IL COMMENTO L’isola, il voto e la sua importanza
DI LUIGI DELLA MONICA
L’altra mattina nell’ascoltare la usuale ed amara cronaca di guerra russo-ucraina sono stato colpito dalla citazione di un parere della Suprema Corte degli U.S.A., Soltanto una stampa libera e senza lacciuoli può svelare efficacemente l’inganno del governo”: 30 giugno 1971 giudice Hugo Black, per cui i media sono considerati servitori della cittadinanza in via diretta ed immediata e non veicolata dal regime vigente e\o di opposizione. Mi sono ripetuto a voce alta, con me stesso, il mio compito è sensibilizzare le coscienze dei lettori, al fine di consentire loro, senza sovrastrutture, eufemismi, tecniche di stile, di capire fino in fondo il valore forte ed incisivo della libertà di voto: direi quasi il profumo in antitesi a quanto diceva il Giudice Borsellino, quando concettualizzava il “puzzo del compromesso morale”. In pratica il significato intrinseco di bellezza della libertà non è mai stato così forte, come in questo periodo storico nella imminenza delle votazioni del 12 giugno prossimo. Improvvisamente, ci accorgiamo che quello che era un sogno per i nostri nonni e soprattutto nonne “votare” diventa un gustoso privilegio, da accarezzare ed apprezzare, in tempi di guerra. Eppure questo gesto così semplice ed elementare (porre una scheda in uno scatolone) può sembrare anche un gioco per i bambini che osservano i genitori chiudersi nella cabina, dove nessuno deve scorgere il proprio atto di scrittura della preferenza.
Questo gioco di democrazia non è poi così banale e naturale in Russia, che ha segnato il passo involutivo del potere a vita del “suo” capo di Stato, quale antitetico restauratore del vetero imperialismo sovietico, che i visionari benefattori dell’umanità il Segretario di Stato americano Schultz e quello sovietico, di origini georgiane – come lo stesso Stalin – Schevarnadze avevano abbattuto nel segno della pace e della convivenza dei popoli. Questo momento ludico, che il Grande Maestro Carlo Verdone ha iconizzato nel suo film del 1981 – Bianco, Rosso e Verdone – in Afganistan ci ha riproposto il regime sanguinario e dittatoriale dei talebani, che hanno segregato le donne dalla società, torturato, incarcerato ed ucciso i propri oppositori, finanziandosi con il commercio degli oppiacei. Il voto è una estrinsecazione di libertà di cui noi cittadini aventi diritto dobbiamo tornare ad innamorarcene, perché la risposta al cambiamento viene sempre e solo dalle urne. Se i cinque referendum abrogativi ci chiamano ad esprimere una valutazione di merito sul contenuto di queste leggi ritenute inadeguate alla crescita sociale, siamo tenuti ad esprimerci. Allo stesso modo come accadde per il naufragato referendum del Comune Unico di Ischia: non si parla a sproposito della presunta parcellizzazione della gestione pubblica isolana, dell’asserito clientelismo intercomunale, se non si è andati a votare liberamente, in senso positivo o negativo.
Osservando la campagna elettorale isolana di alcuni amici, nel reperimento di voti a livello locale, ho assistito a risposte del tipo: “Non ti posso votare, perché sono legato a questa persona che mi ha aiutato”. In pratica, siamo ad una sorta di coercizione invisibile, un vassallaggio ideologico, per cui non si riflette sulla possibile inidoneità del candidato a ricoprire una carica od un’altra, ma ci sofferma sull’opportunismo, ovvero sul clientelismo. A tal proposito, sarei avido di conoscere il pensiero del compianto Lello Pilato, ma ahimè non può squillare il mio telefono. Non sto cascando dal pero, ma in stretta connessione con i referendum sulla incandidabilità dei condannati e sulle questioni della Magistratura, si rileva una divergenza fortissima fra i bisogni della gente comune ed i progetti dei politici eletti, proprio perché la prima, quale mandante della fiducia elettorale, non controlla più rigorosamente a chi stia dando il voto, oppure si astiene acriticamente con gretto agnosticismo.
In questo contesto lacunoso, in tale omissione di amore del cittadino per la cosa pubblica, si sono fatti strada alcuni personaggi equivoci che hanno giustificato la “Legge Severino”, che per la prima volta nella storia costituzionale repubblicana ha previsto una retroattività della norma penale, per il caso Berlusconi. Non sono filo berlusconiano, ma nel segno della frase di Sandro Pertini “mi batterò perché tu possa avere e professare una idea diversa dalla mia” rivendico la necessità di riequilibrare e ponderare la potestà legislativa in armonia con il potere esecutivo e quello giudiziario. Se è vero che i Governi si alternano da oltre 15 anni per chiamata di esperti e di tecnici di settore cosiddetti esterni, se la Magistratura transita e fuoriesce in politica attiva, ciò è colpa dell’astensionismo dal voto che impedisce la formazione di una classe politica, forte, rappresentativa, consapevole ed autorevole. Sull’isola ho udito in bocca a dei ragazzi: “Dove ti avvii se non hai la raccomandazione”. Effettivamente nel mio vocabolario queste aberrazioni le ho vissute, soprattutto nei mega concorsoni per 100 posti e 10.000 candidati, ma si trattava di pensieri alieni, determinati da persone di età avanzata; posso dire che i giovani del mio tempo erano illusi che con il merito tutto si potesse cambiare e conquistare.
A questo serve il voto: esercitare la democrazia con la voce silenziosa delle persone oneste. L’omesso controllo, l’apatia, la rassegnazione fanno proliferare il potere dei procacciatori di voti, che sulla nostra isola fanno un mestiere normale e trasparente, ma che in molte aree della terraferma si trasformano in bulli di quartiere, in rastrellatori di preferenze, in scambiatori di voti… Questo cordolo bisogna spezzare: l’indifferenza verso chi possa contribuire al cambiamento, premiandolo con un voto di merito e non di calcolo clientelare; porre fine al “puzzo del compromesso morale”, che non dista anni luce dalla nostra isola. Ischia è area economico sociale privilegiata, per le sue condizioni geomorfologiche, pur se disagiata dalla insularità, ma non è impermeabile alle dinamiche perniciose della terraferma, che possono trasformare il voto in business e non in occasione libertà. La storia ci insegna che gli schiavi hanno combattuto per secoli, allo scopo di essere affrancati, ma non votando oggi si rischia di porre una piccola tessela del mosaico che ha stabilito per noi il “nostro” padrone, a cui ci leghiamo consapevolmente e benignamente, non per coercizione fisica e morale, ma per scelta di comodo. Soltanto con il voto si cambia la società e si ammonisce il c.d. “blocco orientale”, che ha inteso affermare che odia gli occidentali, che il miglior modello di vita progredita e benefica è quello della libertà, la facoltà in scienza e coscienza di un rappresentante istituzionale che possa con il merito della sua preparazione culturale migliorare le condizioni di vita della collettività. Sogno o utopia, ma i sogni prima o poi diventano realtà.