di Marco Martone
Alzi la mano chi, almeno una volta, non ha sbuffato se non imprecato, all’idea che il traghetto sul quale era appena salito, per raggiungere Ischia, faceva scalo a Procida. “Ferma a Procida?”. Un’espressione entrata nel nostro vocabolario, una domanda rituale, un’abitudine alla quale, forse inconsapevolmente, non siamo mai riusciti a sottrarci. Quella sosta di pochi minuti nel porto della più piccola delle isole del golfo è sempre stata considerata un ostacolo al nostro viaggio verso Ischia, la causa di un ritardo, quando invece siamo diretti a Napoli. La nave vira verso il porto di Marina Grande e cresce l’insofferenza, un senso di costrizione. E vuoi mettere i passeggeri che valgono sul traghetto a Procida? Un fastidio del quale faremmo volentieri a meno. Li guardi che si aggirano nel salone alla ricerca di un posto libero e ti appaiono come fantasmi. Poi si riparte e tutto sembra più azzurro, anche il mare che passa sotto la carena del traghetto. Ti abitui alla presenza degli “intrusi” e ritrovi il sorriso.
La nostra meta, finalmente, si avvicina e quell’isola piccola, insignificante, fastidiosa ce la lasciamo alle spalle. Perché, in fondo, sarà anche bella ma solo se vista da lontano. Adesso Procida si è presa la sua rivincita, diventando in un sol colpo la più importante di tutte. È lei la Capitale della Cultura italiana del 2022. L’isola di Arturo, quella raccontata anche dal volto scavato di Massimo Troisi nel film “Il Postino”, diventa grande, una meta di arrivo e non più solo di passaggio. Non è una vendetta, è la vincente pazienza di chi sa attendere il momento per emergere dall’ingiusto anonimato e mostrare a tutti il proprio valore. È la stessa pazienza del pescatore che getta la rete in mare e attende, anche tutta la notte, che si riempia di pesci. Procida tende il braccio della cultura alle sorelle del golfo e a Napoli che la guarda da lontano. Un faro nel mare, come quelli che l’hanno illuminata, simbolicamente, nei giorni che hanno preceduto la proclamazione. E adesso lo scalo a Procida non sarà più un fastidio di cui liberarsi il prima possibile ma un tuffo nella Storia, un attimo di compiacimento, un’occasione per abbassare lo sguardo, vergognandosi anche un po’ e per fare il mea culpa, per tutti quei “ferma a Procida?”, detti con indifferenza e un pizzico di ingratitudine.
* DIRETTORE SCRIVONAPOLI.IT