LE OPINIONI

IL COMMENTO La sindrome delle occasioni perdute

DI GIUSEPPE LUONGO

Si tratta di un fenomeno psicologico diffuso in aree di elevato pregio ambientale e storico in tempi di crisi, quando si percepisce chiaramente la catena di errori prodotti dalla propria comunità. Per abbandonare l’analisi di carattere antropologico ed economico ed entrare nel merito, possiamo scegliere gli eventi che hanno investito ed investono territori a me cari, famosi nel mondo. La riflessione che andrò a sviluppare nasce da un articolo di Raffaele Bonanni, noto e impegnato sindacalista che ha guidato uno dei Sindacati Nazionali, apparso sul quotidiano Il Golfo nel numero del 10 marzo 2025. La mia analisi non si limita alle problematiche riferite all’isola d’Ischia, le estendo al Vesuvio e ai Campi Flegrei. Tre aree con caratteristiche ambientali e culture del tutto simili, con interazioni talora profonde. Bonanni ricorda le potenzialità di Ischia per la risorsa geotermica, mai oggetto di un progetto per la sua utilizzazione. In verità sia Ischia che i Campi Flegrei sono stati più volte oggetto di ricerche per lo sfruttamento di tale risorsa, fin dai tempi dell’autarchia, seguendo l’esempio di Larderello. Il Vesuvio non entrava in questo progetto, in quanto vulcano attivo fino al 1944, e, per di più non presentava segnali promettenti per la geotermia come le altre due aree.

Le indagini saranno riprese negli anni ’50 con perforazioni nell’isola d’Ischia e nei Campi Flegrei, ma senza la fase della produzione. Un ulteriore intervento sarà effettuato dalla Joint-Venture ENEL-AGIP nei Campi Flegrei e al Vesuvio per la crisi petrolifera con la guerra del Kippur nel 1973. Chi scrive questa nota ha partecipato a progetti di ricerca nel settore della geotermia sia ai Campi Flegrei che in altre aree di vulcanismo attivo in Africa e Sud America. In Italia abbiamo sviluppato tecniche per il monitoraggio degli effetti sul territorio della esplorazione e della coltivazione dei campi geotermici, come i terremoti indotti dalla stimolazione dei pozzi e la subsidenza per l’estrazione dei fluidi. Il nostro modello era il campo geotermico di Larderello. Con la crisi del Bradisismo del 1982-84 le indagini geotermiche ebbero un rallentamento, fino alla sospensione definitiva con la chiusura della crisi petrolifera. Dopo 40 anni, ecco emergere la tesi della occasione perduta per la mancata produzione di energia geotermica a Ischia. Purtroppo, abbiamo la memoria corta dimenticando che in questi anni l’opinione pubblica si è opposta alla realizzazione di progetti nel settore geotermico sia ai Campi Flegrei che a Ischia, temendo catastrofi illustrate anche da ricercatori del settore. Lo stesso sindaco di Napoli, On. Iervolino, temeva gli effetti della realizzazione di un sondaggio profondo nell’area dell’Italsider, con finalità di ricerca sia nel settore del rischio vulcanico che in quello geotermico e si oppose alla sua realizzazione. Non siamo riusciti a sviluppare un confronto civile tra esperti e comunità locale per verificare costi e benefici di un tale tipo di indagine. Non vado oltre per carità di patria. La ricerca, diceva qualcuno, non è democratica; non ha ragione la maggioranza bensì la prova scientifica dell’attendibilità della bontà della proposta.

A Ischia vi è un’altra tematica che emerge come occasione persa, dopo più di sette anni dal terremoto di Casamicciola. Un gruppo di persone colte si interroga sul perché non sia stata presa in considerazione la proposta, di chi scrive questa nota, sulla realizzazione di un Parco Scientifico Naturalistico e delle Acque nella parte alta di Casamicciola, epicentro del sisma. La risposta, temo che sia nota anche a chi ha posto questo interrogativo, è drammaticamente semplice; il progetto del Parco poteva finalizzare uno sviluppo sostenibile per l’Isola che avrebbe ostacolato altri progetti, in fieri, di ricostruzione di antica fattura. Questa filosofia ha avuto il sopravvento anche perché la comunità maggiormente attenta agli sviluppi dei processi politici ed economici nell’Isola non ha elaborato una sua ipotesi, attendendo gli eventi. Non si è voluto la delocalizzazione dall’area più pericolosa, ma si sta procedendo ad una delocalizzazione a macchia di leopardo senza una visione urbanistica razionale. Non si è voluto un Centro di Ricerca sui terremoti, ma si ipotizza un centro di ricerca sul mare al Pio Monte, dimenticando, forse, che al Porto d’Ischia esiste il Laboratorio del Bentos della Stazione Zoologica Anton Dohrn. Non si è voluto il Parco delle Acque che emergono da Piazza Bagni a La Rita, ma si dibatte sulla crisi del termalismo nell’Isola e ci si rammarica del tempo perduto e dei successi di altre SPA in Italia. Questo scenario che preoccupa gli ischitani ha molti responsabili e non sarà facile superare la crisi senza un deciso impegno della comunità.

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