LE OPINIONI

IL COMMENTO Manuel diventi il simbolo di una nuova cultura stradale

Forse la psicosi da Covid, del tutto legittima e comprensibile e la pressione mediatica sull’allarme virus, che ha travolto gli italiani in questi anni, ha fatto passare in secondo piano un’altra emergenza, gravissima, che rappresenta una delle più alte cause di morte sul territorio nazionale. La sicurezza stradale e la periodicità degli incidenti, che portano via vite e speranze, soprattutto di ragazzi molto giovani. I drammatici fatti di cronaca, verificatisi in questi giorni sull’isola d’Ischia, riportano purtroppo, o forse sarebbe il caso di dire, per fortuna, l’attenzione di tutti, istituzioni comprese, sulla questione legata alla sicurezza stradale, al rispetto del codice, all’adeguamento delle strade e della segnaletica. 

Ad Ischia i ragazzi delle scuole, amici di Manuel il diciassettenne morto in seguito ad uno scontro tra il suo scooter e un’auto, guidata da un altro giovane appena 22enne, hanno deciso di scendere in campo, occupando i propri istituti in segno di protesta contro la pericolosità delle arterie isolane. 

Una reazione che si può capire, nata sull’onda del dolore, della rabbia e della voglia di sentirsi vicini all’amico che non c’è più. Quello che però dovrebbe scattare ora è un altro processo. Legato all’assunzione di responsabilità che questi ragazzi dovranno avere.

Manuel dovrà diventare, quindi, il simbolo di una riscossa, anche culturale, che dovrà coinvolgere tutti, dagli enti locali alle forze dell’ordine, dalle famiglie alla Chiesa ma che deve rappresentare un punto di riferimento reale soprattutto per i suoi stessi amici. Perché le strade possono essere anche pericolose e poco sorvegliate (e Ischia non brilla per sicurezza da questo punto di vista) e le manchevolezze di chi governa possono anche essere evidenti e sotto gli occhi di tutti. Resta però il dato più importante e inconfutabile. La sicurezza in auto o sulla moto dipende quasi esclusivamente da chi su quell’auto e su quella moto è alla guida, dunque da noi. La sensazione che si ha girando per le strade delle nostre città, invece, è che la maggior parte degli automobilisti si sentano in qualche modo immuni dal rischio incidente, laddove invece bisognerebbe considerarsi sempre parte in causa, non solo verso se stessi ma anche e soprattutto verso gli altri. Ritenere di essere un potenziale pericolo per chi ci è di fronte o di fianco, sarebbe un gran passo in avanti verso una maggiore protezione. Scaricare le colpe non è mai una buona pratica da seguire. Ecco perché le campagne di sensibilizzazione dovrebbero tendere a comunicare ai giovani, soprattutto, che nel momento un cui si sale a bordo di un’automobile, si prende possesso di uno strumento che può trasformarsi anche in un’arma letale e dunque da maneggiare con cura e attenzione massima. Ci ha provato in questi anni anche la Chiesa, soprattutto grazie all’ex cardinale di Napoli Crescenzio Sepe. Il suo ‘A Maronna t’accumpagna…ma chi guida sei tu!, promosso con la collaborazione dell’Aci, è diventato molto più che un semplice slogan. Sono piccole gocce di consapevolezza in un mare fatto, troppe volte, di ignoranza, strafottenza e inconcepibile senso di immortalità. 

Qualche anno fa Papa Francesco, in visita a Napoli, si rese anche lui testimonial di una campagna sulla sicurezza stradale indossando un casco da motociclista. Quella foto fece il giro del mondo ma quanto sia servita a convincere i teen agers, non è dato sapere. Quello di cui stiamo parlando, in effetti, resta un tema che richiama ad una questione di cultura, educazione e coscienza, prima ancora che di repressione e severità. La sicurezza stradale dovrebbe pertanto diventare uno stile di vita, una moda da diffondere e difendere, un qualcosa di cui vantarsi con gli amici e che faccia colpo sulle ragazze. Indossare il casco, mettere le cinture, rispettare i limiti di velocità, considerare l’auto come un tramite per il divertimento e non come un gioco fine a se stesso. Sono passi fondamentali da compiere. A quel punto sarà anche più credibile scendere in piazza, occupare scuole, sventolare vessilli e urlare contro chi ci governa.   

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