IL COMMENTO Se la prova scritta diventa un ostacolo
Appena una settimana fa auspicavo, da queste colonne, che la Scuola, anche quella isolana, andasse oltre le difficoltà della pandemia e affrontasse i grandi temi nazionali di una riforma della didattica italiana. Nel giro di sette giorni, sembrano essersi verificati elementi scatenanti della questione come se fossero trascorsi mesi o, addirittura, anni. Prima l’accensione di una grande polemica contro la Ministra Lamorgese, accusata di non aver saputo dare, alle forze di polizia, indirizzi di ordine pubblico rispettosi della protesta giovanile, sia pure per cortei non autorizzati. La rivolta degli studenti era contro l’alternanza scuola-lavoro e la possibilità che ci fossero infiltrazioni di frange violente non giustificava le manganellate agli studenti. Poi sono iniziati i moti di ribellione degli studenti contro il Ministro della P.I. Bianchi per aver reintrodotto, dopo due anni di sospensione per la Dad, due prove scritte agli esami di maturità e di terza media. Mi aspetto, a questo punto che, anche nella nostra isola, studenti e insegnanti facciano un’analisi critica di quello che sta avvenendo nella scuola e intorno alla scuola. Noi tentiamo di buttare un sasso nello stagno, senza ovviamente la pretesa di saper interpretare ansie e desiderata di studenti e insegnanti. Ci aspettiamo da loro una disamina che non sia solo emotiva né utilitaristica né di protesta fine a se stessa. Sono loro i protagonisti della Scuola e da loro devono arrivare stimoli a far bene, a non commettere errori che potrebbero inutilmente avvelenare un’atmosfera già inquinata da mille problemi (sanitari, economici, psicologici) derivanti da due anni di pandemia.
Per dare un giudizio a 360 gradi delle attuali “ribellioni” degli studenti, dobbiamo completare il quadro con la descrizione degli atteggiamenti ribellistici giovanili anche sul fronte extrascolastico. Ad esempio, i recenti violenti scontri tra bande contrapposte di giovani, di cui a Napoli abbiamo avuto manifestazioni eloquenti. Da dove provengono e che significato hanno queste manifestazioni di insofferenza e disgregazione sociale? In questo ultimo caso non parliamo di scontri di natura politica e ideologica. Possono essere riduttivamente rubricati a fenomeni di microdelinquenza? Io credo piuttosto che siano il logico prodotto di un “vuoto” sentimentale e relazionale, di un nichilismo di una società assuefatta al benessere e al consumismo sfrenato che, ad un certo punto (pandemia) si è vista restringere tutti gli spazi del divertimento, del vitalismo, della “corsa” verso obiettivi indefinibili, ammesso che si possa parlare di obiettivi da raggiungere, vista l’insensatezza della “corsa”. Limitate le relazioni sociali, le discoteche, perfino l’amore con le effusioni giovanili, lo sport, le palestre, i luoghi d’incontro, è scoppiata la rabbia giovanile. Leggo che, ad esempio, a Napoli stanno pensando (la quarta Municipalità di Napoli), per ovviare ai disordini nel centro città (via Chiaia in primis ma anche il Vomero) di spostare la “movida” nel Centro Direzionale che, di sera, sarebbe ovviamente una specie di “serraglio” per giovani. Un provvedimento del genere, a mio avviso, rischierebbe di creare una specie di “Scampia della microdelinquenza giovanile”. Anche se più difficile, bisogna insistere per abituare baretti e locali di intrattenimento giovanile a regole rigide, non favorendo la concentrazione dei locali stessi in pochi e determinati quartieri cittadini ma favorendone la più larga diffusione possibile. Tutto questo non per allontanarci dal tema centrale su cui vogliamo concentrarci e cioè quello della funzione che spetta alla scuola e della direzione che devono prendere gli indirizzi scolastici.
Ma, per “radicare” questo ragionamento in un contesto giovanile più ampio, che si allarghi all’intero comportamento sociale. Se, come abbiamo detto, la nuova “contestazione giovanile” non ha ragioni politiche, ideologiche e nemmeno – questa volta – ecologiche, come è stato per il movimento che si era creato intorno a Greta Thumberg, non ci rimane che interpretare questo nuovo disagio giovanile alla luce di una ribellione psico-fisica alle restrizioni di un lungo periodo di straordinarietà pandemica. A ben vedere, l’obiettivo di criticare e demonizzare l’indirizzo dell’alternanza Scuola-Lavoro è sbagliato. Non è l’idea di avvicinare il mondo dell’istruzione a quello del lavoro che è da condannare, ma le modalità con le quali spesso ciò viene attuato. E’ evidente che ci sono lavori e luoghi di lavoro inadatti a percorsi giovanili di formazione. Ma sarebbe un errore buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Così come è sbagliato rigettare le due prove scritte (la prova di italiano su base nazionale e da scegliere tra sette diverse tracce e la prova di indirizzo diversa tra scuola e scuola e basata su quello che la singola classe ha affrontato). E’ sbagliato perché il provvedimento ministeriale costituisce un tentativo di ritorno alla normalità e perché è sottinteso che le commissioni d’esame terranno conto del disagio in cui gli studenti hanno potuto espletare le lezioni. Tra l’altro non va dimenticato che ciascuna prova scritta varrà max 20 punti e che 40 punti max vengono attribuiti per i crediti scolastici nel triennio. Dunque c’è ampio margine per far prevalere l’intero curriculum scolastico. Probabilmente questa protesta contro gli esami scritti è una prova di debolezza e insicurezza dei giovani; ma “maturità” significa anche capacità di saper affrontare difficoltà che costituiscono il sale della vita.
C’è una frase latina eloquente, detta dal drammaturgo romano di origine turca, Publilio Siro: “Numquam periclum sine periclo vincitur” (Il pericolo non lo si vince senza pericolo). Fuori dalla scuola non ci sono rose e fiori ma “ostacoli e gli ostacoli vanno superati e senza “ aiutini”. A meno che non si voglia attingere i principi del vivere non a scuola ma dai furbetti del quartiere e del Paese. Anche l’Associazione nazionale dei Presidi ha espresso perplessità sulla reintroduzione delle prove scritte, dopo lezioni difficili e tortuose. Cari Presidi, cari professori, cari studenti, apritevi alla comunicazione, alla società. Colloquiate tra di voi e con noi, indirizzando i giovani però, non assecondandone, con passiva complicità, timori e negatività. E se volete degnare anche i mezzi di comunicazione, come il nostro modesto giornale locale, di interlocuzione, stiamo qui, per contribuire ad alimentare un salutare confronto, nell’interesse esclusivo di giovani e ragazzi.