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Bottiglieri: «Nuovi mercati per invertire il trend»

Di Francesco Ferrandino

ISCHIA. L’incerta partenza della stagione turistica, ma anche i ponti gettati con la Cina e con la Russia, senza dimenticare gli Stati Uniti. Il presidente dell’Ascom Ischia, Marco Bottiglieri, fa il punto sulla situazione del commercio e dell’industria del turismo isolana. Le criticità ci sono, ma non mancano diversi motivi di ottimismo.

Negli ultimi un numero sempre maggiore di strutture commerciali ha chiuso i battenti. E’ un trend che si sta confermando, oppure l’emorragia si è almeno fermata?

«Credo la tendenza purtroppo non si fermerà a breve. Fra l’altro la stagione 2016 finora non è stata propizia, e qui mi riferisco anche al settore turistico. Le condizioni meteo avverse in questa primavera hanno fatto sì che si possa quasi dire che la stagione turistica non sia nemmeno iniziata».

Secondo Lei, c’è da preoccuparsi per l’afflusso di capitali dalla terraferma? Si ha la sensazione che un settore strategico come il commercio, e in generale l’economia locale, non sia più  gestita dagli ischitani…

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«Gli investitori extraisolani sono i benvenuti, a patto che portino concorrenza leale e contribuiscano al miglioramento del commercio isolano. Il punto è che finora a Ischia non si sono ancora visti imprenditori di un certo livello. Anche per questo ci stiamo rivolgendo a mercati esteri, America compresa. In questa ottica va visto l’arrivo a Ischia della delegazione cinese nei giorni scorsi».

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Ischia si  è infatti lanciata sul mercato cinese. È una strategia capace di costituire una efficace panacea ai mali del nostro turismo? Secondo Lei potranno esserci effettivi riscontri positivi dai rapporti con l’Estremo Oriente?

«Abbiamo incontrato alcuni politici e imprenditori cinesi, non soltanto per creare favorevoli condizioni al turismo, ma anche per invogliare nuovi investimenti sull’isola. Il problema di Ischia, in fondo, non è la quantità delle presenze garantita dai flussi turistici, che è comunque buona. Il fatto è che il 70% dei visitatori è costituito da italiani, mentre solo il restante 30% viene dall’estero, al contrario di ciò che avviene a Sorrento o Positano, che beneficiano di un turismo più internazionale. Il nostro punto debole è costituito dal fatto che non sappiamo promuovere Ischia adeguatamente. I componenti della delegazione cinese hanno detto che Ischia è forse la più bella località che abbiano visitato in Italia, ma che finora non ne avevano mai conosciuto l’esistenza: esempio chiaro della mancanza di promozione di cui soffriamo. Sull’isola parliamo tanto delle nostre straordinarie peculiarità, ma facciamo ben poco per trasmetterle e comunicarle al mondo. Io continuo a rimanere in contatto con Zhu Yuhua, senatore della Repubblica popolare Cinese e presidente dell’associazione Cina-Italia di Shanghai, personaggio molto influente che fra l’altro farà da “cicerone” ai sindaci italiani che tra pochi giorni andranno in visita a Pechino, tra cui anche il sindaco di Ischia. Una visita “reciproca” che rinsalderà i rapporti: lo stesso senatore Zhu tornerà a Ischia per i festival del cinema, promuovendo in Cina la nostra isola nel  “momento” migliore della stagione. Stiamo quindi gettando le basi per una continuità di rapporti tra Ischia e il mercato cinese».

Il mercato russo sembra invece in crisi. Ci sono segnali di ripresa per la stagione 2016?

«Siamo stati in Russia, abbiamo tenuto una conferenza stampa con i giornalisti e tour operator: qualche segnale positivo lo abbiamo avuto. Ci sarà infatti un volo in più da San Pietroburgo, che dovrebbe quindi facilitare i flussi turistici. Ma ancor più importante è stata una sorta di benevolo avvertimento che ci hanno lanciato, dicendoci che in Italia dobbiamo essere più attenti alle dinamiche recenti del mercato turistico. Infatti il mercato russo dovrà adesso muoversi verso nuove direzioni, dal momento che tanti che finora si recavano in Turchia, in Egitto, in Marocco, per varie ragioni ora cambieranno meta, e noi in Italia dovremo essere abili a intercettare questo inedito flusso, invogliando i turisti russi a sceglierci. Un altro “rimprovero” che ci è stato mosso riguarda l’eccessiva lentezza burocratica dell’Italia nella procedura di rilascio dei visti. La Grecia sotto questo profilo è stata molto più sollecita, risolvendo il problema snellendo le pratiche e triplicando il numero dei visti emessi. Tuttavia in Russia abbiamo comunque riscontrato un fortissimo interesse verso Ischia, trovando degli interlocutori che conoscevano bene vari aspetti della nostra isola. L’anno scorso perdemmo il 40% del flusso turistico russo, anche se fu una congiuntura che riguardava tutta l’Italia e anche l’Europa, non solo Ischia. Ecco, sarebbe già molto importante cominciare a recuperare quel 40% perduto. Resta comunque la necessità di agganciarci ad altri mercati».

Quali altri mercati sono nel “mirino”?

