DI MANUELA BOTTIGLIERI
Sarà un Natale “in rosso” quello del 2020? Sicuramente in rosso sono i conti bancari di tante famiglie, titolari di attività, ristoratori, imprenditori, che già da qualche anno convivono con una crisi economica pesante e globale. Per quanto riguarda il commercio, il modo di fare shopping è in continuo cambiamento, l’e-commerce ha surclassato alla grande le piccole aziende, che seppure hanno tentato di mettersi alla pari, non potranno mai competere con i più grandi colossi del web. A livello generale, infatti, si è registrato un netto calo delle vendite nei negozi che va oltre il 30 per cento, mentre il fatturato del commercio on line è raddoppiato. L’emergenza sanitaria mondiale, a cui abbiamo e stiamo assistendo, ha peggiorato una situazione economica (soprattutto delle piccole imprese) già gravissima.
Una città, un paese, grande o piccolo che sia, è fatto dalle persone che lo vivono: dai bar, dai ristoranti, dalle luci dei negozi. Ischia, come in tante parti del mondo oggi, sta vedendo spegnere quelle luci una alla volta. Chi sono i “colpevoli” di questa “oscurità” incalzante? Possiamo dare la colpa a chi ci governa, alla concorrenza sleale delle grandi aziende, al Covid-19… Ma la realtà, come disse John Donne, è che “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”. Questo concetto non viene mai ricordato abbastanza, perchè risulta più facile pensare a se stessi in quanto singoli individui, anziché parte di una comunità che dovrebbe funzionare come una macchina, in cui ognuno è una parte fondamentale dell’ingranaggio.
La decisione presa dal governo Nazionale di consentire, anche nelle cosiddette zone rosse, l’apertura solo di determinate attività è stata (parere personale, condivisibile o meno) stupida ed una vera e propria presa in giro: tutto questo perchè il governo (sempre parere personale) non poteva permettersi un nuovo lookdown, ha avuto paura che le “rivolte cittadine” sarebbero continuate e non potevano garantire un sussidio a tutti i lavoratori, che con tanti sacrifici stanno cercando di far sopravvivere la propria azienda. Così possono stare aperti “alcuni”, dovendo pagare comunque le spese, eventualmente il personale e chiaramente le tasse!
Ma ormai è passato anche questo difficile novembre ed aumenta l’attesa per il nuovo Dpcm con le linee guida anti-Covid per le festività natalizie, che dovrebbe arrivare entro il 4 dicembre. Nell’aria c’è già il sentore di un allentamento delle restrizioni, come la possibilità di allungare l’orario di apertura dei negozi, di riaprirli tutti anche nelle zone rosse e le modifiche all’orario del coprifuoco. Una voce di sottofondo però grida per tutta la penisola: «Comprate sotto casa». Così i commercianti ed i rappresentanti di categoria rilanciano simultaneamente l’appello partito a livello nazionale. Sì, perchè a seguito di questa terribile pandemia, si è prediletto quelle grandi aziende che possono permettersi prezzi stracciati, spedizioni sicure e rapide fino a dentro casa, oltre ad una vastissima gamma di prodotti di tutti i generi. Quello che però tutti ignoriamo (compresa me) è che comprando su quelle piattaforme non stiamo davvero risparmiando, ma anzi ci stiamo impoverendo come Nazione. Stando ad alcune stime, uno di questi grandi colossi dell’e-commerce avrebbe dovuto versare di tasse all’Italia circa 11 MILIARDI di euro, che sarebbero determinanti per sostenere l’economia del nostro paese. E mentre queste famose piattaforme si arricchiscono sempre di più, senza pagare tasse, ai piccoli commercianti e agli imprenditori “normali”, viene chiesto fino all’ultimo centesimo, nonostante le difficoltà del tragico periodo storico che stiamo vivendo.
Quindi al governo Nazionale non chiederei indennizzi o bonus vari, ma esigerei una maggior tutela, perchè la crisi non può pesare solamente sulle spalle dei cittadini italiani, ci hanno già penalizzato abbastanza.