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Forio, dal Consiglio di Stato stop alle ruspe

Condono inevaso e travisamento dei fatti, così è stato deciso di annullare una demolizione all’ombra del Torrione che pareva inevitabile. L’appello è fondato per la mancata definizione dell’istanza di sanatoria

Errore in iudicando per omessa – insufficiente istruttoria basata solo sugli inidonei mezzi di prova costituiti dai rapporti della pg , travisamento dei fatti ed eccesso di potere giurisdizionale, anche per aver ordinato la demolizione in pendenza della domanda di condono, analogamente al vizio accolto in parte qua in prime cure. Cosi la sezione Sesta del Consiglio di Stato ha annullato la demolizione ordinata in danno di un immobile sito nel comune di Forio sul quale pendeva anche il giudizio del TAR che invece aveva confermato l’ordinanza di abbattimento sul complesso immobiliare per il quale i proprietari avevano presentato istanza di condono. E’ riuscito invece ad affermare le ragioni del privato cittadino l’avvocato Pasquale Pacifico  sul ricorso numero di registro generale 5650 del 2017 contro Comune Di Forio, non costituito in giudizio per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 123/2017, resa tra le parti. Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato il Cons. Davide Ponte. Nessuno è comparso per le parti costituite in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams”.

Con l’appello, l’avvocato Pacifico  impugnava la sentenza del Tar Campania, recante rigetto dell’originario gravame, al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza sindacale n.439 del 1998 di demolizione di manufatto abusivo. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, il legale ischitano, contestando le argomentazioni del Giudice di prime cure, ha formulato una serie di motivi di appello che hanno dato ragione al suo cliente ribaltando le sorti dell’immobile turrita destinato altrimenti alla demolizone. In particolare  come anticipatovi si legge agli atti: «error in iudicando per omessa e/o insufficiente istruttoria (invero basata solo sugli inidonei mezzi di prova costituiti dai rapporti della pg riassuntivamente indicati nell’ordinanza impugnata) per travisamento dei fatti ed eccesso di potere giurisdizionale, anche per aver ordinato la demolizione in pendenza della domanda di condono, analogamente al vizio accolto in parte qua in prime cure». L’amministrazione comunale appellata non si costituiva in giudizio.

IL COMUNE DOVEVA DEFINIRE IL CONDONO 

L’appello è fondato per la mancata previa definizione dell’istanza di condono pendente. In linea di fatto, è pacifico che l’odierna parte appellante ha presentato a suo tempo domanda di condono ex legge 724/1994 per opere realizzate sullo stesso bene (istanza di cui al prot. comunale n. 4039 in data 21.2.1995). Con l’ordinanza impugnata in prime cure il Comune ha ordinato la demolizione delle opere accertate, relative al medesimo immobile oggetto della domanda di condono. In particolare, l’opera contestata riguarda – sulla scorta degli unici elementi tecnici forniti in giudizio, stante la mancata costituzione di parte appellata – una mera sostituzione della vecchia copertura in lamiere zincate – già oggetto di istanza di condono edilizio – con un solaio latero cementizio, necessitato per motivi di adeguamento igienico-sanitario , a parità di volumi e senza aggravio di densità. L’opera contestata quindi, oltre a riguardare il medesimo immobile, ha ad oggetto la sostituzione di un elemento già nella stessa presente, peraltro logicamente, trattandosi della copertura del manufatto. «In linea di diritto, va ribadito il principio a mente del quale sono illegittimi gli ordini sanzionatori di demolizione di opere abusive emessi in pendenza del termine o in presenza della già avvenuta presentazione della istanza di condono edilizio (cfr. ex multis Consiglio di Stato , sez. VI , 15/01/2021 , n. 488)- scrivono i gidici- È pur vero che nel caso di specie le opere accertate e di cui è stata ingiunga la demolizione interessano una diversa copertura presumibilmente sostitutiva di quella oggetto della originaria domanda».

Peraltro, si evidenzia in sentenza «trattandosi di difformità sul medesimo immobile, in ogni caso occorreva preliminarmente, rispetto all’adozione del provvedimento sanzionatorio, la definizione del procedimento di condono, anche attraverso la verifica della non condonabilità proprio a cagione della realizzazione di lavori ulteriori rispetto a quanto posto a base delle istanze di sanatoria speciale. In proposito, come noto, la legislazione statale in materia di condono presuppone la permanenza dell’opera da condonare nel corso del procedimento di condono; in pendenza di tale procedimento, sono ammessi solo lavori di completamento dell’opera stessa, come risulta dalla chiara formulazione dell’ art. 35, comma 12, l. n. 47 del 1985 ; non è invece ammissibile la sua sostituzione con un nuovo manufatto, anche se identico dal punto di vista volumetrico, della sagoma e della superficie». Dai principi richiamati dalla corte emerge all’evidenza l’onere per il Comune della previa definizione delle domande di condono, attraverso l’applicazione della relativa disciplina peculiare, anche con riferimento ai lavori ulteriori: «All’esito di tale doverosa attività residueranno, in relazione alle opere in esame, gli obblighi di sanzione derivanti dalla ordinaria disciplina sulla vigilanza edilizia- scrivono i magistrati accogliendo il ricorso-

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Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, l’appello va accolto sotto il solo profilo predetto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado in tali sensi». Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF, i consiglieri Giordano Lamberti,  Raffaello Sestini, Ugo De Carlo e Davide Ponte, Consigliere, Estensore accolgono l’appello e  per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado. Spese del doppio grado di giudizio compensate. La sentenza dovrà essere eseguita dall’autorità amministrativa. 

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