LE OPINIONI

IL COMMENTO Ma che ce vo?

Nonostante Ischia stia attraversando una delle più difficili fasi della sua storia, colpita da calamità disastrose, che richiederebbero il massimo di coesione sociale e una decisa inversione del modello di sviluppo fin qui perseguito (sviluppo senza progresso), nonostante ciò, serpeggia – nel tessuto economico sociale – una strenua volontà di difesa del pregresso, una tentazione di remare contro ogni tentativo di innovazione e di difendere uno status quo che si è dimostrato fallimentare. Capita così che, rispetto alla considerazione che Ischia appare “vecchia” agli occhi dei turisti; rispetto alla constatazione che il termalismo, così come viene gestito, con l’attenzione rivolta solo agli aspetti tradizionali di cura e riabilitazione, trascurando la moderna tendenza a un “benessere” che includa gli aspetti estetici, psicologici, di well-being olistico, la reazione di alcuni medici termalisti è di difesa ad oltranza delle attuali strutture termali e del Pil da esse prodotto. A nulla vale l’indagine statistica di Renato Mannheimer, a nulla vale lo studio di Ejarque per il Progetto di rilancio turistico del Comune d’Ischia. E c’è di più, parlando con alcuni imprenditori locali di vari settori, emerge un loro giudizio di condanna di ogni tentativo di tentare un salto di qualità, rispetto all’attuale capacità progettuale, amministrativa e imprenditoriale, ricorrendo ad intelligenze e competenze esogene. Così si sente affermare, con enorme superficialità: “Ma che ce vò ?” per dire che non è necessario che ci sia un Commissario straordinario, come Legnini, per la ricostruzione di Casamicciola, che non è necessario chiamare esperti europei di Destination e marketing turistico, come Ejarque, perché – a loro dire – abbiamo in casa tutte le capacità che ci servono. Ma davvero? E come mai Ischia è turisticamente in stallo da anni? E come mai Ischia si è fatta trovare del tutto impreparata ad affrontare rischi ambientali e priva di Piani di Protezione Civile? Come mai ci siamo fatti assalire da un traffico intollerabile? E come mai impera un individualismo, uno scollamento sociale, un campanilismo esasperato? E come mai non è arrivato nessun contributo di idee di ricostruzione dai massimi esponenti locali della politica? Tutto va bene, Madama la Marchesa, come cantava Nunzio Filogamo? No, non va bene! Non va bene affrontare la complessità del mondo moderno con gli strumenti e i metodi del passato. Non va bene l’insistenza del Comune di Forio a partecipare a Fiere specializzate del Turismo, come il CMT di Stoccarda.

Josep Ejarque

Tutto ciò è superato, non basta più portare la Banda di musica locale o la ‘Ndrezzata, nonostante l’ottimismo e l’entusiasmo del vice Sindaco Mario Savio e del delegato al Turismo Gianni Matarese. Quale idea di isola andiamo a propagandare, se l’idea di un modello moderno di isola turistica non ce l’abbiamo? Non va bene che la Regione Campania porti alla Stazione di Milano, oltre che l’immagine ridicola del Castello Aragonese capovolto, l’idea di un’isola “modello di resilienza”. Ovvero un inganno: nascondere la fragilità del territorio (che è un unicum nel bene come nel male) sotto il manto della “resilienza”; che è sì una resistenza alle avversità ma, nel contempo, dà l’idea di un’isola in stallo che, come Ercolino sempre in piedi, cerca di rialzarsi, rimanendo però sempre allo stesso posto, senza avanzare di un centimetro. No, non va bene affermare che in casa abbiamo tutte le intelligenze necessarie, quando poi – a livello imprenditoriale – si preferisce o gestire da solo, con eccesso di autostima o inserire nella gestione un figlio anziché un giovane manager, a prescindere dalle capacità ed esperienze che il figlio ha maturato (familismo aziendale). Non va bene che da un lato ci sia carenza di manodopera e dall’altro lo sfruttamento dei lavoratori., non comprendendo che la carenza di manodopera non dipende tanto dal reddito di cittadinanza quanto dal fatto che oggi i lavoratori e, in particolare i giovani, hanno acquisito consapevolezza dell’importanza del tempo libero, del rispetto degli orari di lavoro, della formazione; tutto ciò acuito dalla fase pandemica che ha spinto a riflettere sul senso del vivere.