«Sicuramente quello americano. Stiamo cercando di riallacciare i rapporti con la città di Los Angeles, dove abbiamo la possibilità di poterci muovere attraverso il canale delle fiere del turismo. Essendo gemellati con la cittadina californiana, la nostra partecipazione alle fiere losangeline sarebbe del tutto gratuita, senza costi d’entrata da sostenere. A luglio, inoltre, ospiteremo qui a Ischia parte del consiglio comunale di Los Angeles. Ovviamente, anche in questo caso, il segreto è dare un seguito alle iniziative, ottenere una maggior continuità nei rapporti con mercati e istituzioni».

Esiste tuttora una inveterata discrasia tra commercianti e alberghi. Le strutture ricettive abbassano i prezzi, un espediente che nel breve periodo permette loro di sopravvivere, ma che arreca pesantissimi danni al resto del sistema. Sono stati lanciati molti appelli per dire basta al low cost. Sono rimasti solo mere intenzioni, oppure qualcosa si sta muovendo?

«Molti vorrebbero portare il flusso di visitatori dai tre milioni e mezzo fino a cinque milioni. Io invece dico: portiamolo a tre milioni, ma che sia un flusso di qualità. Attualmente, coi prezzi bassissimi delle strutture alberghiere, arriva un tipo di turismo che approfittando dell’occasione poi non lascia nulla al territorio, creando al contempo molto caos sull’isola, che già soffre degli atavici problemi di traffico e di sovraffollamento, elementi che rovinano la permanenza anche al resto dei turisti di un certo livello che comunque scelgono Ischia, nonostante tutto. Quindi sarei favorevole a un turismo meno “affollato”, ma di qualità più elevata, predisponendo prezzi giusti uniti a una permanenza sicuramente più gradevole. Lo ripeto: dobbiamo imparare a venderci bene, le risorse le abbiamo. Il guaio è che i vari appelli contro la politica del low cost, non hanno ancora avuto nessun reale seguito. Anche gli albergatori più convinti della necessità di dire basta ai prezzi stracciati, al momento decisivo si lasciano poi trascinare dalla maggioranza. Purtroppo la congiuntura di questo inizio anno dà anche ragione a chi continua a puntare sul low cost: l’intera Europa sta attraversando una crisi abbastanza generalizzata a livello commerciale, come spesa rispetto al 2015 siamo al 20% in meno. È come dire che la stagione 2016 parte non da zero, ma da meno 20: una corsa già gravata dall’handicap. La città che soffre di più è Parigi, anche in conseguenza degli eventi terroristici dello scorso inverno».

Ha fatto molto discutere negli ultimi tempi la pubblicità posta a copertura del pontile 1 a Ischia Porto dove si pubblicizzava l’outlet di Caserta in tutte le lingue, in pratica invitando ogni turista che sbarcava a Ischia ad andare a spendere fuori dall’isola. Non le pare una manovra pesantemente autolesionista? Perché l’Ascom non si è mossa con un’iniziativa ufficiale insieme alle amministrazioni isolane?

«Guardi, l’outlet è una struttura che ovunque fa parte del turismo. Spesso i turisti convergono in località dove è presente anche l’outlet. A volte lo chiedono esplicitamente. Ricordo che anche alcuni turisti americani mi chiesero se a Ischia ci fosse un punto vendita del genere. In virtù di questa tendenza, alcuni anni fa io riunii una decina di commercianti rappresentativi dell’isola, per istituire insieme un outlet ischitano dove poter vendere le nostre rimanenze. Ma anche in questa occasione, quando si è trattato di concretizzare l’iniziativa, non se ne è fatto più nulla. Eppure, ogni anno ci si lamenta che i turisti vengono poi portati all’outlet di Caserta. Se però i visitatori chiedono esplicitamente ai tour operator di poter essere condotti presso tali strutture, noi non possiamo andare contro gli operatori: fa parte del loro lavoro individuare un punto vendita per soddisfare le richieste dei clienti. Se un gruppo di turisti russi anziché visitare il Castello Aragonese, vuole andare a spendere all’outlet di Caserta, non è certo colpa dei tour operator. Per quanto riguarda la pubblicità sul porto, l’Ascom si è mossa immediatamente, incontrando proprio il signor Giacometti, titolare degli spazi pubblicitari sul porto. Il giorno dopo che si erano levate le polemiche per l’apposizione della pubblicità, Giacometti è venuto a scusarsi perché non credeva di arrecare danno ai commercianti ischitani, anche se d’altra parte quello è il suo lavoro: vendere uno spazio pubblicitario. Se nessuno lo acquista, è naturale che egli poi possa cederlo anche a chi pubblicizza un outlet lontano da Ischia, e comunque dopo pochi giorni Giacometti ha eliminato quello striscione, anche se noi commercianti non siamo stati in grado di subentrare, come avevamo promesso. Anche in questo caso, si parla tanto, ma al momento di agire non c’è sufficiente concretezza. Tuttavia, non rinunciamo a lanciare proposte costruttive, come quella che stiamo per indirizzare al Comune di Ischia».

Può illustrarci questa nuova proposta?

«Stiamo preparando un documento da presentare all’Amministrazione per invogliare gli esercizi commerciali ma ovviamente anche gli alberghi a rimanere aperti per almeno dieci mesi all’anno tramite degli incentivi fiscali. Non ci inventiamo nulla, è una prassi consolidata in altre località turistiche. Gli incentivi vanno dati a chi si dimostra attento al territorio, a chi apporta investimenti migliorativi nella propria azienda, e ovviamente a chi rimane aperto per più tempo, con importanti ricadute sull’economia e sull’occupazione».

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