LE OPINIONI

IL COMMENTO La politica al collasso che attende la sua Caporetto

Questa volta è opportuno fare una premessa, necessaria per evitare confusione nel ragionamento o condizionamenti nel giudizio dei lettori. Non sono monarchico! Con il presidente dell’Umi, Alessandro Sacchi, ho una consolidata amicizia, ne condivido molte idee e partecipo con ammirazione ai suoi interventi. Non sono monarchico però e forse questo rende ancor più efficace il sentimento di grande ammirazione che ho provato, in questi giorni, per chi il valore della Monarchia lo vive e lo pratica da sempre. La morte della Regina Elisabetta II è stata vissuta con profonda commozione e con una partecipazione straordinaria, globale, paragonabile a quella che si avverte soltanto in occasione della dipartita di un Papa. Il cerimoniale che ha portato al compimento della sepoltura, forse eccessivo nei tempi e nelle modalità, ha messo in luce un legame non soltanto alla persona ma soprattutto ad un sistema a noi (non monarchici appunto) quasi del tutto sconosciuto. Non è servilismo al potere, neanche interesse di parte e non è etichetta di maniera. La partecipazione alla morte della sovrana è stata pura simbiosi con le proprie radici, la storia e il passato. Un riconoscersi in un simbolo, ancor prima che in una persona.

Tutto quello che manca ormai da tempo o che forse non è mai esistito, nel nostro Paese, che da decenni mostra un analogo attaccamento solo alle poltrone del potere, alle prebende, agli interessi di parte. Da un lato Elisabetta, piccola grande donna che ha inglobato in se stessa un intero regno fatto di passioni, sentimenti e anche divisioni. Dall’altro tanti piccoli vassalli, menestrelli della politica, figuri pittoreschi che oscillano tra una dichiarazione roboante e un rinnegare se stessi e le proprie idee. Ecco dunque che le elezioni che ci apprestiamo a vivere, il 25 settembre, rischiano di essere le più anonime, monotone e forse anche poco determinanti degli ultimi trent’anni. Mancano politici in grado di rappresentare la gente, quelli che c’erano sono morti o sono fuori dai giochi. In gioco ci sono cantastorie più o meno convincenti, con qualche idea condivisibile che, però, spesso viene espressa in maniera arrogante, provocatoria, violenta. Attraverso frasi offensive, degne di un manipolo di tifosotti dopo un derby finito male. Una campagna elettorale che, ancora una volta, si è contraddistinta per le accuse reciproche, più che per l’affermazione dei propri principi. Non è colpa di Letta, di Salvini, della Meloni, di Conte o di Di Maio. Non sono loro i responsabili della sfiducia degli italiani. E’ il sistema che non funziona più, la comunicazione, il modo in cui la politica si offre agli italiani e le strategie che adotta per fronteggiare i loro disagi, i problemi e i drammi quotidiani. Il 25 settembre rischia di trasformarsi in una Caporetto per tanti. Gli elettori, che una volta erano incazzati neri, preoccupati, delusi, ora sono semplicemente stanchi, anche di partecipare ad un carrozzone che non entusiasma più e di una politica al collasso, un sistema ormai quasi morto, molto più di quanto non sia, per il Regno Unito, il ricordo di Elisabetta. 

DIRETTORE “SCRIVONAPOLI”

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