LE OPINIONI

IL COMMENTO Sburocratizzare sì, sbracare no

“In medio stat virtus” non sembra essere locuzione latina gradita agli italiani. L’Etica Nicomachea di Aristotele non affascina, nell’epoca della logica binaria: bianco o nero, con me o contro di me. La “Aurea mediocritas”, per noi italiani, è solo “mediocritas”, niente affatto “aurea”. Piace di più esagerare in un verso oppure nel verso opposto. E’ il caso, per esempio, del giudizio che viene dato sulla burocrazia. Per alcuni, ci vorrebbero più leggi, più controllori, più regolamenti, più protocolli, per altri dovremmo sfrondare i codici civili, penali, degli appalti. Per alcuni, i veri artefici della produzione legislativa parlamentare e regionale sono e devono essere gli esperti dirigenti degli uffici legislativi, per altri essi costituiscono la distorsione della legislazione, con ridondanza di termini astrusi ed antiquati, con richiami fiume di leggi precedenti, con la creazione di vulnus normativi, voluti a bella posta, per lasciare dubbi interpretativi ad uso e consumo di lobby. Mi piace, invece, proporre ai lettori, una frase indicativa di come si possa mediare tra eccesso e difetto: “I burocrati sono una malattia.

Si suppone che siano necessari, così come si suppone che siano necessarie alla vita certe sostanze chimiche, ma provocano la morte se crescono oltre un certo limite”. La frase, contenuta in Aforismi e Detti Memorabili (tascabili economici Newton) è di Ezra Pound, grande poeta e saggista statunitense. Uomo di estrema destra, ma di grande spessore culturale. Purtroppo anche nella grande tragedia del Covid 19, c’è chi, avvalendosi di questa vasta area grigia tra opinioni estreme, di questi “spazi intermedi non presidiati”, tenta di trarne profitto. E’ il caso, ad esempio, di politici ed imprenditori privati senza scrupolo che, gridando contro la “burocrazia affossatrice” di ogni riforma e di ogni beneficio, in realtà cercano solo di allargare le maglie normative per perseguire meglio obiettivi politici populistici o per fare affari che sconfinano nell’illecito. E così dimentichiamo troppo presto che nel nostro paese ci sono organizzazioni mafiose attente ad ogni rilassatezza di norme e controlli, ma anche molti operatori economici, non appartenenti alla malavita organizzata, ma che speculano con truffe allo Stato, elusione ed evasioni fiscali, con riciclaggio di danaro sporco. E dimentichiamo che nel 2019, nella sola Campania, sono stati scovati, dalla Guardia di Finanza, 120 grandi evasori fiscali, con sequestri di beni per 140 milioni di euro. Fatture false, frodi cosiddetto “carosello”, crediti IVA fittizi, indebite compensazioni di imposte e contributi. Nelle gare di appalto, si è riscontrata una irregolarità percentuale del 70% e sono state denunciate 722 soggetti. E’ abbastanza per dire che non si può abbassare la guardia con la scusa di lenire in fretta gli effetti economici da Covid 19? Che è indispensabile controllare e ingabbiare la criminalità e l’illegalità? Basterebbe vedere quello che sta succedendo nel settore dei dispositivi di protezione sanitaria individuale (in particolare le mascherine), con tentativi di truffa che vanno dalla scarsa qualità e dalla mancanza dei requisiti di sicurezza a impegni per la produzione di quantitativi di dispositivi che gli offerenti si sono dimostrati incapaci di rispettare.

