti ad erogare servizi turistici e fruitori degli stessi intenti ad ottimizzare al massimo il costo del loro soggiorno sull’isola, anche al prezzo salatissimo di deturparla e vilipenderla. Se si adotta lo slogan “venite ad Ischia, isola dell’educazione”, del saluto del vicino per il caffè, dello scambio della ricetta regionale, dell’amore verso il forestiero, a poco a poco, tutti questi scostumati torneranno da dove sono venuti e gli isolani scopriranno il bello di essere nati a Ischia, che non è soltanto conseguenziale a godere della vista di un tramonto sul mare, ma è anche educazione al rispetto ed alla cultura.

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