IL COMMENTO Sulla Natura delle Cose

DI GIUSEPPE LUONGO
Ho scelto con grande immodestia il titolo della famosa opera di Tito Lucrezio Caro, epicureo, per trattare una condizione complessa come un racconto di una esperienza degna di essere compresa, per la funzione specifica che ha nello sviluppo e progresso di una comunità, perché proprio di questo si tratta e non di un racconto astratto. Infatti, l’oggetto che si analizza è reale e non un concetto mentale estratto da elementi della realtà. La nostra analisi si riferisce all’isola d’Ischia e, in particolare alle vicende emerse in tempi recenti con il manifestarsi di eventi naturali estremi che hanno prodotto una successione di catastrofi, dalle quali il territorio non è ancora nella fase di completa ripresa. Questo è un processo complesso che coinvolge diverse fasi, ma la ricostruzione appare troppo lenta per le esigenze della comunità maggiormente investita dagli effetti delle recenti catastrofi sismica e idrogeologiche. Il piano di ricostruzione non appare chiaro, non sembra unitario in quanto manca una direttiva unica alla quale i diversi progetti devono attenersi e soprattutto occorre aumentare la resilienza della comunità, prevenendo futuri disastri. Non è dato sapere se l’esperienza del sisma del 21 agosto 2017, in particolare lo spettro delle accelerazioni alla stazione della Grande Sentinella (IOCA) sia stato utilizzato per la progettazione sismica, e così anche per i risultati delle microzonazioni. I dati ottenuti con le indagini citate sono importanti particolarmente se si intende ricostruire nell’area epicentrale. Chi scrive questa nota aveva proposto all’indomani del sisma la delocalizzazione dell’insediamento dell’area epicentrale, in quanto si è sviluppato sulla faglia che ha prodotto l’evento del 2017.
La storia sismica segnala la sua dinamica come sorgente delle ripetute catastrofi dal 1796. La delocalizzazione fu respinta dalla politica, invocando la necessità della conservazione della memoria storica della comunità, ma ora si apprende che la parola non è più un tabù. Il tempo passa e cambia il giudizio sociologico sulla sensibilità della comunità, ancora lontana dal sito storico. Anche gli esperti strutturisti sostennero la ricostruzione dell’insediamento nell’area epicentrale affermando che le tecniche moderne forniscono la garanzia della sicurezza, senza indicare quali fossero i costi per le costruzioni e quali le competenze dei progettisti delle nuove abitazioni. Abbiamo più volte esaminato gli effetti dei disastri che sono superati concentrando risorse economiche e competenze con gli interventi straordinari, per ritornare alla “normalità” in tempi ragionevolmente brevi, anche se l’esperienza mostra che nel nostro Paese i tempi brevi dei disastri hanno la durata dei decenni. La normalità non è l’abbandono del governo del territorio fisico fino ad una successiva catastrofe, perché l’abbandono apre il percorso al degrado e questo al disastro quando si manifesta un fenomeno naturale intenso. Chi sceglie di partecipare al governo della sua città, deve porsi l’obiettivo prioritario della manutenzione del territorio specie se questo è esposto ai rischi naturali come l’isola d’Ischia. Lo sviluppo dell’Isola si costruisce sulla sicurezza e la difesa delle risorse naturali. Registro con sorpresa che il termalismo dell’Isola è ridiventato oggetto di dibattito con la partecipazione dei politici. Mi sembra, tuttavia, spesso goffa e superficiale l’analisi sviluppata sulla stampa in interviste agli amministratori e tecnici. Siamo ancora ad esprimere giudizi sulla bontà delle acque, senza una vera analisi, riferendosi alle capacità terapeutiche delle stesse e alla loro variabilità in termini di componenti della soluzione. Se si vuole rilanciare il termalismo ritengo che sia necessario non indicare le terme come strumenti per le guarigioni degli acciacchi delle persone anziane. Non può funzionare come attrattore; infatti, la crisi sarebbe emersa per due cause, l’una la mancanza di attenzione verso le acque termali per le guarigioni e l’altra il modello della società attuale che rincorre la giovinezza e la bellezza, obiettivi non contemplati nel termalismo antico. Oggi le terme sono luoghi di incontro in un clima finalizzato al benessere dove trascorrere il tempo in incontri gradevoli, dove il tempo scorre lentamente, in contrasto con la vita tumultuosa nel mondo esterno.
Il termalismo nasce con i medici e fino a quando le terme raggiungevano obiettivi di cura che altre tecniche o medicinali non erano in uso, erano luoghi frequentati per le diverse acque capaci di guarire tutti i mali. A Ischia il termalismo fu introdotto da Giulio Iasolino, dopo la crisi del termalismo nell’area flegrea in seguito all’eruzione di Monte Nuovo nel 1538 che sommerse l’area delle terme. Nell’Ottocento fu rilanciato da Jacques Etienne Chevalley De Rivaz, medico termale che studiòle proprietà delle acque termominerali e delle stufe dell’Isola e Casamicciola divenne famosa per il Termalismo, attirando frequentatori famosi fino al secolo scorso, per imboccare poi la via dell’abbandono con il cambiamento dei costumi del turismo veloce di massa. L’ultimo intervento rilevante nel settore fu realizzato a Lacco Ameno da Angelo Rizzoli, negli anni ’50, con lo stabilimento termale del Regina Isabella. In questa analisi abbiamo privilegiato l’esplorazione degli eventi che in anni recenti hanno maggiormente influenzato la dinamica sociale ed economica dell’Isola, ma lo sviluppo di una comunità avviene anche e principalmente con il lento progresso delle attività produttive e della crescita della cultura. Tutto ciò si realizza con il buon governo del territorio e con la valorizzazione delle sue risorse naturali e dei prestigiosi siti archeologici. Occorrerebbe realizzare un progetto che renda l’Isola non isolata dai percorsi culturali più avanzati, nei quali Ischia possa operare come attrattore principale. Se la comunità isolana non sceglie un percorso comune, le energie vanno disperse e un progetto che impegna tutto il territorio ha scarse possibilità di successo. È triste rilevare che neanche le catastrofi riescono a unire le comunità, se non per il solo tempo della condivisione del dolore.