IL COMMENTO Stato di fatto e diagnosi ambientale di Vivara
DI BENEDETTO MANNA
Per avere uno schema di riferimento, che spieghi quale sia lo stato attualedella Riserva Naturale dello Stato Isola di Vivara, viene in aiuto fare il confronto con l’assetto istituzionale di un Istitutoscolastico. Esso è organizzato in linea di massima, per garantire il suo funzionamento, con un organico scolastico costituito dal Dirigente, dal Consiglio d’Istituto per la programmazione di attività e progetti, da sottoporre al vaglio del Collegio Docenti, dai docenti stessi edagli allievi, come utenti finali. In più al suo interno sono previste strutture operative, come laboratori per lo svolgimento delle esperienze pratiche,aule didattiche per le lezioni, sala dei professoriper rapporti sia interni che con il pubblicoe Aula Magna per vari incontri collegiali, incluse le partecipazioni a momenti didibattitoaperto su tematiche pertinenti al ruolo formativo principale svolto dall’Istituto. Tutto in stretta relazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, che stabilisce, autorizza, controlla le modalità di svolgimento del proprio ordinamento scolastico.
Ora in tema ambientale, guardando il caso della RNS Vivara, si nota che il suo ruolo istitutivo viene depotenziato, contro ogni logica istituzionale, nei suoi aspetti portanti per dare luogo al progetto di qualificare e preservare un’area dagli indubbi pregi naturalistici, patrimonio unico nel Mediterraneo, facente parte della Rete Natura 2000. Facendo il paragone con l’ordinamento scolastico richiamato, si osserva che è impensabile lasciare una struttura dello Stato senza il suo Presidente, all’interno di un Consiglio d’Istituto alias Comitato di gestione, il quale non può deliberare il POF, Piano dell’Offerta Formativa, alias Piano di gestione, e il suo regolamento. Di conseguenza decade anche la possibilità di sottoporre al controllo tecnico scientifico del Collegio docenti, alias Commissione di riserva, la congruità del piano, con l’aggravante che la stessa è in attesa di nuova nomina. Altrettanto in balia dei venti la realizzazione di strutture idonee a rendere operativa la Riserva. In assenza di aule, laboratori i professori e con loro i ragazzi insorgerebbero. Continuando nel paragone, si tratta di mettere a fuoco chi sono quindi i docenti e allievi che vagano in una scuola priva di tutto, di organi direttivi e di strutture, quasi intrusi in un luogo che dovrebbeinvece appartenergli, che viene visto solo come luogo di passaggio occasionale, senza certo comprendere di avere titolo a poter pretendere che il loro operato si svolga nel modo più compiuto e qualificato, conanche la possibilità di poter incidere su determinate scelte. La Riservavanta di svolgere al suo interno determinati progetti, piuttosto tramite accordi o meglio convenzioni, vista l’assenza di un Piano di gestione conclamato, con istituti universitari e di ricerca. Orbene il tutto avviene senza una rendicontazione agli organi di competenza da fare a fine anno, come si richiede a docenti di un istituto scolastico, con controllo pubblico e ministeriale(vedi esami di maturità).Se si entra nella Riserva con un progetto, sembra giusto chiedere di sapere con quali risultati si esce, cioè le novità osservate e le relative conseguenze, la metodica seguita, tramite la spiegazione di una relazione ambientale. Ci vuole un bilancio preventivo e consuntivo ambientale annuale sulla vita della Riserva, da rendere pubblico, in modo da poter anche formare un suo patrimonio storico documentato. Certo non si potrà dire che non è previsto e tantomeno che già esiste tutto ciò, quando si cura piuttosto una gestione amministrativa e non certo quella ambientale. Non si tratta di gestire un parco pubblico cittadino. Manca lo staff di tecnici espertiin campo ambientale, che possa affiancare il Comitato di gestione, in modo da dare le direttive attingendo alle competenze dentro gli istituti scientifici. Attualmente le Università, gli Istituti di ricerca portano i risultati a casa loro, senza far conoscere esplicitamente il lororesoconto di fine anno,quandoinvece dovrebbero riferirlo direttamente alla Riserva, quindi al Ministero, che rende possibile le attività con l’accesso istituzionale e il sostegno economico per coprire le spese, per la miglior tutela di un patrimonio dello Stato. Nessun Ente dovrebbe tollerare il depauperamento dei beni della Riserva, in una condizione di quasi dismissione dei ruoli previsti. Ciò vale anche per gli immobilipresenti, perché, se pur privati, sono nella Riserva statale e fanno parte di una disponibilità utile a definire le sedi opportune delle attività istituzionali previste di valorizzazione della Riserva stessa, senza altra possibilità di cambio di destinazione d’uso. Si comprende che perseverare in un deficit istituzionale farebbe venir meno il rispetto degli artt. 9, 41 della Costituzione, sarebbe come far mancare il diritto costituzionale all’istruzione. Occorre quindi definire unasede