LE OPINIONI

IL COMMENTO La frana e lo sdegno per quella vignetta

DI RAFFAELE MIRELLI

Riproponiamo su Il Golfo di oggi la lunga nota che il nostro editorialista Raffaele Mirelli ha trasmesso all’Ordine dei Giornalisti dopo la vergognosa vignetta che Mario Natangelo ha disegnato per Il Fatto Quotidiano dopo la tragedia della frana di Casamicciola. Ecco il testo integrale…

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Gentilissimo direttore, Le scrivo per segnalare un’atrocità giornalistica che – a parer di molti – riguarda l’intera stampa nazionale. Mi chiamo Raffaele Mirelli e sono un cittadino dell’isola d’Ischia. Tutti noi siamo a conoscenza di quello che è accaduto in questi giorni su quella che alcuni hanno definito arditamente “l’isola più bella al mondo”. La catastrofe naturale che si è abbattuta qui il 26 novembre, ha alimentato i contenuti della stampa nazionale, a dismisura: le reti televisive e i quotidiani tutti non fanno altro che parlare dell’accaduto, analizzando, speculando e, non in ultima istanza, infangando il nome di una popolazione. Una popolazione che null’altro ha fatto in questi giorni e sta facendo: scavare, dissotterrando le vittime. Siamo stati colpevolizzati senza tregua, perché è ovvio che l’isola d’Ischia è bella, ma prima di essere tale è abusiva! Un binomio indissolubile, una sorta di ghettizzazione razionale e nazionale che ci perseguita!Ischia significa ormai “abusivismo”. Accadeva nel 2017 in seguito al terremoto, accade oggi, accadrà domani.

Eppure, Ischia non è solo questo. Quest’isola è sinonimo di fragilità, di maltrattamenti umani, poi politici. Ischia, come tante altre località delle nostre “bella Italia “, è usurata dall’azione umana e di questo ne siamo tutti consapevoli. Ischia, però, è adesso a terra e lo è ancor di più a causa del lavoro svolto da alcuni dei suoi/vostri colleghi. Mi riferisco, senza giochi di parole, alla vignetta pubblicata dal Fatto Quotidiano, in cui si ritrae, con ironia ipotetica, la Morte.Questa dice di essere venuta a Ischia – per l’ennesima volta – per i “fanghi”. Non credo ci sia altro da aggiungere. Firmata da “Tizio” (non voglio nemmeno nominarlo), questa espressione satirica scimmiotta quella francese a noi ben nota. Lo ricorderemo tutti, se guardiamo al passato prossimo,in riferimento alle sciagure abbattutesi negli scorsi anni sulla comunità Europea, poi a Genova. Il punto della mia lettera è questo: noi ischitani non vogliamo fare le vittime e non ci sentiamo tali, le vittime le vediamo,le contiamo perché rappresentano la cifra di un dolore che stiamo cercando di arginare con il nostro lavoro, con la solidarietà.Sono intanti quelli che si sono mobilitati verso i luoghi della disgrazia e stanno spalando, cucinando, assistendo tutte quelle famiglie che hanno perso affetti, vite e speranze. Queste vite, insieme alle nostre, sono segnate, andate oltre. Non ci aspettiamo di rispondere con odio a questi soprusi, sarebbe stupido, ma non vogliamo nemmeno restare in silenzio.

Per questo lo chiediamo a voi, giornalisti coscienziosi, condividendouna riflessione: è increscioso ed eticamente, deontologicamente assurdo pensare che un quotidiano possa puntare il dito verso una popolazione confusa, stremata. Allora diciamolo chiaramente: “Gli ischitani sono colpevoli!”Forse è questo che la stampa, la popolazione nazionale sente di dover dire a questa gente? La nazione di cui sono cittadino, però, insieme a tutti voi, a tutti gli organi di stampa, affonda le sue radici nell’umanesimo, in quella che definirei l’espressione tipica della solidarietà, quindi della letteratura, della filosofia. Quella caratterizzante espressione che si realizza nelsuperamento dell’ignoranza, dell’odio che – scusate se ve lo dico – è ormai la forma più tipica dell’informazione e comunicazione contemporanea. Fossi in voi, mi sentirei mal rappresentato e per questo vi invito a dissociarvi, a prendere provvedimenti, a far sentire la voce di chi non è d’accordo con questa farsa, con questa offesaal dolore, all’intelligenza. Siete giornalisti e se esiste ancora un valore pedagogico nell’informazione, allora non potete tacere, restare indifferenti. Questo è un atto di “bullismo giornalistico”, incurante della sofferenza, del momento in cui versa la nostra isola, la nostra nazione, che tanto si fregia dei valori culturali.

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Eppure, questa Italia, a me come a tanti altri, sembra solo spezzata, divisa. Nemmeno davanti alle disgrazie si riesce a contenersi, a capire quale sia la ratio, la misura entro cui esprimersi. E forse, come in molti hanno dovuto ribadire ultimamente anche sui social, Ischia ha bisogno di silenzio, perché sembra – almeno a me da cittadino distrutto per l’accaduto – di essere in guerra, di essere sotto assedio mediatico.

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Tutto ciò mentre dissotterriamo ancora le vittime. Lasciatemelo dire allora: bisogna imparare a tacere e osservare il silenzio per le vittime, le loro famiglie i nostriamici e amiche. Lo diceva anche un filosofo tedesco e devo credere che abbia avuto ragione a scriver questa cosa: “Dall’albero del silenzio pende il suo frutto, la pace”. A tempo debito parleremo delle nostre responsabilità, adesso aiutateci a scavare.

Dott. Raffaele Mirelli

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