LE OPINIONI

IL COMMENTO Quale significato ha oggi la Festa della Repubblica

Il 2 giugno, oltre che celebrare l’istituzione della Repubblica Italiana, è anche la ricorrenza annuale della morte di Giuseppe Garibaldi, che lasciò ( giugno 1864) tracce nella nostra isola ( Terme Manzi e  Villa Zavota) per guarire, con le nostre acque termali, le ferite della battaglia dell’Aspromonte. E il richiamo a Garibaldi, in concomitanza con la Festa della Repubblica, ci serve a legare il lento formarsi di una coscienza repubblicana degli ischitani, con il ruolo di attrattiva turistico termale dell’isola d’Ischia.

Perché le conclusioni a cui vogliamo arrivare, alla fine di questo articolo, è che solo con l’avvento del turismo la nostra isola passò da una visione monarchico borbonica ad una visione repubblicana ed europea. Prima c’erano giustificati motivi di risentimento antisabaudo e giustificate ragioni di orgoglio per alcune opere e primati conseguiti dal Regno delle Due Sicilie. Ischia, con il suo splendido Porto, ne è un esempio. E’ solo con lo sviluppo del turismo che si ha un’apertura verso l’Italia unita e verso la consapevolezza della necessità di coesione nazionale e poi europea. L’identità locale si trasforma e si allarga, attraverso il Grand Tour turistico, quando artisti, scienziati, nobili e politici vennero, soprattutto dai Paesi dell’Europa del nord, a conoscere il nostro patrimonio storico ambientale, così come – con un canone inverso – i nostri emigranti varcarono le porte di Paesi europei industriali più avanzati dell’Italia. Quando il 2 giugno del 1946 si votò in Italia per il Referendum di scelta tra Monarchia e Repubblica, i risultati ( benché contestati) furono di 12.717.923 voti per la Repubblica e di 10.719.284 per la Monarchia. Ben diversi furono i risultati dell’isola d’Ischia: Monarchia 14.493 voti e 1.646 per la Repubblica. Vuol dire che Ischia si trascina il peso storico di un attaccamento troppo flebile alla Repubblica? Io credo che se motivazioni storiche giustificavano l’attaccamento al Regno Borbonico, con l’avvento dei primi grandi viaggiatori di fine 800 e poi del 900, Ischia abbia capito l’importanza dell’ibridazione di culture, l’importanza degli scambi culturali ed esperienziali, l’importanza del confronto e  dell’apertura agli altri. E’ da quel momento, non prima, che anche Ischia diventa repubblicana ed europea. Poi ci sono le eccezioni già ne l’Ottocento, come lo storico Giuseppe D’Ascia, più volte Sindaco di Forio e consigliere provinciale nel 1861. Ma parliamo di élite culturali, di poche individualità di grande caratura. Emblematico è il contenuto del bel libro di Rosario De Laurentiis “ Storia di Ischia nel Settecento”, in cui naturalmente si citano illustri visitatori di Ischia già nel corso di quel secolo, tanto per citare alcuni dei nomi illustri: il filosofo irlandese George Berkeley, il medico e geologo Lazzaro Spallanzani, la pittrice svizzera Angelica Kaufmann, il grande economista Fernando Galiani, il geologo russo Scipione Breislak ( soprannominato “ rumpapetre”), il pittore Jacob Philipp Hackert, la pittrice francese Elisabeth Vigée Le Brun.