della Riserva, dei locali per attività di ricerca, un centro visita per attività paraturistica e sale per ospitare scolaresche e convegni.Si può immaginare che a fine anno, come avviene normalmente ad ogni fine di anno scolastico, ci siano momenti propri organizzati per le presentazioni di report delle varie attività svolte, da illustrare in conferenze e distribuire al pubblico, in particolare ai procidani. È indubbio che a beneficiare di più delle ricadute dei risultati ottenuti dalla Riserva, non può non essere che la collettività di Procida, presente anche con le sue nuove generazioni in attività formative, come diventare per esempio giovani inanellatoti diuccelli o partecipare alla realizzazione dicalendari con foto paesaggistiche. Sarà cura invece delle Università presentare in Convegni per esempio a Napoli le peculiarità più rilevanti emerse dalle indagini scientifiche condotte. Attualmente le Università sono presenti nella Riserva per determinate attività significative. In particolare il Dipartimento di Biologia Università degli Sudi Federico II di Napoli sta monitorando decine di specie di uccelli migratori nell’ambito del progetto “Fauna Selvatica” della RNS Isola di Vivara: passeriformi e non, uccelli marini, limicoli, ecc. Nella prossima primavera partirà una campagna di inanellamentoe i dati saranno importanti per analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici. Se si considera che sull’isola i primi studi ornitologici sono iniziati negli anni 80 e 90 e che sono stati inanellati trentamila uccelli di 91 specie, si ha adesso la possibilità a 30 anni di distanza di ristudiare il fenomeno e con un arco temporale così lungo si possono percepire quelli che sono i cambiamenti a livello globale, i cambiamenti climatici e altro che influenzano i migratori. Tra gli studi che la Riserva realizza con la stessa Università, Dipartimento di Scienza della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse, c’è un Focus dedicato alla costruzione di modelli 3D geoarcheologici.La finalità è prevedere le reazioni di mari, coste, ecosistemi a eventi climatici estremi. Per fare questo si è realizzata una versione digitale di Vivara ricostruita in ambiente virtuale, tramite dati raccolti con laser scanner, boe intelligenti, droni, sistemi satellitari e fotogrammetrici, che permette di indagare quelle che sono le trasformazioni dovute agli attuali fenomeni naturali, ma anche ai cambiamenti climatici, e quindi in che modo un ambiente non contaminato come Vivara si autostruttura nel rispondere a quelli che sono gli effetti relativi.
Alla piattaforma digitale e alle sue banche dati geologiche e archeologiche si accede tramite il sito www.proximaterra.it , in cui si dà immediatamente corso alla comunicazione della ricerca. L’approccio multidisciplinare permette di rappresentare l’isola, i suoi mutamenti nel tempo, legati fortemente all’attività vulcanica e al lento sollevamento e abbassamento del suolo e dei fondali. Il bradisismo e in particolare la subsidenza rappresentano su Vivara una grande risorsa perché si raccolgono le migliori informazioni, in quanto l’isola pian piano che va giù porta con sé i segni e l’uso dell’uomo. Tracceche sono emerse in campagne di scavi archeologici e negli ultimi anni anche con rilievi subacquei nell’ambito della Missione Archeologica Vivara dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. In particolare a Punta Mezzogiorno una serie di scale a circa 14 mt. di profondità rappresenta una sorta di time line della linea di costa nel corso dei secoli, sulla quale 3600 fa si stabiliva il collegamento tra l’insediamento abitativo di una popolazione locale e il porto. Domande finali.È mai possibile che tutto questo patrimonio di ricerche e ricchezze si disperda e non venga a far parte in maniera strutturata, come si è detto, all’interno della Riserva, che è la fonte esclusiva da cui si attinge? Pertanto non sarà il caso di prestare la dovuta attenzione alla tutela dovuta dell’area? Di conseguenza tutti i partecipanti a vario titolo alle diverse attività, tra l’altro istituzionali, quindi non prestate, non avvertono il senso deontologico professionale di reclamare una loro ingerenza autorevole per superare le defaiance che vive attualmente la Riserva, dalla mancata nomina del Presidente e Piano di gestione? Possono far contare il loro peso professionale affinché, per esempio, i ruoli di controllo e verifica all’interno della Commissione di riserva, anch’essa da nominare, siano ricoperti da personale con competenze tecnico scientifiche appropriate alle specificità delle attività condotte (v. ornitologi)? Se nella scuola il prodotto finale che conta è la formazione dell’allievo, non è comprensibile perché non debba per una Riserva Naturale dello Stato, come Vivara, la piena tutela del suo ambiente essere il suo prodotto, senza se e senza ma. Riprendendo la scrittura degli articoli col nuovo anno, i più sentiti auguri ai lettori per le imminenti festività natalizie.