IL COMMENTO La funzione della città

DI GIUSEPPE LUONGO
La città è fondata per svolgere una funzione, se manca la funzione la città muore. Lo stesso sviluppo sul territorio deve essere progettato tenendo anche conto che l’insediamento deve essere funzionale, capace della massima efficienza con la minimizzazione dell’energia da utilizzare per la sua esistenza. Per avere chiaro questo concetto possiamo rifarci ai processi termodinamici e con essi all’entropia del sistema. Una città ad elevata entropia è una città caotica, dove è difficile operare e il sistema tende al collasso. Così se la città è un sistema chiuso la sua entropia resta all’interno della città e questa nel corso del tempo diviene sempre più caotica. Necessita, allora, che la città sia un sistema aperto perché possa svilupparsi, in quanto l’entropia viene scaricata in volumi più ampi. Se la città non prevede il suo sviluppo, per ridurre l’incremento dell’entropia non è sufficiente non espandersi, occorre che conservi la simmetria più elevata, ovvero uno sviluppo dell’insediamento a simmetria centrale, con la quale il suo funzionamento prevede la minimizzazione dell’energia. I nostri borghi in Appennino, hanno utilizzato, nel loro sviluppo, inconsapevolmente i principi della termodinamica, infatti hanno scelto la distribuzione dell’abitato secondo la simmetria centrale, facendo tesoro dell’esperienza empirica. Questa condizione è stata stravolta dal passaggio della produzione della ricchezza di una comunità dall’attività in agricoltura a quella industriale. Tutto è diventato più veloce e le città hanno modificato il loro assetto, con i luoghi delle fabbriche e la necessità dei trasferimenti dei lavoratori dagli insediamenti abitativi alle fabbriche. Le città cambiano simmetria, dalla centrale a quella lineare; nascono le periferie, dove cresce l’entropia e laddove cresce la necessità di ampliare la città, dalla vecchia periferia si espellano gli abitanti per inglobarla nella città e si crea una nuova periferia, senza più una visione globale. La città diviene un cantiere permanente, sempre alla ricerca della stabilità; i progetti in corso,prima che abbiano termine, sono seguiti da altri progetti, perché cambia la domanda degli utenti.
Ora con la fase postindustriale cambia ancora la funzione della città. Il modello che avanza è quello dell’alta tecnologia.Emerge la domanda di quale possa essere la dimensione della città ottimale per il futuro. Per la velocità che osserviamo nei cambiamenti che caratterizzano molte aree del mondo dal Medio ed Estremo Oriente, dal mondo arabo, alla Repubblica Popolare Cinese, occorrerebbe realizzare una struttura flessibile per adattarla alla tecnologia che avanza e pervade sempre più le comunità. Se calassimo queste riflessioni nella nostra comunità, nascerebbe la domanda se il modello accennato debba adottarsi ai piccoli centri che fanno corona alla città di Napoli, oppure occorrerebbe investire un territorio più vasto, fino ad una dimensione critica perché il modello possa avere successo. Già un confronto allargato su tale problematica nell’area napoletana, fisicamente rappresentata dal Golfo di Napoli e dal suo retroterra, la Campania Felix dei Romani, e amministrativamente in larga parte dalla Città Metropolitana, sarebbe un passo in avanti per esplorarne la fattibilità.Questa può fungere da Area ponte tra Europa, Africa e Medio Oriente, come all’alba della Magna Grecia, attraverso il Bacino del Mediterraneo. Qui può nascere il futuro del SudEuropa, con servizi come il Porto di Napoli, l’Aeroporto di Grazzanise, l’Alta Velocità, le Università, Centri di Ricerca, Accademie, Conservatori di Arti e Mestieri.
E se mettessimo insieme storia, cultura, mito, paesaggio, clima, risorse ambientali, infrastrutture, alta formazione per creare un sito-attrattore per lo sviluppo di tecnologie avanzate, dove realizzare la fusione del pensiero greco di Neapolis, la città più greca dell’Italia, con la visione dei pensatori della California degli anni ’60 del secolo scorso? Tentativi in questa direzione sono stati registrati a Napoli, appunto, negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso con lo sviluppo di avanzati Centri di Ricerca del CNR e delle Università di Napoli e Salerno nei settori della Fisica, Cibernetica e Genetica. I ricercatori che calarono su Napoli avevano individuato in questa città il luogo più promettente per il successo delle loro ricerche. Nel 1955 a Pozzuoli Adriano Olivetti inaugura una fabbrica di macchine calcolatrici. Negli anni ’90 il fisico Vittorio Silvestrini (1935-2024) ha dato vita alla “Fondazione Idis – Istituto per la diffusione e la valorizzazione della cultura scientifica” eha fondato Città della Scienza nell’area ex Italsider di Bagnoli, con l’obiettivo di promuovere un’economia basata sulla conoscenza. La Scienza e l’Impresa avevano fatto passi concreti verso lo sviluppo con studi e tecniche avanzate, ma la Politica è rimasta indietro senza comprendere la strada che si stava inaugurando nel mondo.