LE OPINIONI

IL COMMENTO L’ambiente e quella crisi che non si può più negare

DI ANTIMO PUCA

Negare sempre. Soprattutto davanti all’evidenza. C’è ancora chi nega l’esistenza e la gravità della crisi climatica. Basta che le temperature tornino per un po’ alle medie stagionali per dimenticare i mesi di siccità e i ghiacciai che cedono, le ondate di calore che ci hanno tolto il sonno per settimane e gli incendi sempre più frequenti. I negazionisti sono meno numerosi di un tempo perché le prove sono diventate difficili da ignorare. Ma continuano a inquinare il dibattito, sono funzionali al business as usual e alla naturale tentazione di procrastinare. Le risposte psicologiche ai cambiamenti climatici vengono studiate da anni, per sbrogliare la matassa di fattori che congiurano per farci sbagliare.

– Età: molti giovani sono consapevoli che toccherà a loro pagare il conto delle vecchie generazioni. Ma per gli adulti è difficile ammettere di aver pensato, consumato, votato male. E soprattutto è difficile cambiare. 

– Appartenenze politiche: più si è liberisti, più si è allergici a interventi normativi forti, più si è portati a sminuire. 

– Tranelli cognitivi e pensiero corto: è più facile scattare davanti a rischi immediati che a quelli di lungo periodo, (prima del clima c’è la pandemia, la guerra, la crisi economica, le elezioni e molto altro ancora).

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– La tragedia dei Beni Comuni. Tutti dobbiamo rinunciare a qualcosa: l’aereo quando si potrebbe andare in treno; le troppe bistecche; le maniche corte in inverno e il condizionatore a palla in estate. “Ma perché devo cominciare io se gli altri continuano a comportarsi male.” Per accendere lo sdegno degli over 40 servirebbe un NOI-CONTRO-LORO, un nemico riconoscibile che confermi gli schemi identitari su cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma chi, in questo caso? È così che sbadigliamo e sudiamo davanti all’apocalisse, per citare gli psicologi Cameron Brick and Sander Van Der Linden. Ma fino a quando, con gli eventi meteo estremi destinati a crescere di anno in anno?

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Kim Stanley Robinson

La risposta non ce l’ha nessuno. Comunque, speriamo che si sbagli Kim Stanley Robinson, autore di “Il Ministero Per Il Futuro”. In questo romanzo la biosfera è ormai al collasso e oltre alle normali reazioni, (dolore, tristezza, rabbia, panico, vergogna, senso di colpa), se ne sviluppano di patologiche, soprattutto tra i potenti. La Sindrome della maschera della morte rossa, battezzata così da un racconto di Poe, consiste nell’ isolarsi in luoghi privilegiati e annegare la paura nei lussi e nell’indifferenza. La Götterdämmerung syndrome, invece, ricorda Wagner. È tipica dei dittatori che preferiscono distruggere il mondo piuttosto che dichiararsi sconfitti. In questo caso significherebbe perseverare con politiche climalteranti per non ammettere i gravi errori del passato. Le evidenze della crisi ambientale sono ormai solidissime anche se è difficile ammettere di aver pensato, consumato, votato male. Il meccanismo dell’indignazione non scatta perché non sappiamo con chi prendercela e c’è sempre qualche preoccupazione più immediata che scala la lista delle priorità pubbliche e private.

La Regina Elisanetta II

Ma qualcosa di piccolo si può ancora fare. Come sempre, provare a orientarci in un terreno particolarmente accidentato. Il clima richiede la nostra capacità di gestire una quantità di dati enorme e di evitare trappole seducenti. Possiamo darci degli obiettivi piccoli che comunque è meglio di niente. Perché altrimenti rischiamo di voler salvare il mondo per poi rassegnarci subito davanti all’obiettivo irrealizzabile. Possiamo imparare a proteggerci dai cattivi argomenti e dalle promesse di soluzioni facili e che non costano niente. Forse l’unica cosa che non possiamo davvero fare più è fare finta che non abbiamo alcuna responsabilità e continuare a rimandare nella speranza strafottente che siano gli altri ad occuparsene.

Alla conferenza Onu sul clima tenutasi a Glasgow, 1 novembre 2021, la regina Elisabetta ha esortato: “Non è più il tempo delle parole, ma il tempo dell’azione” per affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. Ha invitato i leader a “elevarsi oltre la politica spicciola” e dar prova di qualità da “veri statisti” per dare un futuro “più sicuro e stabile” al pianeta. “Nessuno vive per sempre”, ha ricordato, ma occorre pensare “ai figli, ai nipoti”, alle generazioni che verranno.

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