LE OPINIONI

IL COMMENTO La fase 2 tra costituzione ed economia del turismo

di LUCIANO VENIA – 

La legislazione di emergenza ha diviso il mondo dei giuristi chiamati a valutare la limitazione dei diritti costituzionali di circolazione, di riunione, di culto, economica, d’impresa e così via con due punti di vista diametralmente opposti, quanti ritenevano prevalente il diritto alla salute ex art. 32 della Carta Fondamentale accettando le limitazioni e le modalità della loro attuazione e quanti altri ritengono che la nostra Costituzione non preveda affatto lo Stato di eccezione e vi sia stato un eccessivo uso di decretazioni da parte del Presidente del Consiglio (ritenendo necessario invece lo strumento legislativo del decreto legge da trasmettere prontamente al Parlamento per il procedimento di conversione) tenuto conto dei provvedimenti senza precedenti con misure gravissime e inaudite per la nostra Repubblica. Lo stesso Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha voluto esprimere il Suo pensiero dall’alto del Magistero della Consulta in una intervista al Corriere della Sera (edizione del 29 aprile, pag. 9) nella quale ha richiamato i fondamenti giuridici e costituzionali dello Stato di Diritto e ha sottolineato come “più la compressione di un diritto o di un principio costituzionale è severa, più è necessario che sia circoscritta nel tempo”.

In merito poi alla misura di queste limitazioni il Presidente della Corte ha affermato che esse devono sempre essere ispirate ai principi di necessità, proporzionalità, ragionevolezza, bilanciamento e temporaneità. A questa netta presa di posizione si sono aggiunte le critiche al governo del Prof. Sabino Cassese e del Presidente Emerito della Corte Costituzionale Baldassarre che hanno argomentato attorno alla critica della legislazione emergenziale e sui suoi forti contenuti. Un ulteriore campo problematico è stato quello del federalismo e dei poteri di Ordinanza delle Regioni e dei Comuni che sommandosi e distanziandosi talora dalle prescrizioni contenute nei dpcm del Governo Conte, hanno spesso contribuito a creare una situazione di incertezza anche a causa dello iato temporale tra i diversi provvedimenti che spesso si è riverberato in sanzioni e denunce contestate e prontamente opposte e da opporre sia denunciando il tipo di atto prodromico sia per gli stessi contenuti delle misure; che a parere di alcuni giuristi avrebbero avuto un contenuto – lo affermano in dottrina eccedente ed esorbitante il perimetro dei decreti legge e le garanzie sacralizzate nelle Norme Costituzionali e in relazione ai diritti fondamentali e in merito appunto alle competenze e all’articolato del Titolo V.

Ciò anche in considerazione della situazione di emergenza pandemica con chiare implicazioni di ordine internazionale. In Campania le norme sono state molto stringenti e talora le ordinanze di Regione e dei Sindaci hanno scavalcato e anticipato la stessa teoria dei decreti governativi. Il risultato è stato quello di un difficile approccio del cittadino e persino degli operatori della giustizia alle quasi duecentocinquanta norme diverse tra decreti legge, leggi di conversione con modifiche, dpcm, decreti ministeriali, ordinanze regionali e sindacali. Da ultimo per la cosiddetta fase 2 si sommano corpose e dettagliate linee guida in materia di prevenzione o di precauzione che vengono dai comitati tecnici e restano recepiti dalle ordinanze di cui sono parte integrante e sostanziale.

La stessa ordinanza del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 48/2020 rimanda a un discreto numero di allegati che dettagliano disposizioni e prescrizioni. A parere dello scrivente in Italia, in Campania e soprattutto nelle zone turistiche la fase 2 parte con lentezza, incertezza e ritardi dovuti a una incerta azione di governo a tratti non pienamente consapevole del valore del turismo e dei comparti affini e complementari cioè del commercio turistico che assieme a ricettività, svago e trasporti forse supera il 20% del pil e si avvicina a un quarto della ricchezza nazionale prodotta ogni anno. I danni del lockdown sono immensi. La crisi è senza alcun precedente poiché bisogna risalire ai primi anni cinquanta per ritrovare una desolazione e così profonda e pericolosa. Nè i due cosiddetti shock petroliferi né l’epidemia del colera a Napoli avevano inciso cosi fortemente nel sistema Ischia e la sua economia. La protesta giustissima di ristoratori, noleggiatori di auto, lavoratori stagionali si somma a un disastro che ha travolto commercio e professioni e in parte l’artigianato. Questo anche perchè la crisi non si risolve in un tempo e in un modo simmetrico al lockdown (la chiusura delle attività e i divieti di spostamento) e quindi tre mesi non bastano a recuperare i tre mesi di chiusura. Ricordiamoci che fino a febbraio 2019 non si era ancora recuperato il valore bruciato dalla crisi dei subprime nel biennio 2007-2009.

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E’ verosimile pensare che il crollo del pil e questa spaventosa depressione non si concludano troppo rapidamente. La ripresa è infatti troppo lenta, stiamo arrivando troppo tardi e rischiamo di trovare metaforicamente troppi “morti” congelati, cadavere tante partite iva, cadavere il lavoro specie quello stagionale, moribondo il turismo, pesantemente inciso il mondo delle infrastrutture e dei trasporti. Sta accadendo quello che il regista Cameron mostra nel film Titanic, le scialuppe del governo Conte hanno indugiato troppo, hanno tardato a soccorrere i naufraghi che invano hanno chiesto aiuto mentre il transatlantico affondava, si inabissava dopo che nessuno è stato in grado di schivare l’iceberg del covid 19 e perchè ed è peggio non si è posto riparo allo squarcio nel sistema Italia non vi è stata l’attivazione di un piano organico e dettagliato per il rilancio del sistema Italia. C’è nessuno? Oggi gridano i rematori del governo Conte, ma i corpi martoriati delle imprese e dei lavoratori scivolano ormai nell’abisso. 

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