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«L’isola è più povera, anche le istituzioni hanno fallito» 

ISCHIA. “Aumenta la povertà anche sull’isola di Ischia”. È un fiume in piena don Carlo Candido, parroco della Chiesa dello Spirito Santo di Ischia Ponte. “Ma non intendo solo la povertà ‘materiale’. C’è tanto ancora”, incalza il parroco. “C’è un aumento della povertà. Perché come povertà non dobbiamo intendere solo la mancanza della ‘pagnotta’. Ci sono tante nuove forme di povertà. Penso, ad esempio, alla piaga del gioco d’azzardo che sta portando sul lastrico tante famiglie. Si tratta di una povertà che, a sua volta, genera povertà. È il caso di un giocatore d’azzardo che, inevitabilmente, porta alla distruzione tutta la sua famiglia”, ci spiega il parroco. Don Carlo conosce da vicino la realtà dei ludopatici. Nella sua parrocchia, infatti, c’è un centro di giocatori anonimi. Circa una decina di persone si riuniscono settimanalmente (ogni martedì alle 20) per un percorso comune contro la ludopatia, la dipendenza patologica dal gioco d’azzardo. Un gruppo anche per i familiari dei giocatori che “vivono un dramma nel dramma”.  “Ma i più poveri sono i giovani che consumano sempre di più alcol e droghe”, dice Don Carlo. E continuando: “Una volta al mese faccio l’esperienza ‘Luce nella notte’ portando la Parola di Dio tra i giovani fino alle tre di notte e spesso mi capita di incontrare ragazzi che bevono sempre più facilmente bevande alcoliche e fanno consumo di droghe”. “E non solo”, continua. “I nostri ragazzi vivono come delle masse anonime. Sono in mezzo a tanti, ma si sentono soli perché hanno tante ferite sotto l’aspetto affettivo. Definisco gli adolescenti ed i ragazzi come “Figli orfani di padri vivi”. 

È dura come espressione, ma rende bene il dramma dei nostri giovani. Ce ne sono tanti, troppi che sopravvivono in assenza della famiglia ed in particolare dei papà. E questo genera anche delle dubbie identità. Il Padreterno ci ha fatto perfetti con un padre e con una madre. E quando i ragazzi si ritrovano soli, senza punti di riferimento, emergono le fragilità, le debolezze e le perversioni”. La riflessione di don Carlo è dura. “La verità è che noi come adulti abbiamo fallito perché non siamo credibili. Per questo i giovani sono i nuovi poveri. Per arginare questa povertà dobbiamo recuperare il senso della famiglia. Un rinnovamento può partire solo dalla famiglia che resta il nucleo fondamentale della società. È nella natura della vita. E quando si fanno scelte contro natura, la natura si ribella. Ciò che è contro natura torna indietro. E per ridare speranza ai nostri giovani e renderli più ‘ricchi’ dobbiamo ripartire dall’essenza della vita: la famiglia. Intendo quella tradizionale, ovvero quella dove ci sono una mamma ed un papà”. 

Secondo don Carlo la povertà dei giovani nasce “dall’assenza della famiglia. Una povertà che crea ferite affettive. Spesso mi trovo davanti ad una generazione, quella dei più giovani, che si pone delle domande vere ma ha risposte false dato che le cerca nei posti sbagliati. Si tratta di ragazzi che hanno dei vuoti devastanti”. E sui rimedi: “Noi come Chiesa cerchiamo di essere presenti, ma siamo una goccia in mezzo al mare. Consapevoli che anche l’oceano è composto da tante gocce. Le Istituzioni, invece, hanno fallito. Spesso non per mancanza di volontà ma per colpa della burocrazia o per la mancanza di mezzi. Capita, infatti, che siano proprio le Istituzioni a chiedere il nostro intervento”. E chiosa don Carlo: “La povertà c’è ed è anche tanta. Ma per fortuna c’è anche la carità che è ciò che ci consente di arginare questi fenomeni”. 

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