IL COMMENTO Ischia, matrigna e madrina
DI LUIGI DELLA MONICA
Una delle migliori sintomatologie di essere pianamente isolani, di norma, è la sindrome della cozza oppure della tellina da scoglio, che colpisce ognuno di noi, indipendentemente dal grado di istruzione culturale. Siamo restii ad abbandonare l’isola, per un amore viscerale ed inconscio con le nostre origini ancestrali, per la sua bellezza, per la sua amenità di condizioni di vita, per il rapporto con la natura, per la sua potenzialità a produrre ricchezza, rispecchiando in questo la caratteristica della madrina. Siamo disponibili alle imprecazioni ed alle iracondie, quando dalla terraferma non arrivano turisti ed allora, i costosi preparativi per accoglierli, in termini di acquisto di strumenti logistici e vettovagliamento, sono stati vani, oppure spropositati: è come dire apparecchio una tavola per 100 e ne mangiano 5. Quello che è successo nella stagione 2023, in parole povere.
Leggo su questo quotidiano l’auspicio di molte penne autorevoli, come il presidente Marco Bottiglieri, di programmare la recettività e i servizi di accoglienza su periodi lunghi e non limitati ai soli 90 giorni estivi. Vengo a sapere che anche sull’isola, che in questo è madrina dei suoi abitanti, si stanno rinviando le chiusure dei lidi in concessione fino a questa domenica. Poi però al mattino metto piede su Molo Beverello e vedo una ressa, una fiumana di persone che sono dirette a Capri, o Sorrento; per Ischia soltanto un centinaio di persone per corsa. Non riesco ancora a capire quale meccanismo sia inceppato. La Capitaneria ci fornisce i dati in riduzione degli arrivi\partenze, ma ancora qualche cuore impavido osa dire che va tutto bene. Sono d’accordo con i negazionisti del problema, quando, ad esempio, si allestisce un albergo con 100 camere, ma vengono riempite solo 20, al massimo 30: tranquillo, resistiamo. Ogni comune, scollegato dall’altro, se non per amicizie umane fra i vari amministratori – guai se ci sono antipatie – organizza eventi a compartimenti stagni, supportati da slogan mediatici, del tipo: “Venite da me, Ischia è isola più bella del Mondo, a causa di questo versante, non curatevi degli altri”. Non esiste una locandina teatrale che si svolga in un plesso adeguato, perché tutto deve avvenire all’aperto ed in estate, senza contare che 65 mila abitanti, tutti afflitti dal malessere del legame allo scoglio, potrebbero fruire di un teatro – ah Ischia matrigna! Il teatro Diana a Napoli è talmente antico, che si narra in esso si sia esibito Scarpetta in persona: non posso pensare che Ischia al secolo avesse la possibilità di ospitare il commediografo napoletano per antonomasia, ma oggi, credo che la tecnologia sia matura per un tale privilegio, non altrettanto la pulsione, il desiderio dei suoi abitanti. A quel punto, è comodo definire l’isola matrigna perché non ha attrazioni, divertimenti, diversivi, come un tempo e non è più meta agognata dai turisti della terraferma, ma non ci interroga del perché ciò accada.
È inevitabile che fra pochi giorni, quelle strutture che inconsapevolmente hanno investito, ma non hanno ricevuto segni benevoli di ripresa economica dalla congiuntura post-covid, diventeranno “vittime” di crediti incagliati presso gli istituti di credito. Ebbene queste, di norma, che cosa fanno, cercano il colpo gobbo. Cercano di tacere sulla propria difficoltà o insolvenza verso gli interlocutori forestieri, chiedendo cifre astronomiche e fuori mercato per cedere le loro strutture, nascondendosi dietro gli specchi, non di Archimede da Siracusa, conterraneo di Gerone, fondatore del nostro “Castello Aragonese”, ma dietro lo specchio di Grimilde, matrigna di Biancaneve, al grido “specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del Mondo? Ischia”. Le plusvalenze dell’isola più bella del Mondo sono state negli ultimi mesi il pretesto per cercare di arrampicarsi, di rosicchiare ancora qualche osso dal sistema economico finanziario, onde evitare di parlare della crisi strutturale ed epocale del sistema “Ischia”. Una conversazione da bar occorsa con una proprietaria di seconda casa a Procida mi diceva che notoriamente l’isola verde è stupenda ed incomparabile a quella di Arturo, ma nei mesi estivi è occupata da brutta gente.
Cari lettori, solo estirpare questo crisma isolano del turismo dei maleducati e delle marmaglie può incrementare le presenze. Non si dimentichi che l’intera Italia è sotto il riflettore di internet dei Paesi stranieri: la CNN ha sbugiardato la riviera ligure per i famosi 2 euro di supplemento del dolce diviso in due: io ho visto anche su suggerimento dei miei amici ristoratori alla riva destra del Porto di Ischia che alcuni turisti stranieri si studiavano meticolosamente tutti i prezzi della carta menù e si sedevano per poi ordinare piatti c.d. invernali come lasagne o altri prodotti da forno che costano meno del pescato fresco. Leviamoci da dosso i panni fangosi della alluvione come puerile e vittimistica motivazione delle assenze 2023. Il 26 novembre 2022 è una data di tristezza e di sofferenza per la dignità degli isolani, apostrofati dalla stampa campana, sottolineo campana, a cui hanno fatto eco gli altri, ma non mi venite a raccontare che quest’anno la riviera romagnola ha avuto una flessione di presenze a causa della sua alluvione. Se l’isola è matrigna in alcuni momenti della vita ed in altri è madrina, deve essere il nostro atteggiamento a mutare radicalmente. Le divisioni fra fazioni, quartieri, contrade, campanili devono diventare un valore aggiunto per coordinare una offerta unica, intellegibile di servizi turistici, che possa orientare il consumatore forestiero a godere in maniera omogenea e non caotica e convulsa la scelta su Ischia. Si deve per ciascun anno solare creare un calendario di eventi unico per l’intera isola. Gli operatori di settore di tutta l’isola devono dialogare, devono interfacciarsi, è finito il tempo della concorrenza interna, pena la scomparsa di Ischia dalle mete turistiche gettonate.
* AVVOCATO