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Pensieri in libertà, Quel che resta dell’Acuii

Sono sincero, non ne ho mai vissuto pienamente le evoluzioni, almeno dall’interno e dunque in tutte le sue dinamiche e sfaccettature più recondite. Ma nel corso degli anni mi sono comunque più volte trovato a raccontare una serie di fatti e personaggi, e credo che questo basti per poter fare un’analisi magari discutibile e non condivisibile ma certo serena e obiettiva. E a proposito di sincerità, non posso nascondere che ad “accendere” l’ispirazione sia stata una delle quotidiane capatine sui social. Nel corso della quale mi sono imbattuto in un post dell’attuale consigliere di minoranza di Ischia, Gianluca Trani, che pubblicava l’ormai rituale selfie dall’esterno del Polifunzionale accompagnato da un messaggio telegrafico e significativo: “Questa mattina ho votato per il Comune unico ricordando persone di spessore quali il prof. Antonio Barile e l’avv. Nello Mazzella”. Ora delle due l’una: o il politico ischitano voleva rendere onore alla memoria di due “anime” dell’ACUII, o voleva far capire quanto il predetto spessore rispetto agli albori sia decisamente venuto meno. O forse, non è da escludere, magari la verità sta nel mezzo.

Al netto di quelle che potevano essere le simpatie e le inclinazioni politiche dell’uno e dell’altro, non c’è dubbio che a turno Barile e Mazzella abbiano saputo rappresentare in momenti diversi la volontà di certa società civile a svoltare abbandonando la logica delle sei municipalità. E se da una parte il “prof” fu un vero e proprio precursore, forse troppo precursore (alle volte, è risaputo, precorrere i tempi può essere anche un handicap), non c’è dubbio che la figura di Nello Mazzella è stata determinante per tener viva l’associazione e le sue finalità, anzi per contribuire a diffonderle con i risultati e la “storia” che è nota a tutti. Certo, si dirà, è mancato il lieto fine ma questo in fondo fa parte del gioco. La stessa figura di Gianni Vuoso, che per sette anni ha mandato avanti con grande capacità, abnegazione e passione l’ACUII, è stata da apprezzare e da lodare. Perché anche lui ha saputo dialogare con tutti, a prescindere dalle appartenenze politiche, animato dalla voglia di raggiungere l’obiettivo dell’unificazione dei Comuni della nostra bella isola.

Ecco perché domenica mattina credo che come per incanto qualcosa si sia rotto ed in un’iniziativa associativa che pure conservava qualcosa di “romantico” siano calati gli immancabili “virus”. La politica, per farla breve, è entrata a gamba tesa e lo ha fatto anche nella maniera più subdola: personaggi e interpreti non ci hanno messo la faccia – ed avrebbero fatto bene, nobilitando l’ACUII e la sua causa, giusta o meno che sia poco importa in questa sede – ma hanno spedito nell’arena le loro pedine. Così il gruppo forzista ha gettato all’interno del direttivo una triade, mentre la minoranza di Serrara Fontana ha puntato su un altro terzetto di nomi, giusto per essere sicura che uno dei candidati non fosse una sorta di “tassello” infiltrato dal rivale Rosario Caruso, storico e giurato nemico sul Comune unico (e su questo ci sarebbe da aprire un “rosario” che vi risparmiamo, tanto ormai non ci si meraviglia più di nulla). Il risultato è che sono state elette otto figure degnissime, per carità, dalle quali peraltro dovrà uscire un presidente, ma già sapendo che magari mi beccherò qualche “sputazzata in faccia” sottopongo ai lettori un interrogativo che già si poneva più di qualcuno nella tarda mattinata di domenica all’esterno del Polifunzionale: siamo sicuri che era il meglio cui potessimo ambire per un’associazione chiamata sulla carta a trasportare l’isola in un passaggio tanto delicato e se vogliamo addirittura epocale? E non certo per le capacità dei singoli, quanto perché necessariamente legati a questo o quel carrozzone. Perdonatemi, ma la nostalgia di Antonio Barile e Nello Mazzella è venuta pure a me.

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Gerardo Calise

Dopo questa ennesima “rinascita” dell’ACUII, con un nuovo direttivo e relativo presidente, da quello che leggo, costato che si continua sulla vecchia strada, che tra nascite, letarghi e rinascite varie, non ha portato a nessun risultato sperato. Mi chiedevo, già da qualche tempo, perché l’Associazione non incominci ad essere parte attiva del tessuto sociale, diventando un soggetto propositivo ,progettuale, inserendosi nel tessuto sociale attraverso i canonici canali. Porto un esempio: come mai, anelando ad una unicità isolana, nessuno si chiede il perché il cosiddetto comune capoluogo sia stato il primo ad istituire le strisce blu differenziate, facendo pagare ai “residenti” un prezzo ed ai non residenti, che poi sono quelli provenienti dagli altri comuni, un altra tariffa. Perché non ci si è mai chiesti come mai i taxi provenienti dagli “altri” comuni non hanno ancora i pass per accedere ai varchi telecontrollati? Perché lo stesso taxi proveniente dagli altri comuni non può sostare sul Porto di Ischia, intesa come Isola e tornare indietro vuoto? Ecco, la rediviva ACUII incominci a far entrare nella mente dei contrari al CU, o ancora meglio degli indecisi, qualche concetto pratico, oltre a quello ormai arcaico, di unificare gli enti e stop. Si incominci un’opera di indottrinamento, nel pratico ad agire unico, altrimenti, viste le “quote” politiche che fanno la loro comparsa nel nuovo direttivo, noi continueremo ad essere non contrari, ma peggio ancora scettici, pensando, alla luce degli scarsissimi risultati finora raggiunti dalla supponente ACUII, che la “fusione” non sia altro che un’alchimia contabile che vada ad azzerare una montagna di debiti creandone altre in altri canali, come avviene quando la new company si dimostri più malata della defunta bad company. Potere che si sostituisce con altro potere, lasciando ancora perdere i veri obiettivi di un’Isola alla deriva, che più che un ente o una nuova associazione, ha bisogno impellente di capitani d’impresa con tanto di attributi. Fa male leggere che dobbiamo “ripartire”, ma quando mai siamo “partiti”? Se non era per i soliti capitani di impresa, appunto, tipo Rizzoli, Marzotto, Kuttner, Sielewitz, Walde e qualche altro, tutti “forestieri” come si legge, ma dove saremmo andati? Perché più che unire sei bancomat produttrici di debiti, non ci inventiamo qualche concetto virtuoso che trasformi le nostre enormi potenzialità in grandi bancomat produttrici di ricchezza?

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