LE OPINIONI

IL COMMENTO La rivincita etica del popolo AGAIN campione d’Italia

DI BENEDETTO MANNA

Il titolo dicampioni d’Italia è per la quarta volta del Calcio Napoli. L’evento non si presta ad essere derubricato dalla cronaca come solo avvenimento sportivo per il verdetto finale del nostro campionato di calcio 2024 – 25. Per il titolo conquistato a Napoli,diventa inevitabile non poter non dare delle letture interpretative a seconda dei diversi livelli cercati di approfondimento. Sarà opportuno cogliere, tra quelle non proprio scontate, quelle che riguardano la forte rappresentatività della città di Napoli, tanto da attribuirle in più di una occasione il titolo di CAPITALE DEL NOSTRO SUD. Per chi volesse stigmatizzare come pura retorica e demagogia il tentativo di accostare la vittoria conquistata a una forma di riscatto e rivalsa dell’intero popolo napoletano, gli va ricordato, in presenza di tale sospetto, che parlando di Napoli e del suo popolo si ha un confronto con una realtà storica presente da ben 2500 anni, che difficilmente si potrebbe riscontrare parimenti all’anagrafe di uncerto “popolo giudicante”. Non a caso, per rimanere in tema sportivo, le prime olimpiadi nel mondo occidentale si sono svolte a Neapolis (la città più greca d’occidente), per volontà dell’imperatore Augusto nel 2 d. C. con l’istituzione dei Giochi Isolimpici Romani Augusti (SEBASTA’ ISOLYMPIA).

Lo scrittore Curzio Malaparte disse “Napoli è la più misteriosa città d’Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo”. Lo stesso Pier Paolo Pasolini nelle “Lettere luterane”, opera pubblicata postuma nel 1976, ove si rivolge all’ipotetico Gennariello, scrisse:[…] Sono rimasti gli stessi napoletani di tutta la storia. E questo per me è molto importante, anche se so che posso essere sospettato, per questo, delle cose più terribili, fino ad apparire un traditore, un reietto, un poco di buono. Ma cosa vuoi farci, preferisco la povertà dei napoletani al benessere della repubblica italiana, preferisco l’ignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica italiana, preferisco le scenette, sia pure naturalistiche, cui si può ancora assistere nei bassi napoletani, alle scenette della televisione della repubblica italiana […]. Il giornalista, scrittore Antonio Ghirelli riportò in” La Napoletanità” ed. 1976, la conversazione con il poeta, scrittore Pasolini durante le riprese del “Decameron”, che disse:[…] Napoli è una tribù che ha deciso di non arrendersi alla cosiddetta modernità, e questo suo rifiuto è sacrosanto. La vecchia tribù dei napoletani, nei suoi vichi, nelle sue piazzette nere e rosa, continua come se nulla fosse successo a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze, a fare le proprie guappesche prepotenze, a servire, a comandare, a lamentarsi, a ridere, a gridare, a sfottere; nel frattempo, e per i trasferimenti in altri quartieri (per esempio il quartiere Traiano) e per il diffondersi di un certo irrisorio benessere (era fatale), tale tribù sta diventando altra. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno; quando non ci saranno più, saranno altri (non saranno dei napoletani trasformati). I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili[…].

