LE OPINIONI

IL COMMENTO Tra l’incudine e il martello

Non abbiamo avuto nemmeno il tempo di riprenderci dalla pandemia, che scoppia la guerra alle porte di casa nostra. Una guerra che fa paura, che ci minaccia da vicino, dove i protagonisti sono sempre gli stessi, prepotenti che non hanno alcun rispetto per la vita, che violano ogni diritto umano. Condanno duramente Putin, ma chi c’è dietro il Presidente dell’Ucraina Zelensky, da ex attore, ad attore protagonista di una guerra che nessuno vuole, dice di proteggere il suo popolo, intanto a fare scudo ai russi sono proprio gli ucraini, una strage di civili, dei più deboli e soprattutto di bambini. Facile parlare da un bunker, con il giubbotto antiproiettile, nel mentre continua a morire la sua gente, quella stessa che dice di proteggere. La superiorità bellica russa porterà all’uso di armi non convenzionali e raderanno al suolo tutto il paese e intanto continua la minaccia al nucleare ma la Nato, non attaccherà mai per non scatenare la terza guerra mondiale. E intanto assistiamo al genocidio del popolo Ucraino.

La continua esposizione all’imprevedibilità, prima del virus, ora degli scenari di guerra alle porte, genera una profonda reazione di ansia che si sta sempre più diffondendo fino a trasformarsi in patologia per molti e in pericolo per tutti. La sensazione di pericolo, paura, incertezza che si avvertono, stanno influendo pesantemente sulla nostra capacità di far fronte ai pericoli e di resistere alle difficoltà ordinarie o straordinarie. E stiamo assistendo ad un altro fenomeno che interessa tutti, l’aumento dei prezzi in maniera esagerata su tutto, la guerra del carrello, a partire dai generi di prima necessità. Sull’aumento dell’elettricità eravamo stati avvisati ma è tutto così esagerato, e nel corso degli anni continuiamo a dipendere da altri paesi. La guerra russo-ucraina ha fatto emergere le debolezze del sistema energetico italiano ed europeo, riformulando le priorità di imprese e cittadini, si deve ammettere che sulle forniture di gas non abbiamo compiuto le scelte alla nostra portata per renderci maggiormente indipendenti dalla Russia, quando c’è stata l’occasione. La stessa riflessione deve averla fatta il premier Mario Draghi perché nel suo intervento alla camera di venerdì 25 febbraio ha riconosciuto che «le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori neqli ultimi decenni». La dipendenza energetica dalla Russia è l’eredità di 10 anni di confusione organizzata che ha visto le scorte di gas raggiungere livelli minimi; e ora il tema della sicurezza nazionale è quello che preoccupa maggiormente, più della pandemia e più della difesa dell’ambiente. Non esiste una soluzione per risolvere l’impasse, ma sicuramente ce n’è una che “pesa maggiormente: sfruttare i giacimenti di gas naturale disponibili nei nostri mari. Il Mediterraneo è pieno di gas, proviamo a costruire una mappa, incominciando dall’Italia, che secondo le stime ha a disposizione nel Nord Adriatico, per fornire un riferimento geografico più preciso la zona a nord di Goro (a est di Ferrara), almeno dai 50 ai 70 miliardi di metri cubi di gas in vari giacimenti già scoperti e mappati negli anni ’90 dall’allora Agip. Si tratta di giacimenti mai messi in produzione, sui tempi è presto detto: se si riuscisse a velocizzare l’iter autorizzativo e la fase progettuale l’estrazione di gas potrebbe iniziare fra 18 mesi. Ma la disponibilità di gas italiano non è limitata all’Adriatico: nel canale di Sicilia, Eni ha a disposizione i giacimenti Argo e Cassiopea, citati non a caso nel recente decreto energia. Restando in zona mediorientale, anche Israele dispone di campi di gas naturale di grande portata, a cominciare dal Leviathan, scoperto nel 2010, che ha una capacità stimata di 500 miliardi di metri cubi. Ma il giacimento più grande del Mediterraneo è anche quello più vicino all’Italia: quello egiziano di Zohr, che con i suoi 850 miliardi di metri cubi è considerato il gigante dei campi di estrazione.

Infine, sempre a un passo dalle nostre coste, Libia e Algeria nei propri mari e a terra custodiscono ingenti quantità di gas naturale. Pertanto continua la stangata per le famiglie che non arriva solo con l’aumento del prezzo del petrolio e del gas, ma anche con l’aggravarsi della crisi in Ucraina. Il prezzo del carrello della spesa varia ormai giorno dopo giorno, e parliamo di beni di prima necessità e ingiustificati, perché aumenta la pasta fatta con il grano italiano? O tutta la merce che è già stata prodotta e che hanno come scorta nei magazzini. A Ischia poi è sempre peggio perché di mezzo c’è il mare e i trasporti incidono visto il caro carburante sul prezzo finale, e gli aiuti alle famiglie? Zero, mascherati dal solito ISEE da presentare. Questo anno dobbiamo mettere in bilancio che mancherà da noi il turismo russo, già abbiamo perso, quella fetta importante di russi che per molti anni ha retto diverse attività sul nostro territorio, e con la loro mancanza, hanno dovuto abbassare le saracinesche. Turisti alla ricerca del lusso sfrenato, entravano nei negozi e spendevano 30 o 40 mila euro come se fossero spiccioli, si sedevano al ristorante e senza capirci nulla, ordinavano quello che costava di più, li vedevi arrivare, grassi, brutti e accompagnati dalle solite ragazze bellissime in cerca di una vacanza e di rifarsi il guardaroba. Ma anche in questo gli ischitani non hanno avuto l’occhio lungo, e li abbiamo persi. Già qualche anno fa lo scrissi, sono ricchi fanatici che quando comprano non vogliono uscire dal negozio con un abito firmato in una busta non griffata come l’abito che hanno acquistato e allora andavano in trasferta a Capri per questo tipo di shopping, perché nell’isola azzurra non mancano negozi monomarca e nemmeno capire come accontentarli. Ricordo ancora un pomeriggio di qualche anno fa, quando Abramovic passò con il suo panfilo per Ischia e rimase incantato dalla baia di San Montano, il tempo di mandare due persone sue a trattare e in men che non si dica la spiaggia di svuotò di tutto, lasciandola ai desideri dell’oligarca russo.

Ma ritorniamo a quello che è oggi, anche se la filiera agroalimentare italiana è a rischio a causa dei rincari dell’energia, che si riflettono nella produzione, sono del tutto ingiustificati tutti i rincari a discapito di tutti i cittadini, siamo disorientati. Prima la pandemia, che ha cambiato le nostre vite, e ora la guerra in Ucraina. Il conflitto diventa un elemento che deprime e rende tutti più pessimisti e scettici sul futuro. In questi giorni, è bastato sentire la parola sciopero e tutti a fare file di ore per il rifornimento di carburante e a svuotare scaffali nei supermercati. Abbiamo paura, ma se la paura s’impadronisce di noi, non siamo lucidi abbastanza per essere razionali e prendere le giuste decisioni per il nostro futuro.

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