LE OPINIONI

IL COMMENTO Pesach: nessuna sorpresa, nessuna Pasqua

DI RAFFAELE MIRELLI

Nessuna sorpresa. Nessuna Pasqua! Nessuna trasformazione, nessun “passaggio” come indica la parola pesach dall’ebraico. Non ci hanno risparmiati e questa riflessione – apparentemente slegata dal contesto politico – non affonda le sue radici in una mera “lamentela” o “litania” celebrativa.

Gli unici “passaggi” che possiamo percepire fino a questo momento, sono quelli definiti dal governo: quello inerente ai colori che designano il grado di emergenza regionaledi questo primo anno di pandemia e l’altro – a mio avviso ancora più significativo – legato al governo Draghi, in carica dal 13 febbraio. Il resoconto è necessario e va anche nella direzione emotiva. Verso quella dimensione umana che non sempre è fallace, come in molti vogliono pensare. E se il tempo scorre inesorabile, il nostro nuovo “capo di governo” non sembra aver preso in mano la situazione in modo appropriato: un giorno di governo in questa pandemia è pari a un mese, un anno intero e con grande rammarico bisogna ammettere che ci sentiamo abbandonati, senza aiuti, senza “ristori” e ristoranti. Un mese e mezzo di indifferenza causati da una genetica morale nazionale che non riconosce i propri cittadini. Siamo assopiti, fermi, non riusciamo a mettere in campo una reale strategia di ripresa che – proprio adesso – è indispensabile per tutti.

Si programmano chiusure su chiusure, oltrepassando il senso civico, che a questo punto non vale tanto. Fomentare la paura e non la progettazione, è stata l’unica alternativa possibile per un governo incapace, capriccioso, preda di un individualismo, di un’Italia che adesso è davvero poco “viva”.

Incolpare i cittadini per la diffusione di un virus non è mai stato un messaggio politico efficace e a distanza di un anno – tra le inutili “dirette”alla Barbara D’Urso sui social dei nostri esponenti politici – l’effetto è solo urticante, non ha presa politica, non è politico, non è istituzionale per niente. Non siamo educati bene all’uso di questi mezzi e le propagande individualiste determinano ormai la morte delle forze partitiche, delle comunitàche formavano un partito. I cittadini stessi sono attanagliati, manipolati e soggiogati dai social, dalla voglia di possedere questo mondo nelleproprie mani, con la sola forza dell’individualismo, dell’opinione. L’egoismo, la smania di protagonismo, sono le caratteristiche di un’era comandata dall’ego, dalla patologia dell’esposizione mediatica in ogni momento. Non esiste etica cittadina, non esiste etica politica, non esiste il riguardo e il rispetto per l’altro.Tutto ciò mette in risalto il ruolo del giornalismo mondiale – quello italiano in particolare – dove a fare notizia è la volontà di onnipotenza individuale, la corsa alla notorietà di molte personalità incapaci e concluse in sé stesse.

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È l’era dell’idiocrazia! Eppure, gli esempi virtuosi non mancano: l’Inghilterra è uno di questi. La maggior parte delle nazioni della comunità europea – però – sta capitolando. Non voglio così metter in discussione la grandezza nascosta di chi ci governa, non voglio mettere in discussione chi pensa aun miglioramento in atto dietro le quinte, ma i fatti parlano chiaro, sono espressione di una comunità ammutolita. Siamo senza voce. Gli effetti economici si iniziano a sentire e la maggior parte dei cittadini affonda nel disastro economico: le risorse scarseggiano, la povertà aumenta.