Ecco allora che il Commissario Arcuri si è esposto a brutte figure, duramente contestategli in particolare da novelli efficientisti che, sotto sotto, intendono – in realtà – approfittare dei disguidi per ottenere “libera tutto”, con l’eliminazione di ogni controllo. Noncuranti del fatto che il più delle volte chi si “sbraca” e slaccia la cintura dei pantaloni, nel tentativo di stare più comodo e libero, finisce col perdere i pantaloni e restare in mutande. Dimentico di ciò, Berlusconi chiede la sospensione del Codice degli Appalti. Salvini invoca la cancellazione di ogni preventivo controllo, sostituito da una semplice autodichiarazione. Addirittura, il capo della Lega propugna la semplice autodichiarazione anche per l’autorizzazione amministrativa a costruire. Da qui, il passo è breve, si invocano un condono tombale edilizio e altrettanto per la sanatoria globale fiscale. Tutto questo va in direzione diversa da quella che serve, ovvero il cambio di paradigma verso un progresso equilibrato e sostenibile. Ragionevole, invece, sarebbe l’ipotesi (che si fa strada nel governo) di una moratoria per eventuali abbattimenti di abusi edilizi disposti dalla Magistratura. E’ chiaro che in un momento così delicato appare inopportuno e improponibile l’abbattimento di abitazioni o strutture commerciali abusive. Così come estremamente ragionevole sarebbe l’approvazione (che doveva far parte del Decreto di Rilancio, ma che ancora una volta è stato rinviato a causa di offuscamento ideologico di qualche forza politica) dei cosiddetti P.A.R.U. (Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana), rivisitando l’art. 36 del D.P.R. 380/2001, La proposta veniva dal Ministero degli Affari Regionali e consiste, in buona sostanza, in una compensazione, un ravvedimento operoso, attraverso una riqualificazione del territorio circostante l’edificio abusivo. Tale riqualificazione abbraccerebbe non solo l’aspetto paesaggistico ed archeologico ma anche aspetti idrogeologici e antisismici. Un provvedimento, come ha sottolineato l’avv. Bruno Molinaro “salva case, salva territorio e salva paesaggio”. Naturalmente, tale possibilità non riguarderebbe tutti, in quanto devono esserci presupposti di sanabilità territoriale che, in alcuni casi di contesti eccezionali, si rileverebbe impossibile. Ed è altresì vero che il nodo della “doppia conformità” non viene eliminato dal provvedimento così come era stato articolato.

Tuttavia con gli opportuni emendamenti questo provvedimento potrebbe semplificare, e di molto, l’annosa questione dell’abusivismo. Questo sarebbe un caso di “semplificazione virtuosa”. Che dire, infine, dell’eventualità di un condono fiscale tombale? Sbagliato, diseducativo, iniquo nei riguardi di chi si è sempre comportato onestamente e correttamente. Se non “sbrachiamo”, se non tentiamo di “strafare” nell’allargamento delle maglie, forse riusciremo a mettere in atto provvedimenti di alleggerimento, giusti e proporzionati. Ad Ischia, ad esempio, piuttosto che perseverare nel mantenere nel limbo alcuni imprenditori che da anni non riescono a pagare la tassa della spazzatura, si stipuli, alla luce del sole una “tregua fiscale”, con il coinvolgimento di tutto il consiglio comunale che, senza risultare beffa verso terzi, serva a dare respiro alle aziende in difficoltà, ma senza ulteriori ritardi che potrebbero aggravare la situazione ed allargarsi a macchia d’olio ad altre imprese fino a minacciare una deflagrazione ancora più esplosiva. Quanto al tira e molla: burocrazia sì, burocrazia no, non aspettiamo sempre e soltanto dall’alto indicazioni e protocolli. E’ assurdo che ci si lamenti da un lato del moltiplicarsi di task force e d’altro lato ci si lamenta che in questi organismi manca un esperto di turismo o di sport o di commercio. Può mai, ad esempio, un protocollo nazionale sugli arenili, rispondere contemporaneamente alle esigenze di stabilimenti balneari della riviera romagnola (che ha lidi amplissimi) e a quelle di un’isola come Ischia, dove le spiagge sono, per lo più, sottili lingue di sabbia? Certamente no. Tocca alla Regione Campania e ai Comuni isolani tener conto delle specificità. Ecco perché riteniamo che gli enti locali possano e debbano muoversi da subito, pur nel quadro delle raccomandazioni generali di governo. Autodeterminiamoci, mobilitiamo energie fresche, giovanili, non menti fiaccate dall’abitudine alle posizioni di rendita. Siamo o non siamo l’isola verde? E il verde è non è il colore della speranza? E i nostri antenati, pescatori e contadini, avevano forse fatto affidamento su direttive e protocolli nazionali? O, invece, si erano semplicemente tirati su le maniche della camicia e impugnato la zappa e i pescatori si erano alzati di notte per andare a pescare su imbarcazioni a volte inadeguate e con strumenti creati con le loro mani? Certo, oggi abbiamo altra istruzione ed altri strumenti a disposizione, ma lo spirito che ci deve guidare, in questa complicata fase della nostra vita, deve essere lo stesso di quello che guidò – nel dopoguerra – i nostri avi. Lo dobbiamo anche a loro, oltre che ai nostri figli e ai nostri nipoti.

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