LE OPINIONI

IL COMMENTO La vera emergenza del paese: tornare a scuola in presenza

DI MARIO SIRONI

Siamo arrivati al termine dell’anno scolastico 2019/20. Un anno che sicuramente sarà segnato negli annali di storia e le cui conseguenze nessuno, pur sforzandosi di avanzare ipotesi scientifiche o fantasiose, riesce a prevedere con un certo margine di precisione.

L’unica certezza è che manca un piano strategico per ricominciare diversamente e in sicurezza. Siamo a circa tre mesi dalla riapertura; il cd. Decreto Rilancio ci impone tempi stretti per investire le cifre erogate alle scuole di ogni ordine e grado per le Misure per sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza dell’anno scolastico 2020-2021; ebbene manca, ad oggi, un piano strategico, una visione chiara delle azioni da intraprendere per ricominciare. Sappiamo soltanto che dobbiamo ricominciare e riaprire in “sicurezza”; ma non abbiamo ancora nessuna indicazione precisa, misurabile, scientificamente sperimentata per garantire la sicurezza al personale, agli alunni, all’utenza, in generale.

L’emergenza di una didattica in presenza

Mascherine, distanza sociale, sanificanti, gel disinfettanti, guanti sì e guanti no. La procedure di acquisto sono chiare e ormai una ruotine per una scuola, anche per la meno “attrezzata” nelle procedure amministrative. La priorità, tuttavia, rimane la ripresa di una relazione “da vicino”, l’inclusione in presenza dei Nostri alunni, grandi e piccoli, improvvisamente – e senz’altro traumaticamente – strappati alla scuola, quella delle aule con spazio fisico in cui muoversi, litigare, abbracciarsi, condividere la merenda, affiggere disegni, cartelloni, provare a fare manufatti più o meno riusciti. La scuola dei laboratori di lingua, di informatica, di musica, delle palestre, dei giardini con l’erba, degli spazi con i giocattoli, delle biblioteche, dei musei, della didattica laboratoriale, esperenziale e dinamica (ci sono voluti anni di scontro e confronto per raggiungerla).

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Non si intende, in questa sede, fare un’analisi dettagliata delle modalità di una didattica d’emergenza – la cosiddetta Didattica a distanza – che pure è stata al centro di una discussione spesso emotiva e non sempre corretta, equilibrata: è spesso mancata l’analisi puntuale, sincera, autentica delle criticità di quella che era l’unica modalità possibile di comunicazione “educativo-didattica” con gli alunni.

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E’ tempo di ritornare a scuola.

Non c’è dubbio: bisogna tornare in quel luogo in cui non solo si costruiscono conoscenze e competenze, ma quel luogo dove avviene quel rapporto educativo che è il tratto che distingue la specie umana dalle altre specie animali. Credo che bisognerà ragionare a lungo ed in profondità –sulle conseguenze emotive che hanno subito i bambini, i ragazzi, gli adolescenti obbligati ad una separatezza dal mondo della relazione umana.

Tuttavia, non bisogna tornare come se nulla fosse successo ma con la consapevolezza che questa fase di confinamento e di eccezionale distanziamento ha fatto emergere con più forza la necessità di un grande, poderoso investimento sull’istruzione pubblica (oltre che su quello della sanità, i cd. Servizi). L’investimento dovrà riguardare il personale, gli spazi, i tempi e le modalità di relazione tra lo spazio istituzionale della scuola e l’aula didattica allargata, su cui si intrattiene il pedagogista F. Frabboni.

In pochi mesi, i docenti hanno dovuto autoformarsi e autoaggiornarsi su competenze digitali che non tutti, precedentemente, avevano avuto la voglia e/o l’opportunità di acquisire. Ebbene, tale esperienza, la Dad per intenderci, ha senz’altro spinto il “sistema” scuola ad approfondire il tema della costruzione di una competenza digitale come base di nuove forme di cittadinanza e di porre con forza la necessità di un’infrastruttura digitale pubblica e a disposizione di tutti. Il digitale come “pari opportunità” e non per segnare le differenze socioculturali.

