LE OPINIONI

IL COMMENTO Si spegne Sant’Anna, s’accende il turismo archeologico

Dopo la doccia fredda dell’annullamento della Festa di Sant’Anna, c’è stata venerdì, poche ore dopo che si è diffusa la notizia, la doccia “calda” delle lusinghiere prospettive del turismo archeologico, con un incontro promosso dal Museo Etnografico del Mare, presieduto da Albino Ambrosio. Un segmento turistico culturale certamente limitato ma che, col contributo di altri segmenti, ugualmente poco invasivi e più sostenibili, può ravvivare il nostro turismo “malato”. Un turismo che scricchiola, perché sconta contemporaneamente, in questo momento, la pandemia sanitaria e l’epidemia da “turismo inquinato”. Ma mentre la maggior parte dell’opinione pubblica continua a pensare che è con la forza repressiva o con le “ingiurie” che si scaccia il “ turismo cattivo” e lo si sostituisce con quello “buono”, resto dell’idea che la moneta cattiva si elimina solo proponendo una moneta buona, offrendo cioè opportunità e attrattività a flussi turistici dai gusti e comportamenti più sensibili e raffinati rispetto al “turismo plebeo” prevalente al giorno d’oggi .Bisogna, insomma, evitare di usare, come si fa nei laboratori scientifici per coltivare batteri e altri microrganismi, il brodo di coltura (disordine,lassismo,aggressione del territorio) in cui si è generato e ha guazzato un “turismo volgare e lazzarone”.

Uno dei tanti segmenti che l’isola d’Ischia può offrire è l’archeologia e, in particolare, l’archeologia marina. Mi sono già espresso, in precedenti articoli, sulla tendenza al “ minimalismo” che i “timidi Comuni isolani” applicano; alla “attenzione debole” che essi dedicano ad un settore scientifico culturale come l’archeologia. L’ho scritto a proposito di Aenaria Sommersa, di quello che emerge (dai primi rilievi) sotto il Tondo di Marco Aurelio nel Porto d’Ischia, per il sottodimensionamento del Museo di Villa Arbusto, per il lavoro di restauro e rifunzionalizzazione della Torre di Michelangelo, con un’installazione di sale espositive di archeologia marina che segna il passo; per la collina di San Pietro, per il villaggio archeologico di Punta Chiarito di antichi capanni di pescatori e contadini (750 a.C.). Mentre l’isola stenta a dare il giusto valore a questa risorsa turistico culturale, intorno a noi, in Campania, si ha un fiorire di iniziative in direzione della valorizzazione di patrimoni archeologici. Cito, ad esempio, Positano che, grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza di Salerno e il Comune di Positano, sta intensificando gli scavi alla scoperta di un passato romano (I secolo d.C.) dimostrato da pareti con dipinti similpompeiani, reperti ceramici, elementi in ferro, bronzo e piombo. A proposito di “villae maritimae” (di cui si parla ad Ischia per il Tondo di Marco Aurelio) anche Positano ha una sua importante villa ( del gladiatore Posides Claudi Caesaris libertus), dal cui nome “Posides” deriva probabilmente il nome “ Positano”. Ma lo stesso possiamo dire di Oplonti (Torre Annunziata) con la imponente villa di Lucius Crassius Tertius, che era un’azienda vinicola. Per non parlare dei “Teatri di Pietra” un circuito di teatro classico greco-romano, organizzato apposta per valorizzare i siti archeologici, da Santa Maria Capua Vetere a Teano, a Maddaloni, con opere come “Infiniti mondi” tratto da Giordano Bruno, “Processo a Socrate”, “Le Metamorfosi” di Ovidio.

In questo contesto è stato salutato e valutato positivamente l’incontro-confronto, nello slargo di via Girolamo Rocca, a cura del Museo Etnografico del Mare, con l’archeologa Mariangela Catuogno. Piccola ma incisiva manifestazione culturale che è servita a rendere un po’ meno amara la decisione di non celebrare la Festa di Sant’Anna, piovuta nello stesso giorno all’improvviso a sigillare un ennesimo atto di protagonismo ad effetto, un altro “coup de theatre”del Governatore De Luca, seguito ed eseguito dal Sindaco d’Ischia, immemori entrambi che le condizioni epidemiche erano già note da giorni e che la decisione di celebrare la Festa era stata azzardata. Dunque l’incontro sull’archeologia è stato salutare e rigeneratore di entusiasmo. Ischia ha risorse infinite e quando tutto sembra perso, ecco che emerge sempre un’ancora di salvataggio. L’archeologa Catuogno, che conosce a menadito il patrimonio archeologico proveniente dai siti di Lacco Ameno, Monte Vico, Punta Chiarito, San Pietro, ha ricostruito le origini di Pithecussa, chiarendo che questa non si limitava all’area di Monte Vico, in quanto i coloni greci si erano insediati in vari punti dell’isola, portando con sé tutte le caratteristiche greche, compreso l’inscindibile nesso tra “ commercio” via mare e “pirateria”. Essi erano, ad un tempo, predoni e commercianti. E così si comprende ancor meglio il titolo del recente saggio di Benedetto Valentino “ Storie di pirati, eretici e pestilenze”.

All’incontro non c’era il Sindaco d’Ischia, ma il suo vice Di Vaia che, con un atto di onestà, ha riconosciuto che ‘Amministrazione comunale, negli anni, non ha prestato al Museo del Mare l’attenzione che meritava. Ed era presente il Sindaco di Lacco Ameno, Pascale, che fresco di riconferma della carica di Sindaco, ha promesso attenzione massima alla cultura, all’archeologia, al Museo di Villa Arbusto. Vedremo se le parole e le promesse avranno un seguito. Personalmente ho un solo rammarico: che la brillante conferenza della dottoressa Catuogno non potrà avere un seguito sul periodo “ romano”. Infatti, quando dal pubblico, Nicola Lamonica ha sollecitato un riferimento ad Aenaria Sommersa, l’archeologa ha precisato di essere esperta del periodo storico della Magna Grecia. Avrei sperato che facesse giustizia di una grave dimenticanza e sottovalutazione della Soprintendenza e di chi negli ultimi anni ha condotto le ricerche su Aenaria Sommersa: il fondamentale contributo iniziale di Don Pietro Monti. Ci si è dimenticato che Don Pietro, nella scoperta dei primi reperti fatta casualmente dai sub Boffelli e D’Ambra, con l’apporto di Roberto Ielasi ( 1972) elaborò la tesi dell’esistenza di una vera e propria officina per la lavorazione dei metalli. Con la scoperta del porto romano, del molo, di residui di abitati sulla costa, si è voluto cancellare questa evidenza, ipotizzando perfino che i ritrovamenti di Don Pietro fossero legati all’affondamento di qualche nave proveniente dalla Spagna. Ma la Catuogno ha, tuttavia, sottolineato l’importanza di Don Pietro Monti in tutti gli altri siti di origine greca. E’ stato comunque restituito l’onore a questo sacerdote cultore di storia archeologica. Grazie dottoressa Catuogno, grazie Presidente del Museo del Mare e a tutti i collaboratori, per aver rilanciato l’archeologia del mare, in una luce diversa dalle tendenza di questi ultimi tempi, una luce nuova in cui le istituzioni pubbliche dovranno ribaltare il ruolo da semplici “plaudenti” di pur lodevoli iniziative private a “ protagonisti” dei destini turistici e culturali dell’isola.

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