Orbene queste citazioni, se pur datate, rispecchiano pari pari l’unicità e autenticità di un popolo rimasto sia nei secoli passati, nonostante le diverse dominazioni vissute, sia nell’oggi, in epoca di globalizzazione e in ultimo di overturism, sempre fedele a sé stesso, nel bene e nel male, pronto a reagire alle lusinghe delle Sirene, sorelle di Parthenope che, approdando esanime sugli scogli dell’isolotto di Megaride (Castel dell’Ovo), immolò l’originedella città millenaria nel segno delle sue contraddizioni, a partire dalla sua fondazione fatta “con amore” e “per amore”,per AFFERMARE OSTINATAMENTE A TUTTI I COSTI LA SUA “FORMA DI VITA”, nonostante il susseguirsi dei cambiamenti inevitabili. Una forma di vita, che non è generica, ma che viene plasmata nell’antichità, in particolare nella GRECIA ANTICA, da dove discendono i napoletani del 475 a. C. (da qui le celebrazioni di quest’anno per i 2500 anni della città),che diedero vita alla Napoli greca di influenza ateniese, determinante per lo sviluppo della città, contribuendo alla sua crescita economica, al suo ruolo politico e alla sua identità culturale.Caratteristica della civiltà ellenistica non a caso è proprio quella di aver pensato ad UN’ETICA CHE DI FATTO È UN’ESTETICA DELL’ESISTENZA. Secondo i Greci la vita giusta e buona, la vita esemplare, quella che merita di essere tramandata come esempio di vita è una vita bella. Che cos’è una vita bella? Per gli antichi la vita bella è una vita che non si limita ad obbedire a questa o quella regola di vita, che non si limita a seguire il cammino tracciato da questa o quella convenzione, che non si adagia nella conformità a questo o quel modello sociale, professionale, politico, ecc.…Al contrario, È BELLA LA VITA DI CHI CERCA DI SOTTRARSI ALLA CONVENZIONE PER DARSI UNA PROPRIA FORMA. La vita bella non obbedisce a una regola ma ricerca una forma, uno stile, e lo fa seguendo una TECNICA DI VITA. Allo stesso modo in cui un’opera d’arte si differenzia da una semplice realizzazione artigianale per il proprio stile originale, per la propria particolare forma. Non si tratta di considerazioni estetizzanti ma precisamente di pensare alla possibilità di sottrarre la propria vita all’insieme di dispositivi di controllo e di dominio per riappropriarsene imprimendovi una propria vita, forma di vita. In tal senso “LA TRIBÙ NAPOLETANA”, interiorizzata in modo indissolubile e inossidabile nel tempo la sua genesi,caratterizza una “forma di vita” fatta di una mescolanza di anarchia e di autarchia, popolare, astorica, che le ha permesso e le consente tuttora (fino a quando esiste, come sottolinea il poeta) di sottrarsi, resistere agli SCENARI DI SEDUZIONE DELLE “SIRENE” DEGLI ANTICHI E NUOVI POTERI, che oggi pervicacemente non intendono limitarsi “a cambiare storicamente un tipo di uomo: ma l’umanità stessa” come ebbe a dire Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi interventi.Sono ormai agli occhi di tutti in modo evidentecome il susseguirsi di eventi sempre più drammatici (“la terza guerra mondiale a pezzi”, catastrofi ambientali, ecc.) stanno mettendo a dura prova la pacifica e civile convivenza umana nel mondo,come già preavvertì allarmato il poeta scrittore, per il rischio concreto di cadere senza via di scampo in una perdita di senso pertutto ciò che appartiene alla sfera umana.

I NAPOLETANI OGGI SONO UNA GRANDE TRIBÙ, che vive nel ventre di una grande città di mare la sua sfida tra la capacità di sottrarsi al dominio della norma e la possibilità di pensare un’altra forma di vita, un ‘altra cultura,alla RICERCA DI UN SAPERE DIVERSO, ASTORICO E POPOLARE. Consapevole di sottrarsi al movimento della storia, si preserva la possibilità stessa di darsi una FORMA DI VITA, fatta, come suddetto, di una MESCOLANZA DI ANARCHIA ED AUTARCHIA, resistendo e scontrandosi con quella imperante consumistica. Questa tribù ha deciso di rischiare di estinguersi, rifiutando il potere, ossia la storia, la modernità. SE NON FOSSE COSÌ NON AVREBBE LA VITALITÀ E PRESTIGIO CHE LA CARATTERIZZA. In altre parole, potrà succedere di tutto, ma a Napoli nessuno si sentirà di rinnegare la FIGURA DI PULCINELLA, l’incarnazione, per così dire, del suo concetto di inoperosità, fondamento della sua proposta di una forma di vita resistente e riuscita. Non a caso la FIGURA DI DIEGO ARMANDO MARADONA è entrata nel cuore vivo della città, tanto da assurgere a nuovo culto, se pur pagano, di tutti i napoletani. Viene trascesa la sua figura di genio indiscusso calcistico,per assumere simbolicamente la rappresentazione simbolica diuna volontà resiliente di rivincita e riscattoper un intero popolo nella sua “forma di vita” quotidiana (anarchica ed autarchica) nei confronti di un potere che vuole contendersi, con le sue armi di seduzione, la sua millenaria cultura popolare.Per la sua INDIFFERENZA per tutto ciò da cui resiste da tempo immemore, NAPOLI RIMANE IRRIDUCIBILE, sebbene anche in epoca attuale, ove le culture popolari sono sempre più sotto scacco e stravolte (tralasciando di fare citazioni,per pietas in senso classico), non è dettoche lo “tsunami storico”non possa raggiungere “l’isolamento” dell’universo popolare napoletano. Come si può allora non continuare a pensare di tutelare i geni di tale storica progenie sotto le ali protettrici della Sirena Parthenope, che,pur approdando in modo tragico sul luogo che diede vita alla città, la plasmò nell’anima, nei sentimenti, facendone un centro vivo, pulsante, sensibile e sensitivo, misterioso, nella “forma” in suo nome, legato proprio al suo controverso destino di amore (Parthenope in greco significa Vergine)? Le forme di gioia, di vitalità che si sono espresse con la vittoria del Napoli, sono testimonianze che rimangono indelebilinella memoria per un’UMANITÀ CHE NON VUOLE SOCCOMBERE e che sa provare sentimenti forti, come quelli vissuti nella notte di venerdì 23 maggio 2025,di autentico entusiasmo “esplosivo”. AGAIN NAPOLI!

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