Ma questi personaggi , rappresentanti di viaggi di conoscenza o di allontanamento dal proprio paese per dissenso politico, erano ancora casi isolati, che non incidevano nel tessuto locale isolano, non modificavano l’habitus mentale degli ischitani. La stessa Repubblica Napoletana del 1799, registrò sì martiri isolani; anche ad Ischia furono piantati gli alberi della Libertà, nella piazza di Terrazappata ad Ischia Ponte e a Largo S.Francesco in Forio, ma i Gaetano Morgera, i Vito D’Abundo, i Biondi e i Polito erano élite culturali, erano intellettuali che sulla scorta della cultura illuminista tentarono l’aggancio con l’Europa, ma senza seguito e senza risultati. Trascrivo questo interessante passo dal citato libro di De Laurentiis: “ Lo scollamento tra il popolo e gli intellettuali è testimoniato dal detto in voga al tempo: Chi tene pane e vino, adda esse’ giacobino.” Croce disse che gli intellettuali venivano accusati di essere lontani dai problemi reali del popolo. E bene fa Rosario De Laurentiis a porre, in premessa del proprio libro, la frase che la martire Eleonora Pimentel Fonseca pronunziò prima di morire sul patibolo: “ Forsan et haec olim meminisse iuvabit” ( Forse anche di questo sarà bene ricordarsi un giorno) , tratta da Ovidio. Ed è per ravvivare il ricordo di una svolta storica fondamentale che ogni anno la Festa della Repubblica s’ispira ad un tema diverso, indicato dal Ministero della Difesa. Quest’anno la ministra ( 5 Stelle) Elisabetta Trenta ha voluto mettere al centro della Festa, il tema de “ l’inclusione”. Inutile dire che la scelta ha provocato non pochi mal di pancia alla Lega di Salvini che – al contrario – fomenta “l’esclusione”, i muri, i confini. Ma questo conferma come il Governo sia diviso sulle scelte di fondo, ma anche come il M5S sia costituito da soggetti che, disorientati dal postulato “ né a destra né a sinistra” lascia campo libero ai singoli interpreti di scegliere di volta in volta la posizione da assumere. L’inclusione è, invece, tema quanto mai opportuno, in un momento in cui le Forze Armate sembrano anch’esse smarrirsi nel marasma provocato da chi, con  troppa disinvoltura, indossa  ora questa ora quella “ divisa militare”, con evidente strumentalizzazione. Noi preferiamo le Forze Armate saldamente legate ai valori repubblicani. Preferiamo quelle Forze Armate che stoicamente, di fronte a manifestazioni popolari di protesta, mantengono i nervi saldi e si limitano ad arginare i facinorosi, anche a rischio di subire qualche danno fisico, piuttosto che attaccare e randellare, lasciando libero sfogo a qualche intemperanza di troppo di poliziotti inesperti e propensi all’uso della forza.

Non ha senso dire, come ha fatto Salvini, di fronte all’episodio di violenza su un incolpevole giornalista, che lui è  “ sempre e comunque a favore dei poliziotti”. La democrazia è anche autocontrollo, moderazione, trasparenza e servizio alla collettività. Ma ci sono due dati nazionali attuali che ci fanno temere per la tenuta della nostra ancora fragile Repubblica: la “ corruzione” e la “ frattura tra città e campagna”. E’ di questi giorni l’incredibile vicenda dell’incriminazione ( e non è la prima volta) di altissimi magistrati per corruzione. Chi sostiene che la corruzione italiana riguardi solo i politici, sbaglia grandemente. La corruzione è un tarlo che ha corroso tutto il nostro corpo sociale ed economico. Sono corrotti molti funzionari e dirigenti pubblici e privati. Sono corrotti esponenti delle Forze Armate, organismi di vigilanza e controllo, sindacalisti e perfino organismi sportivi. Duole dirlo, ma siamo un paese di corrotti. La corruzione è una malerba che bisogna estirpare, al pari della criminalità organizzata che, in alcuni casi, viaggia al confine con i corrotti. E poi  c’è un altro aspetto che mina le basi della  nostra Repubblica : la netta spaccatura tra le città e le periferie. Da un punto di vista della vivibilità ambientale, nelle campagne e nelle periferie si può anche vivere meglio, ma per il resto le periferie vivono “ dimenticate” dallo sviluppo economico e sociale, del welfare, dell’assistenza sanitaria, scolastica, dei sevizi. Nel piccolo, la differenza viene avvertita anche nella nostra isola. Non si può dire che a Barano o a Serrara Fontana si hanno le stesse opportunità e gli stessi servizi di cui gode Ischia o Forio. Anche Casamicciola oggi è periferia. Allora si vota “ contro”, si vota per chi promette “ rivolgimenti totali” o non si vota affatto. La Repubblica Italiana, nel contesto europeo, in un’Europa più attenta alle esigenze delle persone, deve cancellare questi squilibri, deve portare in alto le condizioni e i servizi delle periferie, deve rammendare e cucire il territorio nella sua totalità. Questo significa “ inclusione”, tema 2019 della Festa della Repubblica.

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