IL COMMENTO Preservare la costa dalla speculazione

C’è modo e modo di considerare la costa di una realtà turistica, in particolare di un’isola. C’è la follia di Trump e Netanyahu, che vogliono costruire una seconda Costa Azzurra sul litorale della striscia di Gaza (sulle macerie e sul dolore per migliaia di vittime) e con l’espulsione di palestinesi in altri paesi vicini e c’è la Costa Smeralda, che l’Aga Khan (vero nome Karim al-Husayni), da pochi giorni scomparso, sviluppò turisticamente, evitando speculazioni edilizie e con un profondo rispetto del territorio e delle bellezze della natura. C’è la costa dell’isola d’Ischia, dove la disattenzione – per non dire altro – delle Amministrazioni pubbliche ha consentito, nel corso di 50 anni, di costruire alberghi, night club, ville fino a mare, su pieno suolo demaniale.
E adesso ci sorprendiamo che il Comune d’Ischia, in autotutela, è costretto (sì, costretto!) a ritirare all’Hotel Pagoda la SCIA dell’agibilità e respingere le comunicazioni di inizio attività. Vedremo che cosa emergerà dalla parallela indagine della Procura di Napoli, che si è avvalsa dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Ischia e del CTU. La difesa, che ricorre al Tar contro il Comune, sostiene che l’Hotel è supportato da una serie di concessioni edilizie, permessi a costruire, sanatorie e SCIA per manutenzione straordinaria, mai contestate dall’Amministrazione comunale (quanto ciò somiglia al caso Siena! ). Su eventuali incongruenze grafiche tra un “prima” e un “dopo”, contestate dal rapporto congiunto Comune-Capitaneria, la difesa oppone che il Comune, in un lungo lasso di tempo a disposizione, non ha mai contestato ciò. Vedremo se, quando, come e chi abbia preso una svista; vedremo se qualcuno dovrà ritornare alle scuole elementari per gravi carenze di “ disgrafia”. E non finisce qui, perché ci sono tante altre situazioni molto simili a quella dell’Hotel Pagoda Lifestyle in altre zone costiere sensibili, con piattaforme costruite sopra o intorno agli scogli, regolarmente pubblicizzate dalla ditta che le costruisce in metallo.
Purtroppo non ci sono più né gli imprenditori illuminati di una volta (Aga Khan, Angelo Rizzoli) né gli amministratori locali di una volta (senza un uomo di cultura come il Sindaco Mennella, Lacco Ameno non avrebbe avuto lo sviluppo economico equilibrato impresso da Angelo Rizzoli). Sia l’Aga Khan che Rizzoli non si accontentavano del proprio intuito imprenditoriale, l’uno e l’altro capirono che avevano bisogno di bravi architetti; nel caso dello sviluppo termale di Lacco anche di ottimi medici, oltre che di un canale pubblicitario come poteva essere (e lo fu) il cinema. Proprio in questi giorni l’arch. Giancarlo Busiri Vici, in un’interessante intervista a Repubblica, ha spiegato come nel 1961, insieme a suo padre Michele, sbarcarono – su incarico dell’Aga Khan, a Olbia per mettere a punto il grande disegno che aveva in mente l’Aga Khan. Dice Busiri Vici: “Ci spiegò subito che voleva un sviluppo diverso da quello della Costa Azzurra e che il concetto di speculazione edilizia doveva essere completamente bandito”. Poi l’arch. continua nell’intervista dicendo: “Il territorio era davvero selvaggio. Per lungo tempo ci muovevamo solo con i fuoristrada e con barconi lungo la costa… Battemmo tutta l’isola, fotografando dettagli, portali, balconi, inferriate. Fu un lavoro che ci aiutò molto a immaginare un’architettura che si integrasse il più possibile con l’ambiente”.


Addirittura l’Aga Khan diede vita a un Comitato di Architettura. Per ogni nuovo investimento immobiliare o turistico che voleva effettuare, considerava obbligatorio, prima ancora dell’autorizzazione comunale, avere l’assenso estetico del Comitato di Architettura. Vogliamo parimenti ricordare l’ausilio di un architetto come Ignazio Gardella per Rizzoli o, sotto un profilo medico-turistico, la consulenza del prof. Piero Malcovati? Ad onor del vero, fu Malcovati a capire l’importanza dell’architettura di Gardella. In Sardegna, al Comune di Arzachena, era d’obbligo presentare al Comitato di Architettura, qualsiasi progetto di edificazione. Addirittura il Comitato imponeva, prima dell’approvazione, di creare nel terreno la sagoma, in ampiezza reale, dell’edificio da costruire, per rendersi conto dell’impatto ambientale che avrebbe avuto. Tutto questo, oggi, appare fiabesco, anche nella stessa Sardegna. E mentre Rizzoli faceva sbarcare a Lacco troupe cinematografiche e faceva rimbalzare tali notizie su riviste patinate di grande tiratura, l’Aga Khan richiamava in Sardegna il jet set italiano e internazionale, da Gianni Agnelli alla famiglia reale inglese. E per favorire lo sviluppo del turismo internazionale fondò la compagnia aerea Alisarda, poi diventata Meridiana. A Porto Cervo, l’Aga Khan, musulmano, anche Imam, fece costruire una chiesetta, perché i turisti avevano anche il diritto di culto. Tutto questo è svanito, a Ischia come in Sardegna, sotto i colpi della speculazione edilizia, del consumismo più sfrenato, della stramaledetta voglia di arricchimento ad ogni costo. Ha ragione l’arch. Giovannangelo De Angelis del PIDA, quando nella presentazione comune di una serie di osservazioni al Piano di Ricostruzione dei Comuni terremotati, invoca la presenza anche di due aspetti essenziali: il diritto alla bellezza e il diritto alla memoria (nel bene e nel male). Ricostruire, rigenerare l’isola è essenziale, ma conservando o ripristinando la bellezza naturale e costruttiva. Ha ragione anche il prof. Francesco Rispoli che lamenta come la giurisprudenza abbia (sia pure involontariamente) di fatto soppiantato e annullato ogni funzione urbanistico-architettonica. In questa giungla, in cui prevalgono i più forti, vengono aggredite spiagge, coste, montagna, senza per questo risolvere il problema abitativo di chi una casa dignitosa e sicura non ce l’ha. E la cosa peggiore è l’ipocrisia di chi vuole che si taccia su queste situazioni di aggressione speculativa del territorio. Questa sarebbe la pace sociale? Il buon vivere, il vivere tranquilli? O è la pace del cimitero delle buone intenzioni e della bellezza del creato?