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Sarebbe stato auspicabile poter scrivere un editoriale di speranza pasquale, ma non è il caso. Nessuna sorpresa attende i più piccoli nelle uova pasquali e nessuna sorpresa attende noi cittadini per questa incresciosa situazione governativa. L’Europa chiama a raccolta i suoi cittadini e l’Italia quest’anno avrà poco da raccontare. Bella la candidatura al Nobel dei nostri operatori sanitari e dei nostri medici, ma sarà un piccolo “contentino” rispetto alla catastrofe economica, umana che lasciamo ai nostri figli. La pandemia avrebbe potuto accrescere il livello di condivisione se solol’avessimo attraversata consapevolmente – oltre la spinta individualista -,creando un’occasione per imparare a stare insieme davvero. Pensate ai grandiosi proclami fatti nei primi mesi, alla celebrazione della natura, del suo rigoglio nell’assenza di noi esseri umani. Quanto avremmo davvero potuto produrre intermini di logica ambientalista, anticapitalista per il futuro del nostro pianeta? Tanto, davvero tanto, ma siamo rimasti preda dei predatori.

Le meravigliose incongruenze dei decreti, le incredibili ripercussioni sul nostro tessuto sociale saranno immani e noi non lo vogliamo considerare. Non ancora. La soluzione c’è ed è a portata di mano:si chiama vaccino. Pensate alla drammaticità di questa situazione: quante persone dovranno cambiare vita, reinventarsi per andare avanti, per evitare il baratro economico, il tracolloe quante persone vedranno il proprio operato vanificato? Quante famiglie hanno già perso? Allora la resurrezione potrebbe davvero essere la metafora più giusta, ma più di questa la trasformazione, quella che vede ognuno di noi cambiare nel proprio modo d’essere,facendo diventare quell’Io, quell’Ego incontrollabile, quella chimera personale che non assicura futuro a nessuno, un “Noi”.

Non riconcorrere l’affermazione spietata di sé stessi è davvero rivoluzionario! La trasformazione più grande cui un essere umano è chiamato, risiede nel capovolgimento dell’Io al Noi. Impariamo a declinarci come dei verbi. Lo stesso che metaforicamente era in principio. Non siamo due volte gli stessi, non ci bagnamo due volte nella stessa acqua. Allo stesso modo non respiriamo due volte la stessa aria. Per essere chiari: nemmeno il nostro Io esiste due volte allo stesso modo, ma cambia. Quindi operiamo questo passaggio pasquale:smettiamola di rincorrere l’affermazione spietata di noi stessi sugli altri, perché – anche se lo facessimo – riscopriremo la solitudine di chi invece è chiamato avivere in una comunità. Non possiamo essere soli anche se lo volessimo, possiamo invece scegliere di “sentirci soli”.

È impossibile essere soli, nei sentimenti, nelle attività commerciali e la trasformazione dalla carne allo spirito implica questo cambiamento radicale. Diventiamo una comunità! Accogliamo le differenze di una pluralità che ci rende più forti, non deboli. Queste differenze sono frutto di una creazione tutta divina,tutta naturale. La parola “pesach” (Pasqua) viene a noi da un’altra cultura, l’abbiamo però accettata come un valore, l’abbiamo accolta e condivisa, fatta “nostra”. Ai miei concittadini lancio un appello: quanto tempo ancora dovrà passare, prima di potertoccare con mano una comunità vera, che trasformi l’isola in un’unica realtà politica, funzionale, e più audace?

Quanto tempo ancora dovranno i nostri figli lottare per le stesse inezie, per i propridiritti che – i nostri genitori ahimè – ci hanno insegnato a vedere come meri favori? Quanto la metafora cristiana è importante pertutti noi, credenti o meno, fedeli o meno? Se, però, non viene colta in questi termini, del cambiamento, del passaggio, dell’inclusione dello spirito e della carne, allora non ha senso di essere celebrata! La comunità per noi significa “comunità intera” non partitica, di parte. Ogni messaggio d’amore può essere laico e religioso allo stesso tempo, quando è universale.

Ogni persona viene al mondo grazie all’unione. E non vi preoccupate: nel “N-oi”, l’Io si nasconde, è solo capovolto. Così – però – vive anche un po’ per gli altri, senza sacrificarsi troppo. Buon cambiamento, buon “passaggio” a tutti!

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