LE OPINIONI

IL COMMENTO Il borgo Tar(tassato)

Che il Tar Campania stigmatizzi l’inerzia del Comune d’Ischia, sulla questione Siena, ci può stare. Poco importa che nelle compagini amministrative, che si sono susseguite negli ultimi 25 anni, ci fossero alcuni marpioni che lavoravano sotto traccia e in contiguità con imprenditori privati e molti restarono colpevolmente all’oscuro delle manovre sotterranee. Ovvio che quelli che chiusero gli occhi, per ignavia, per incapacità di approfondimento, per tacita convenzione per la quale ognuno zappa il terreno di sua competenza raccogliendone in esclusiva i frutti, non sono giustificati. E non sono giustificabili i tecnici che hanno, anche se obtorto collo, assecondato il marpione di turno. Però un giorno sarebbe bello se a pagare lo scotto maggiore, fosse chi manovrava, intrigava, colludeva col privato interesse, a danno del paese. Questa vicenda della Siena ha un’importanza capitale, perché è l’emblema di un modo perverso di regolare i rapporti tra interessi privati e interessi pubblici, etica imprenditoriale ed etica pubblica. Se passasse vincitore il criterio che un singolo cittadino potente o una società commerciale può mettere Kappaò un Ente pubblico come e quando vuole, salterebbe ogni equilibrio sociale. Chi avrebbe più il coraggio di dire ad un cittadino che ha costruito abusivamente una casa per la famiglia, che ha sbagliato e che dovrà subire le conseguenze? Secondo il criterio del Tar, basta presentare una SCIA, basta che il Comune, per complicità interne o per insufficienza di organico o mancanza di tempo ( la tagliola dei fatidici 30 giorni in cui pronunziarsi) non osservi e non eccepisca, per decretare l’approvazione della SCIA.

Dice il Tar, di fronte alla presentazione delle varie SCIA, che il Comune le ha ignorate, come se non esistessero e che pertanto il suo è un colpevole silenzio, che autorizza. Certo, se i 30 giorni non bastano, rimane la strada dei 12 mesi per la pratica di annullamento in autotutela, ma tale pratica non è obbligatoria bensì facoltativa, per cui basta una complicità interna per dare l’assist al privato. Con questa logica, ogni privato potrebbe tentare, con buone probabilità di riuscita, di presentare una bella SCIA, per esempio per una piscina intorno casa, affermando in proprio che essa non impatta con il paesaggio. Passati i 30 giorni, nel silenzio del Comune, ecco approvata tacitamente la piscina! Peccato che il Tar non si sia accorto che, tra le SCIA, ce n’è almeno una la n. 2664/2021 “locale tecnico completamente interrato”, in cui è lo stesso privato ( per esso il Direttore dei lavori) che dice “SCIA condizionata ad atto di assenso”. Un autogol, e cioè è il privato stesso che mette le mani avanti e riconosce che quella SCIA aveva necessariamente bisogno di autorizzazione paesaggistica, che non c’è stata. E come fa il Tar a ritenerla “efficace”? E il Tar prende per buone le SCIA che parlavano di “opere interne o relative a locali tecnici interrati”. Interrati? Ma qual è il concetto di “interrato” per il Tar? E perché il Tar non ha dato prevalenza a quello che era descritto nella relazione anziché rappresentato equivocamente nei grafici (c’è una sentenza del Consiglio di Stato ,del 7 giugno 2021, che afferma in maniera inequivocabile che l’esposizione letterale prevale sulla rappresentazione grafica). Il privato, trattandosi di luoghi tutelati di interesse paesaggistico e culturale pubblico, avrebbe dovuto presentare domanda di autorizzazione paesaggistica al Comune, che non fa da mero passacarte alla Soprintendenza, per il rilascio dell’autorizzazione. E, nel frattempo, non avrebbe dovuto iniziare i lavori di cui alle Scia.

Il Tar bacchetta il “silente” atteggiamento del Comune, ma che senso ha, se nel caso di cui trattasi, non è applicabile l’istituto del silenzio-assenso? E come fa il Tar a ritenere valido l’operato del privato, quando la mancanza di autorizzazione paesaggistica rende il titolo edilizio non già “invalido” bensì “inefficace”? Ora, che il cittadino medio ischitano abbia difficoltà a capire e orientarsi in questa intrigatissima vicenda è comprensibile. Come è comprensibile e legittima la preoccupazione che “il mostro” edilizio incompiuto possa restare lì per molto tempo. Quello che non è comprensibile è che alcuni consiglieri comunali, vecchi e nuovi, critichino l’operato del Comune che, riparando ad una precedente disattenzione e sottovalutazione (o complicità di qualcuno), decide – con coraggio e almeno per una volta senza calcoli elettoralistici – di bloccare un’opera che, con ulteriore innalzamento del fabbricato (box auto e pannelli solari sovrapposti) come era nelle intenzioni, avrebbe compromesso il contesto paesaggistico. Poi resta la divisione tra chi vorrebbe ritornare alla bellissima immagine della Siena coltivata con amore e perfezione dai “mangiaterra” e chi, realisticamente, si limita ad accettare il dato di fatto dell’Auditorium e del parcheggio auto, ma limitatamente al livello di sopraelevazione attuale, senza ulteriori innalzamenti e con un giardino pensile e una piazza per il pubblico godimento. Nulla di ideologico, nulla in dispregio dell’iniziativa privata, ma solo legittima difesa degli interessi collettivi. Il Borgo di Ischia Ponte è stanco di essere Tar(tassato) e vuole giustizia vera!.

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