LE OPINIONI

IL COMMENTO L’isola e l’euforia da sold out

DI LUIGI DELLA MONICA

Nei giorni scorsi la linea editoriale del nostro giornale ha dichiarato che il ponte del 2 giugno è stato sensazionale in termini di presenze turistiche, sempre sulla scorta dei dati della Capitaneria di Porto e sulla visione delle strade, dei luoghi interessati, dalla vita concreta nei vicoli dell’isola. Le interviste dei media televisivi a passanti o a piccoli commercianti sono nel segno dell’ottimismo e della visione positiva per l’avvenire. Queste circostanze mi impongono di essere una voce nel coro, per cui non dovrei discostarmi di una virgola. Nessuno fraintenda che io sia un gufo contro la ripresa dell’isola, ma ho la memoria troppo limpida, ferma al ferragosto del 2017, data in cui la gente disperata mi chiedeva se potessi aiutarli a trovare alloggio per soggiornare a Ischia, fino poi al tragico sisma. La realtà è che queste interviste, data la struttura macroeconomica dell’isola si dovevano udire già a far data dal mese di aprile, durante le festività pasquali e condurre gli operatori all’overbooking sino a settembre inoltrato ed anche ottobre, con una breve pausa al ponte dei morti e salvo riprendere nel dicembre natalizio. Un vecchio adagio ci ricorda che un solo gallo non fa giorno, ma gli ischitani proprio non vogliono capire che calpestano una miniera di platino a cielo aperto ed a mare aperto.

Sto seguendo con entusiasmo le videointerviste al pescatore professionista Schiano, il quale sta spiegando alla comunità l’importanza dell’ecosistema submarino. Mi duole pensarlo e rifletterci ma non importa a nessuno, come non importa della posidonia, delle tartarughe marine e delle foche monache. Ribadisco che questi elementi naturali potrebbero essere fonte di ricchezza ed amenità per gli operatori locali, ma di protetto nell’area marina “Regno di Nettuno” ci sta solo la carta geografica, perché l’Ente e la Capitaneria di Porto e le altre Autorità Marittime non hanno mezzi nautici, personale e risorse adeguate a respingere i flussi barbari dei natanti da Terracina a Salerno, queste sono normalmente le mete di partenza delle minicrociere del basso Tirreno verso Ischia. A ciò si aggiunge l’utenza residente, per cui gli specchi acquei praticabili sottocosta diventano disagevoli, ma nella mente di alcuni si deve tollerare, perché “addà passà a’ stagion”. Recentemente vi è stata una polemica sulle tariffe portuali, in cui non entro, perché si tratta del merito di dinamiche politiche e dell’efficiente gestione patrimoniale degli Enti Locali, ma il costo di fruizione delle infrastrutture marittime in Italia, come sull’isola, aumenta esponenzialmente ed esclude sempre di più persone dal reddito chiaro ed intellegibile. Per carità non intendo asserire, me ne guarderei bene, che l’avventore del mare di Ischia sia una persona opaca, ma leggendo le tariffe, i costi dell’ormeggio per periodi lunghi o brevi, il noleggio delle imbarcazioni a tempo determinato, sembra di parlare di cifre a cinque zeri come acqua fresca. Viceversa siamo in un mondo che ragione sulle quattro cifre al massimo, visto l’abbassamento dei redditi medio-piccoli.

Esiste una isteria collettiva degli isolani ad essere felici per la massa, per l’invasione, come se si accettasse in nome del dio denaro l’aggressione al territorio per 90-120 giorni e poi la pace oziosa per il resto dell’anno. Non si riflette su flussi lineari, prevedibili e morigerati. Sold out=felicità, ottimismo, benessere, per cui gli ottimisti devono sconfiggere i pessimisti. Certo che non voglio inserirmi in questi ultimi, ma è inevitabile ritenere che insistere sulla felicità economica al cospetto di ingressi quantitativamente massivi è un imperativo categorico che deve accantonarsi come un retaggio del vecchio sistema, che relegherei nel periodo ante terremoto. Viceversa se l’ottimismo deve giungere al punto di bendarsi gli occhi, per non cambiare ed innovare verso la direzione della destagionalizzazione, articolando le presenze su 10-11 mesi dell’intero anno, allora dovrò inchinarmi alla dittatura della maggioranza. Leggevo progetti di “turtle watching” sul litorale toscano da far rabbrividire i più insensibili, in matria di monitoraggio della nidificazione e sulla riabilitazione di esemplari feriti o malati, in cui sono coinvolte diverse organizzazioni, tra cui LegambienteWWF ItaliatartAmareParco Maremma, e ARPAT. Cosa è quest’ultima sigla? Parco Nazionale Arcipelago Toscano, che ad Ischia, non s’ha da fare! Si badi bene che non scrivo da ambientalista radical in cerca consensi accattivanti, ma da cittadino incazzato che non vuole più vedere il proprio ecosistema vilipeso e massacrato dalla indifferenza prima dei politici, verso cui è facile scagliarsi in senso astratto, ma in concreto degli operatori del mare stesso, fatta eccezione per il lodevole pescatore Schiano, che se ne infischiano della salvaguardia del senso civico e della protezione del mare e della terra. Se noi adulti non diamo esempio, i ragazzi men che meno lo seguiranno.

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Un commento

  1. Più che “l’aggressione al territorio per 90-120 giorni e poi la pace oziosa per il resto dell’anno” noi ischitani, a parte alcune lodevoli eccezioni, vorremmo lavorare il mese di agosto e poi oziare per gli altri undici.
    Sold-out assume un nuovo significato: non più ‘tutto esaurito’ ma ‘soldi-fuori’, ‘só fernut e’sold’: una clientela non spendente, che si fitta uno scooter per due soldi e scorrazza per l’isola creando solo caos. O i soliti proprietari di seconde case che vengono a godersi l’isola e si preparano uno spaghetto nella propria abitazione: niente guadagno per le attività ricettive, forse un gelato o un caffè al bar da dividere in due o tre persone.
    Quelli che una volta venivano ad Ischia ora vanno a Sorrento o sulla costiera amalfitana, dove trovano quell’atmosfera caratteristica che da noi non c’è più.

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