LE OPINIONI

IL COMMENTO L’anima degli ischitani

In un articolo apparso sabato su Repubblica Napoli dal titolo “L’anima di Ischia nel suo castello” di Davide Vargas si capisce la pochezza di dove la nostra società è arrivata. Vi invito a leggere con estrema attenzione questo servizio giornalistico.

Vi accorgerete che dallo stesso traspare tutto quello che per secoli gli ischitani hanno avuto nel più profondo del loro essere. Quella parola magica chiamata bellezza. Dalla quale, tra l’altro, è dipeso da sempre il senso della vita della popolazione isolana. Come è stato possibile in meno di 50 anni ridurci alle bassezze messe in evidenza negli ultimi tempi?

Se si analizzano i comportamenti della classe dirigente di quest’isola ti accorgi della differenza di vita morale, culturale del decennio del 40 e l’attuale momento. Allora, uscendo da una guerra, si aprirono davanti praterie di speranze e sogni per un futuro diverso, migliore e prospero. Ora invece, dopo tanti anni di pace e benessere, riscontriamo un volto della nostra terra decisamente diverso e che mai avremmo immaginato di dover vedere. Siamo arrivati al punto di duellare gli uni contro gli altri per accaparrarci un po’ del benessere rimasto che – peraltro – diminuisce giorno per giorno. Non riusciamo più neanche a ragionare e studiare per tentare di salvare il salvabile. Una classe amministrativa che ha messo le mani sul malloppo rimanente e che con tutti i mezzi tenta di non mollarlo.

Stiamo assistendo – e lo facciamo impotenti – all’incapacità di riorganizzare l’isola. La faida delle elezioni a Lacco Ameno ne è l’espressione più evidente, senza sottovalutare la boria di alcuni sindaci che pensano di essere in grado da soli di risolvere problemi che non sono in grado nemmeno soltanto di provare ad affrontare per mancanza di cultura, di capacità e attitudine al comando e di senso di responsabilità. “Padreterni” di una mediocrità che capiscono di avere come compagna. L’anima degli isolani che ci arriva, come dice Davide Vargas, attraverso la bellezza, riuscirà a venir fuori per dare una speranza ai nostri figli e nipoti? Quando? Credo che non è mai troppo tardi. L’interrogativo, in fondo, vuol essere anche una sfida.

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