LE OPINIONI

IL COMMENTO Se siete educati, siete “fessi”!

DI RAFFAELE MIRELLI

La violenza non nasce dal nulla, non si genera in modo autonomo. La violenza parte dalle nostre famiglie, dal modo in cui gestiamo i rapporti umani, da come questi vengono gestiti nel nucleo familiare. Nasce dagli esempi. Ultimamente abbiamo assistito a una breve e intensa serie di aggressioni, proprio in seno alle famiglie isolane. Sarà stato lo scirocco? Liti e percosse fino all’ultimo increscioso episodio che stava per sfociare in una vera e propria tragedia. Cosa dire a riguardo? Come giudicare queste azioni? È semplice: sono tutte condannabili, tutte! Almeno dalla parte civile. Dal punto di vista legale, penale, non possiamosapere quale sarà il responso delle autorità competenti. Sono tanti i fattori che determinano una vera e propria pena, una punizione esemplare che dovrebbe generare– ancora una volta – esempio. La violenza ha tanti aspetti e può essere verbale, fisica, psicologica. A noi, però, dovrebbe interessare l’aspetto preventivo, ossia considerare come sradicare il grado di “violenza medio” della nostra società.

L’educazione è l’antidoto migliore alla violenza: tutti gli atteggiamenti casalinghi che la fomentano, potrebbero essere individuati e modificati. Ma come si fa a dire o a indicare la strada per il miglioramento di questi a chi è abituato a “praticare” violenza?

Molto probabilmente un figlio, che sceglie la violenza come mezzo di relazione, vive una situazione familiare difficile. Una famiglia con questi problemi andrebbe aiutata dai servizi sociali, segnalata a chi di dovere, vista come un “oggetto” cui indirizzare cura e amore come alternative reali all’abitudine giornaliera. Il fattore culturale è determinante ed essenziale alla prevenzione di queste realtà che – ahimè –ormai pullulano sulla nostra isola, e non solo. Ma chi è violento, sa di esserlo? Uscendo di casa ci si trova spesso a subire violenze: al supermercato nella fila per pagare alle casse, accade non poche volte di essere spettatori di vere e proprie azioni di bullismo. Lo stress impera nei luoghi pubblici e la violenza diviene una moneta di scambio molto utilizzata. Ultimamente ho assistito a due episodi degni di menzione, che voglio condividere con voi lettori. Scene che conservano dinamiche di una violenza subdola. Il primo episodio: un’auto – mentre attendeva in fila all’ingresso del supermercato (Sebòn) per parcheggiare – viene superata. In realtà le auto in fila erano cinque, tutte ferme ad attendere da diversi minuti che si liberasse un posto. Devo dire che è divenuta buona prassi attendere il proprio turno, un vero e proprio esempio di autoregolazione funzionale e civile. Purtroppo, però, improvvisamente una sesta auto supera tutti e ruba il posto alla persona in testa alla fila.Il signore in questione, il “ladro” di posti auto – un uomo di circa quarantacinque anni – parcheggia, non curante della lunga fila euscendo dalla sua vettura, sebbene avvertito della sua azione “scostumata” con inviti sonori, si rivolge al malcapitato che si era visto sorpassare,dicendo: “Che cosa vuoi? Stai zitto e aspetta! Non mi interessa tu fossi in fila!”. Ha così chiuso la porta dell’auto ed è andato comodamente a fare la spesa. Il povero, anziano, signore vittima del giovane bullo, ha – nonostante ciò – avuto la prontezza di fornirlo di un paio di appellativi eleganti ed educati. Mi pare gli abbia detto: “Sei un cafone in camicia!”. Devo dire che la sua scelta lessicale mi è piaciuta molto. Sì, perché era in camicia. Me lo ricordo perfettamente. E credo fosse anche un cafone. Ma dico: l’isola tra l’altro ci obbliga a vederci spesso, anche per questioni di lavoro. Se domani i due s’incontrassero in una situazione diversa? Magari il cafone in camicia si ritrova davanti il signore in un ufficio bancario cui chiedere un prestito? Cosa dovrebbe dire il signore a cui il posto auto gli è stato sottratto?Lascio a voi proseguire la scelta lessicale del dialogo…

Secondo episodio: in pineta. Guai a mettere il guinzaglio al vostro cane! Sono stato spettatore di violenza verbale a chi si preoccupava – per svariati motivi – di tenere l’amico a quattro zampe vicino a sé, per evitare di impaurire bambini, corridori. Insomma, lo sappiamo, ogni cane ha il suo carattere e siccome all’ingresso della pineta (quella degli atleti)èchiaramente indicato da cartelli “Tenere il proprio cane al guinzaglio”, è buona prassi farlo. Per l’ennesima volta, invece, l’ordine delle cose viene capovolto: una signora con un cane di taglia media, tenuto al guinzaglio, si vede puntata da due cani molto belli, ma liberi. Il padrone, un signore sulla cinquantina, osserva la scena: il cane al guinzaglio viene aggredito dai due; la signora urla e cerca di sottrarre il piccolo alla foga dei due “pelosi”; il proprietario dei due “cerberi” si avvicina e dice alla signora di stare tranquilla; la signora prende il suo piccolo amico in braccio, impaurito, mentre i cani saltano sulla signora che – invano – cerca di far capire di trovarsi in difficoltà; il “cinquantenne” diviene aggressivo; la signora reagisce e dice: “È la seconda volta che accade, ma non può tenere i suoi cani a bada?Insomma, non posso venire in pineta a godermi la passeggiata con il mio cane?”. La risposta del nostro amico a due zampe? Non ve la dico, perché non si può scrivere! Anzi, il signore in questione si è avvicinato alla vittima con fare minaccioso, suggerendole di non venire più in pineta. Alcuni dei passanti hanno preso le parti della sventurata, ovviamente. Nonostante ciò, il nostro violento aggressore – perché questa è stata una vera e propria aggressione – ha continuato a minacciarla. Assurdo!

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Adesso io mi dico e vi dico: “A chi bisognava mettere il guinzaglio? Ai cani o al padrone?” Ho voluto mitigare questo clima pesante che impera tra di noi ultimamente, ma va da sé, la violenza è il modo tipico di relazione per alcuni di noi. È un modo infantile, primitivo e va sicuramente condannato. Le persone che scelgono la violenza, vanno aiutate, anche semplicemente con un richiamo gentile. Vi è dunque una morale alla fine di questo racconto: “Chi è educato, è fesso!”. O almeno sembra proprio questa la tacita e implicita regola che seguiamo a Ischia. Pratichiamo gentilezza e impariamo a stare con gli altri. Fa bene a noi. alle nostre vite e ai nostri figli. E pure ai nostri cani.

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* FILOSOFO

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