LE OPINIONI

IL COMMENTO La democrazia distorta degli enti locali

Esaminando le elezioni regionali (quelle già svoltesi in Calabria e Marche e quelle prossime di Toscana, tra oggi e domani, e Campania e Calabria, il 23 e 24 novembre) nonché la situazione fluida nelle amministrazioni comunali dell’isola d’Ischia, se ne ricava che siamo di fronte a un grave degrado dei processi democratici degli enti locali. Mi limito ad osservare, per quanto riguarda le elezioni regionali, che sono due i capisaldi su cui attualmente si reggono i sistemi governativi regionali: lo strapotere dei Governatori, che ne assicurano l’auto alimentazione e la conferma (e meno male che c’è un limite al numero di legislature possibile) e la tendenza a trasferire la logica degli equilibri nazionali a quelli regionali. Quindi le Regioni vengono a trovarsi tra Scilla e Cariddi: o fagocitate dal Governatore (quasi sempre supportato da clientelismo politico) o fagocitate da imposizione dei leader nazionali dei partiti. A questo punto è chiaro che il disegno costituzionale, che voleva il regionalismo come articolazione dello Stato, in risposta a legittime particolarità territoriali e agli squilibri nord-sud, salta. Questo spiega le diatribe, all’interno del centro destra, tra Lega, Forza Italia e FDI per la nomina dei candidati a Governatori. Questo spiega le diatribe a sinistra tra De Luca e il PD, o le divaricazioni tra riformisti e radicali. Desidero ricordare, a chi ha poca dimistichezza col Diritto Costituzionale e col Diritto degli Enti Locali, che l’art. 5 Della Costituzione recita: “ La Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali…”. Ma, attenzione, la Regione non è un ente costituzionale. Essa, al pari di Province e Comuni, è un ente autonomo. L’autonomia della Regione non è costituzionale. Essa ha limiti sostanziali, giuridici e territoriali ( Luigi Giovenco – L’Ordinamento regionale).

Rimane ancora irrisolta la questione della “concorrenza” tra Stato e Regione su alcune materie, fonte di equivoci e controversie. Come è vero che il potere politico crescente delle Regioni ha, in qualche modo, offuscato le Province, favorendo il passaggio ad una normativa delle Città metropolitane che non pochi dubbi e incertezze ha determinato. Ma veniamo a quello che più ci riguarda, per ovvi motivi di prossimità, i Comuni , in particolare quelli dell’isola d’Ischia. Possiamo dire, in tutta onestà, che i Sindaci e le Amministrazioni comunali isolane siano tutti e sempre esponenti di una democrazia locale partecipata? Quando un Comune deve intraprendere un’importante opera pubblica, vi risulta che vengano interpellati, in primis il Consiglio comunale e poi i cittadini, le categorie economiche, le Associazioni di cittadinanza attiva, quanto meno dei territori più direttamente coinvolti nell’opera da farsi? Adesso apprendo di un finanziamento di oltre due milioni di euro per la risistemazione del Borgo di Ischia Ponte. E’ lecito sapere sulla base di quale progetto, elaborato da chi e confrontato con chi? Ma è già accaduta la decisione calata dall’alto in precedenti occasioni, come il rifacimento della riva destra del Porto d’Ischia, della risistemazione di tutta l’area circostante lo stadio. Calare progetti dall’alto sulla testa dei cittadini e operatori economici non è propriamente una manifestazione di democrazia territoriale. Mi ha lasciato poi molto perplesso la recente intervista, rilasciata alla stampa locale, dal Sindaco Enzo Ferrandino. Egli ha espresso il concetto che è giusto effettuare un largo ricambio di assessori, per riequilibrare la rappresentanza di tutte le componenti che hanno contribuito a far eleggere una maggioranza plebiscitaria. Questo significa che non viene adottato un criterio di meritocrazia e competenza ma viene usato il bilancino per tenere coesa una maggioranza di capi clientela elettorale. E’ democrazia questa? Giudichino i lettori.

Passo all’altro capo dell’isola, a Forio. Sono in molti a elogiare l’amministrazione foriana, che avrebbe dato slancio all’economia turistica, facendola diventare il nuovo polo attrattivo turistico dell’isola, che scalza il Comune d’Ischia dal ruolo di Comune pilota. A parer mio, la vitalità turistico economica di Forio è merito del tessuto economico commerciale di Forio che ha saputo rinnovarsi e richiamare in particolare i giovani (italiani e stranieri). Per il resto, dall’Amministrazione comunale sono venute spinte totalmente contrastanti: valorizzazione del patrimonio culturale da un lato (rilancio di La Colombaia) e arretratezza nella sottovalutazione del patrimonio naturale da un altro, per rincorrere sacche di corporativismo e di speculazione edilizia, ben rappresentate da alcuni influenti componenti del Consiglio comunale. Ciò, indubbiamente, è il risultato di un equivoco elettorale che ha portato al potere una coalizione variegata, che va dall’estrema destra all’estrema sinistra. Quando il mondo dell’informazione locale, con tutti i suoi limiti (determinati più che altro dalla limitatezza dei mezzi finanziari a disposizione) pone l’accento su queste carenze democratiche degli enti locali, viene da questi attaccato, a volte con espedienti riprovevoli. Mi aspetto che il Comune di Forio giustifichi la circostanza di abbattimento di un’insegna pubblicitaria di Teleischia, di antica installazione. Va bene, come è stato detto, ripulire il centro storico da troppe insegne, molte delle quali abusive o comunque non rispondenti ai regolamenti comunali. Nel caso di Teleischia, c’è il sospetto di una reazione scomposta di qualche esponente politico non avvezzo alle regole democratiche e di trasparenza degli atti pubblici. Ma ci sono casi analoghi anche negli altri Comuni isolani. Il rapporto non cristallino dei Comuni verso giornali e TV locali trova analogia anche nei rapporti, altrettanto perversi, che i Comuni hanno con le Associazioni culturali, sportive, di cittadinanza attiva. I Comuni fanno chiaramente una discriminazione tra chi è più vicina al potere e chi non rinuncia alla propria autonomia. Insomma dividono figli e figliastri. E questo contribuisce ad avvelenare il clima civile e culturale dell’isola e frena uno sviluppo che sia anche progresso civile, secondo la distinzione pasoliniana, opportunamente richiamata dal prof. Luongo in un recente editoriale su questo giornale.

Termino con l’ultima osservazione: l’incapacità di operare congiuntamente tra tutti e sei i Comuni. In ogni occasione emerge la frattura, la composizione di alleanze parziali tra due-tre Comuni contro gli altri. Alleanze, tra l’altro, in continua rivisitazione. Come è possibile, per esempio, che di fronte alla necessità di potenziare il sistema di condutture per lo smaltimento delle acque, con differenziazione di quelle reflue domestiche, reflue termali o industriali e acque piovane, si ignori la necessità di unificare i progetti e la gestione nell’Ente Verde Idrica Spa, gestita da tutti i Comuni isolani, ottenendo preventivamente dall’Ente Idrico Campano che la gestione rimanga in capo all’isola? Sarebbe corretto che i Sindaci ci dessero una spiegazione, magari attraverso quei giornali e TV locali che – a volte – li infastidiscono.

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