LE OPINIONI

IL COMMENTO Post elezioni e problemi reali del paese

Il Sud, e la città di Napoli in particolare, non ha premiato elettoralmente il Governo e nemmeno la Meloni, in controtendenza rispetto al resto d’Italia. Qualche dato a supporto di quanto affermato: nel Mezzogiorno, il PD si è attestato al primo posto col 24,32%, superando FDI (23,58%), mentre la Lega si è fermata al 6,85% e Forza Italia, con un buon risultato, al 10,76%. Nella sola Regione Campania, il PD si attesta al primo posto con il 22,20% e FDI solo al terzo posto, dopo il M5S, con il 19,41%. Se consideriamo unicamente la città di Napoli, i dati sono ancora più rilevanti: il PD, al primo posto, raggiunge il 26,67%, FDI si ferma al 13,25%, superato da un M5S performante al 26,58%; Forza Italia e Lega non raggiungono, messi insieme, il 10%. Questi dati hanno fatto scrivere ad Enzo D’Errico, Direttore del Corriere del Mezzogiorno, che “Il Sud è un < altrove>. diverso dal resto del Paese, sfibrato dall’indifferenza ma, allo stesso tempo, pronto a scommettere su chi gli è rimasto accanto”. Non c’è dubbio che Meloni non abbia attecchito al Sud, in particolare a Napoli e Bari, per una scelta ritenuta esiziale per il Sud: l’autonomia differenziata. Scrive, a tal proposito, D’Errico: “Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, se approvato (e i numeri a disposizione sono schiaccianti) annienterebbe di fatto il concetto stesso di Nazione, tanto caro alla destra, per dar vita a una confederazione di granducati ai quali mancherebbe soltanto di battere moneta in proprio”. E uno dei migliori esperti italiani di Diritto Costituzionale, il napoletano Massimo Villone, su Repubblica di mercoledì 12 giugno, preso atto, con soddisfazione, della svolta del PD, con la Schlein, in senso di opposizione intransigente al Disegno AC 1665 Calderoli, sostiene che, anche se sarà approvata l’autonomia differenziata, all’opposizione spetterà comunque combattere duramente, in sede di intese del Governo con ogni singola Regione. Bisognerà saggiare la capacità e la volontà della Meloni e del Governo di non concedere troppo a questa o quella Regione, spogliando lo Stato di prerogative proprie e unitarie, ad evitare la costruzione di un Paese Arlecchino, dai colori e poteri differenziati.

Detto questo, per capire anche gli altri motivi per cui il Sud ha votato diversamente, bisogna aggiungere qualche altro elemento, apparentemente secondario e sfuggito agli analisti. Parlo di tre aspetti riguardanti la vita quotidiana dei cittadini: il caro prezzi, la crisi del commercio e la sanità. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il Governo, nell’immediato pre-elezioni, ha cercato di bluffare e ingannare l’utenza sbandierando un decreto che miracolosamente avrebbe tagliato le attese per visite ed interventi chirurgici. Tutti si erano convinti che nel caso la sanità pubblica non fosse stato in grado di dare risposte entro 60 gg., si sarebbe potuto far ricorso a qualunque struttura privata con i soldi dello Stato. Che le visite sarebbero state possibili in qualsiasi giorno della settimana (festivi compresi) e a qualunque ora. Peccato che mancava un particolare: lo stanziamento di appositi fondi per l’effettiva realizzazione del sogno sanitario. Chiunque è costretto a far ricorso a strutture ospedaliere o ambulatoriali sa che i tempi sono sempre più lunghi. Il bluff è svelato! Ma dove ciò si riverbera con maggiore gravità, se non al Sud? Ecco, un motivo di ribellione del Mezzogiorno. Il Governo, poi, tra i motivi propagandistici, aveva pubblicizzato anche gli accordi con la GDO (Grande Distribuzione) per calmierare un elenco di prodotti alimentari o comunque di prima necessità. Invece qualunque casalinga o maschietto aduso a fare la spesa, si accorge – giorno per giorno – dell’aumento progressivo ed insostenibile dei prezzi. Siamo al punto che molti rinunciano ad una vasta gamma di prodotti alimentari (per esempio la frutta, arrivata alle stelle) non potendo rinunciare al pane (carissimo) e alla pasta. La questione del caro prezzi, ovviamente, riguarda tutta l’Italia, ma è ancora più accentuata al Sud, e in un tessuto già stressato come il Mezzogiorno, ciò impatta in maniera devastante. Secondo l’Unione Nazionale Consumatori, la Campania ha subito un’impennata del costo della vita, pari a 551 euro in più all’anno di spesa per ogni nucleo familiare, occupando il secondo posto in Italia (dopo il Veneto) come Regione più cara d’Italia. L’Istat certifica che nella primavera del 2024 c’è stato a Napoli un balzo del 6% del carovita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (per farina, pane, pasta, cereali, carne, pollame, pesci surgelati, latte, formaggi e latticini, praticamente tutto l’alimentare).