Così come è da consolidare la costruzione degli spazi di apprendimento virtuali come spazi di innovazione metodologica per superare la tradizionale lezione frontale e valorizzare, paradossalmente, la possibilità di sviluppare la didattica asincrona attraverso l’uso degli spazi aperti della didattica digitale.

Ci sarà, poi, il tempo per approfondire opportunità e rischi di una vera didattica digitale.

Una nuova forma di collaborazione in vista di un nuovo Patto di corresponsabilità

Sicuramente grande è stata la generosità dei docenti, l’impegno degli alunni ed il sacrificio imposto alle famiglie per tenere in vita una relazione spesso solo d’aiuto e conforto con il proprio gruppo classe, con il gruppo docente, con il ”corpo” vivo della scuola, in alcuni contesti territoriali, l’unico vero punto di riferimento solido, certo, il solo modello positivo per esistenze “a rischio”.

E non possiamo tacere che la didattica d’emergenza/a distanza ha approfondito la difficoltà di tenere dentro i processi educativi proprio quegli alunni che necessitano di una forte e salda relazione umana come prima motivazione per avviare il processo di apprendimento.

Né è possibile tacere che troppo spesso il carico di lavoro aggiuntivo nel “coordinare” a casa le attività didattiche, è ricaduto proprio sulle figure femminili che si sono dovute sobbarcare questo ennesimo gravoso compito.

La scuola di domani è già oggi.

Tale obiettivo, “tornare a scuola” è già oggi. Se l’obiettivo è tornare tutti a scuola, è necessario che questa finalità sia condivisa da tutta la comunità scolastica, dalle famiglie, dagli operatori economici, dai decisori politici ai diversi livelli, locali e nazionali.

Anche sul nostro territorio è necessario “tornare tutti a scuola” e non possiamo far finta che i problemi non ci siano. Ci sono, ci saranno problemi di spazi, di tempi, di servizi, di coordinamento delle diverse responsabilità. Nessuno potrà tirarsene fuori, perché nessuno è estraneo al problema scuola, poiché nessuno è estraneo al problema del futuro di un territorio, di una comunità, di un paese e la scuola è il luogo dove si costruisce il futuro. Il diritto all’istruzione è un diritto da tutelare costituzionalmente.

L’esperienza dell’IPS “V. Telese”

L’Istituto Professionale di Stato Vincenzo Telese sia per rispondere all’urgenza di spazi (lo spazio è “sicurezza”) ma soprattutto per ridefinirsi e collocarsi come “scuola del territorio”, ha da tempo adottato strategie che, in qualche modo, prevedessero uso innovativo di luoghi, spazi, aule, ambienti esterni e interni sempre nel confronto collaborativo con gli interlocutori esterni che danno il proprio contributo migliorativo dell’istituzione stessa.

Abbiamo attivato la piattaforma istituzionale per la creazione di ambienti digitali di apprendimento, fornendo a tutti gli alunni ed alle famiglie le modalità di accesso e garantendo il massimo sforzo possibile per colmare le pure grandi difficoltà che ci sono state.

In questi mesi, con grande generosità i docenti, insieme agli alunni e spesso col conforto delle famiglie, hanno tenuto viva una comunità che ha scoperto ragioni profonde del proprio stare insieme. Ci sono state sicuramente delle ombre ma anche tante splendide luci e siamo già impegnati da subito a ragionare sulle prospettive per il domani che è già oggi a bussare alle nostre porte.

Ma non possiamo essere lasciati soli. Abbiamo posto con grande determinazione il problema di coinvolgere tutti per trovare le soluzioni per i problemi che si presentano all’orizzonte ed in modo particolare per soddisfare il bisogno di spazi. Per il momento c’è solo il silenzio e purtroppo tace anche tanta parte del mondo della scuola che pure condivide gli stessi problemi.

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