IL COMMENTO Le insegne che disturbano Castello e Soccorso: illegali!

Una parte della popolazione ischitana sembra essere più avanti degli amministratori comunali. Questa parte sensibile della cittadinanza si è ribellata all’installazione di insegne pubblicitarie con la scritta “ISCHIA” o “FORIO” (con cuoricino, come il leit motiv di San Remo) che costituiscono un pugno e un oltraggio nella visualità del Castello Aragonese e della Chiesa del Soccorso. Il commento più secco ed efficace fatto per entrambi i casi è: “Ma Ischia e Forio hanno bisogno di essere ricordate da un’insegna?”. Come se le icone del Castello e del Soccorso non fossero da soli sufficienti ad evocare la bellezza storica, religiosa, paesaggistica dei due Comuni. Per quanto riguarda il Comune d’Ischia mi sento di dire che Ejarque, che ha elaborato lo slogan “Ischia, benessere mediterraneo” non ha alcuna responsabilità in questa improvvida decisione, che va invece attribuita esclusivamente ad una struttura turistica operativa messa in piedi più per sistemare qualcuno che dare intelligente esecuzione al progetto Ejarque. Forio è un’altra storia: l’Amministrazione comunale di Stani Verde non ha digerito l’iniziativa solitaria di Enzo Ferrandino di affidare ad un esperto di marketing territoriale un progetto di rilancio turistico. E così sfida Ischia, la surclassa nell’imbastire eventi, ma finisce col copiarne le iniziative più sbagliate, come appunto la scritta pubblicitaria del Comune piazzata nel posto più compromissorio possibile. Hai voglia di organizzare eventi culturali alla Colombaia di Visconti, esteta per eccellenza, se poi non si applica uguale sensibilità estetica nel resto del paese. Se la sinistra foriana, presente in amministrazione, si illude di trincerarsi nella Torre d’avorio della Colombaia, lasciando il resto del campo turistico culturale a chi procede in senso inverso, camminando sul campo culturale come gli elefanti sui cristalli, sbaglia di grosso. Due cavalli che vanno in direzioni opposte non trainano la carrozza ma la fanno ribaltare.
Ma la cosa più grave di queste installazioni è che sono illegali! E l’Associazione CO.RI.VERDE, di cui faccio parte, annuncia che presenterà un esposto alla Soprintendenza, non interpellata dai Comuni e che dovrà imporre la disinstallazione delle due inutili brutture. Non so se per arroganza o per ignoranza, i due Comuni non hanno chiesto l’autorizzazione alla Soprintendenza. Cosa obbligatoria, trattandosi di interventi su aree pubbliche di centri storici. Basta leggere la sentenza n. 31763 del 2020 della Cassazione, sezione penale, Presidente Rosi Elisabetta. Il punto 1.3 di tale sentenza, che CO.RI.VERDE allegherà al ricorso alla Soprintendenza, dice: “Le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera G, dell’art.10 del Dlgs 42 del 2004, sono qualificabili come beni culturali indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli artt. 12 e 13 del Codice. Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi da considerare beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela di cui alla parte II del Codice fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art. 12”. Al comma 1.4 recita: “Ai sensi dell’art. 21 comma 4 l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su tali beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. L’esecuzione di opere di qualunque genere su tali beni culturali, in assenza di autorizzazione, è pertanto punita ex art. 169 del Dlgs 42/2004 ( arresto fino a 12 mesi e ammenda fino a 38.000 euro). Naturalmente, non solo la Corte di Cassazione, ma anche la Corte Costituzionale ha affermato gli stessi principi ( sentenza 262/2021). La sentenza penale della Corte di Cassazione cita anche un “costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (Tar) nel senso che abbiamo descritto e che la Corte di Cassazione condivide. Ora, non si dica che non compete ai cittadini e alle Associazioni fare denunce. Nella situazione di ignoranza, indifferenza, insensibilità estetica ed etica in cui si trovano attualmente i pubblici poteri, i cittadini non hanno altra via che mettere coraggiosamente in campo faccia e penna per chiedere giustizia, ragione e sentimento. Già “sentimento”. Ma se le leggi si possono imparare abbastanza agevolmente, se l’istruzione amministrativa e legale si può apprendere e affinare in tempi ragionevoli, resta la difficoltà di educarsi ai sentimenti, processo più lungo e complesso.
Ha scritto il filosofo Umberto Galimberti, parlando di scuola: “I sentimenti non li abbiamo per natura, ma per cultura. I sentimenti s’imparano. Fin dall’origine dei tempi, le prime comunità, attraverso narrazioni, miti e riti, insegnavano la differenza tra il puro e l’impuro, tra il sacro e il profano (io aggiungo < tra il bello e il brutto>). Certo, aggiunge Galimberti, oggi non possiamo più contare sui miti, ma sulla letteratura sì, sull’arte, sulla storia. Casamicciola ha pensato un’iniziativa interessante (Magna Graecia Hellenic) ispirata agli influssi dei primi insediamenti greci nella nostra isola. Ma ne abbiamo fatto buon uso? Abbiamo introiettato qualcosa di questa grande civiltà? Abbiamo ereditato un pizzico di quella cultura? O la forza del denaro e dell’arricchimento ha smorzato ogni anelito di bellezza e affinamento dei gusti? Abbiamo mille motivi per essere scettici sulla possibilità di ravvedimento di tutti gli organi pubblici competenti; sarà difficile che abbandonino la strada del deturpamento e compromissione del “bello”. Tuttavia non possiamo spegnere ogni fiammella di speranza. Se c’è stata reazione di una significativa parte della cittadinanza alle installazioni di “insegne” che non insegnano, bensì diseducano, vuol dire che c’è ancora una possibilità, una chance. Alimentiamola! Ho fiducia in Mariano Nuzzo, Soprintendente, che ha scritto una serie di interessanti articoli su Repubblica, tra cui uno in particolare mira a stringere il rapporto tra stampa e Soprintendenza, ritenendo che è fondamentale una costante comunicazione e interazione tra collettività e organi deputati alla protezione e conservazione attiva delle bellezze naturali,storiche, artistiche. E’ per questo che chiameremo in causa la Soprintendenza!