Non ne parliamo della frutta (in molti casi immangiabile): andiamo con balzi dal 40 al 60% dei prezzi. E il Governo non si è avveduto di questo, preoccupato più a difendere interessi corporativi (ambulanti, balneari) che quelli del corpaccione dei cittadini consumatori, non appartenenti a categorie tutelate. Ricordo qui che a gennaio il Presidente Mattarella ha firmato, obtorto collo per evitare la perdita dei fondi PNRR, la legge annuale sulla Concorrenza, ma contemporaneamente ha inviato una lettera di reprimenda ai Presidenti della Camera e Senato e alla Premier Meloni, per le proroghe delle concessioni agi ambulanti e ai balneari, rinviando a tempi lunghi le gare previste dalle Direttive UE. Ovviamente, a beneficiare di questi rincari non è tutta la rete commerciale, ma solo i colossi della grande distribuzione e questo provoca un paradosso, messo in rilievo da Svimez e cioè che mentre in Campania il commercio in generale produce 13 miliardi di euro, con una crescita del 50% nell’ultimo trentennio (l’Italia è ferma al 40%), l’occupazione cresce solo del 3,7% e aumenta la desertificazione commerciale dei negozi di vicinato. Ischia ne è un esempio, con decine di serrande e fittasi di negozi spariti dalla rete commerciale. In Campania, denuncia Confesercenti, la crisi cancella 13,3 negozi al giorno (record nazionale).

Bene ha fatto il Presidente Mattarella, pochi giorni fa, all’Assemblea di Confcommercio, a sottolineare l’importanza del commercio e, in special modo, dei negozi di vicinato che costituiscono un necessario tessuto connettivo economico e sociale del Paese. E questo piccolo commercio va difeso e supportato contro le due maggiori insidie, da un lato la grande distribuzione e da un altro la crescita abnorme dell’e-commerce. E come si fa a difendere i nani commerciali dai giganti? Con norme adeguate, con regolamenti comunali. Ci vogliono Nuovi Piani Commerciali, secondo le vigenti normative regionali (che per esempio l’isola d’Ischia non ha adeguato), con la costituzione dei Distretti commerciali (Forio l’ho ha fatto), con una disciplina degli orari e delle modalità di consegna dell’enorme quantitativo di merci ordinate on line. Nella sola Campania vengono consegnati (dato Confesercenti) 132 pacchi al secondo! Chi abita, come me, in un condominio vede arrivare ogni giorno e a tutte le ore corrieri a consegnare pacchi. Bisogna educare i cittadini ad un consumo responsabile: risparmiare è la necessità di tutti, ma va calcolato anche il danno complessivo inferto all’economia locale e alle relazioni fiduciarie cittadino-fornitori. Il denaro pagato per acquistare on line non rimane sul territorio. Ecco i problemi reali del Paese, del Mezzogiorno in particolare, che alle elezioni europee hanno fatto lanciare un messaggio a chi governa. Bisogna curare e agevolare la vita di tutti i giorni: la visita medica, la spesa, la perdita del rapporto con i fornitori di vicinato, la scuola e il suo sistema di istruzione e formazione che non può essere su basi differenti da Regione a Regione. Di questo i partiti dovranno parlare e di questo l’Europa, gli Stati, le Regioni e i Comuni dovranno occuparsi.

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