La vecchia imprenditoria locale è ferma a concetti obsoleti. E’ necessario pertanto rimettersi al passo coi tempi. E’ necessario volare alto e non accontentarsi di mantenere le posizioni. Chi sta fermo, in realtà retrocede, in quanto la concorrenza va avanti. Insieme ad altri opinionisti de Il Golfo (Raffaeele Mirelli, Graziano Petrucci e Luigi Della Monica) abbiamo elaborato un documento di proposte per Ejarque e per il Sindaco d’Ischia. Tra queste proposte c’è anche l’idea che Ischia ha bisogno di diventare una Smart City, una città intelligente che sfrutti dispositivi intelligenti IoT (Internet of Things) per la raccolta ed interpretazione dei dati. Nelle città all’avanguardia gli aggiornamenti su mobilità e traffico arrivano in tempo reale via App. Sensori e lettori intelligenti rilevano e interpretano i flussi di traffico. Abbiamo citato il caso della città di Bologna, dove una grande impresa di servizi di livello europeo, Rekeep, unitamente all’Università di Bologna, ha implementato il Progetto Ippodamo. Il nome Ippodamo si riferisce a Ippodamo di Mileto, architetto e urbanista greco antico, forse il primo pianificatore della storia. Oltre alla rilevazione dei flussi di traffico, l’intelligenza artificiale può essere estesa alla sicurezza del territorio. (e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno) e alla sicurezza stradale (e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno).

E voglio citare un altro esempio virtuoso: il caso della Impresa ISMES (Gruppo Cesi) di Seriate (Bergamo), che si è specializzata nel monitoraggio e progettazione contro fragilità e dissesti. L’AD di ISMES, Domenico Villani, in un’intervista fattagli da Repubblica- Affari e Finanza, di lunedì scorso, proprio citando il caso della frana di Casamicciola, ha precisato che avvalendosi di 70 professionisti tra ingegneri e geologi, l’Ismes è in grado di monitorare, analizzare e interpretare una serie di dati acquisiti, anche con teleassistenza, al fine di rilevare fenomeni di cedimento del terreno e per attivare in tempo procedure di evacuazione della comunità. E citerò un altro esempio, che potrebbe risultare utile ai fini della problematica dello smaltimento a mare di materiali non nocivi per il ripascimento di un grande arenile tra Casamicciola e Lacco Ameno. Il Comune di Massa Lubrense (non da solo ma unito, con protocollo d’intesa, con Piano di Sorrento, Meta e Sant’Agnello) ha messo a punto un Progetto, in convenzione con il Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università Federico II di Napoli per un rafforzamento della scogliera a difesa dell’abitato e un avanzamento della spiaggia di 11 metri, nonché la ricostruzione di una spiaggia antistante la scogliera, di 70 metri di lunghezza e larga da 2 a 17 metri, Infine verrà rafforzata una linea di costa di 700 metri, previa disgaggio di rocce instabili e posizionamento di reti di acciaio inox con chiodi di 6 metri di lunghezza. Possiamo ancora dire “Ma che ce vò?” possiamo ancora permetterci di volare basso e ritenere inutile ogni tentativo di modernità e di pianificazione? Chi la pensa così, farebbe bene a mettersi da parte e lasciare lavorare chi propone soluzioni al passo coi tempi!

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Concordo: indietro tutta sulle “fiere”!
E comunque sarebbe meglio non illudersi sul fatto che purtroppo, già oggi l’isola non è più dell’isolano, e non lo è più già dagli anni ’70. I paesani se la sono svenduta un pezzo alla volta ai rumorosi vacanzieri di periferia e gitanti del weekend!
Prenderne atto, è il primo passo verso la soluzione, che inizia proprio dalla “scelta” oculata, di quale “straniero” mettere al timone, per dirigersi finalmente verso la riconquista di una bellezza del territorio, unica rotta in grado di condurre verso una ricchezza radicata e fruttuosa, anche per le generazioni future…

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