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Ischia, sulla collina di Sant’Antuono è già festa

di ANTONIO LUBRANO

La Festa di Sant’Antuono o Sant’Antonio abate nei numerosi centri di tutto il territorio nazionale, è trasformata in vera e propria Sagra paesana fra religione e folklore con tutto il popolo devoto che vi partecipa con canti antichi e preghiere un po’ troppo estemporanee. Spesso si sfora in forme di eccessivo paganesimo. Però la figura del Santo ne esce bene. Ischia invece festeggia con maggiore misura. Infatti  domenica  17 gennaio invece sarà rispettata la tradizione  sull’isola, nei comuni di  Ischia e di  Forio, e  si festeggia Sant’Antuono e non Sant’Antonio Abate, altrimenti si confonderebbe con Sant’Antonio di Padova. Quindi Sant’Antuono a tutti gli effetti  con il quale, si apre dal 17 gennaio per l’appunto, il ciclo dei Santi invernali, quelli più popolari, almeno qui a Ischia con le rispettive loro festose ricorrenze. Quindi alla festa di  Sant’Antuono il 17 gennaio seguono nell’ordine: San Ciro il 31 gennaio, San Biagio il 3 febbraio, San Gabriele (a Casamicciola) il 26 febbraio, San Giovan Giuseppe della Croce il 5 marzo e San Giuseppe  il 19 di marzo (Lacco Ameno località Fango).  Sei Santi per i quali si mobilitano le rispettive comunità parrocchiali delle chiese di riferimento per far festa in onore dei loro Santi protettori e patroni sul territorio di competenza. Il Ciclo si apre con Sant’Antuono dalle credenziali tutte in ordine, per tenere su la comunità devota della frazione collinare di Ischia praticamente già in festa per il novenario in corso. Per il primo “Santo invernale” due sono i riti tradizionali legati a Sant’Antuono: l’accensione dei falò o “fugarazzi” e la benedizione degli animali di cui il Santo, secondo la credenza popolare,  è ritenuto loro perpetuo protettore e ammiratore. Di qui il detto antico “Sant’Antuono s’innammoraie ru puorc”.  A parte la significativa divagazione, sulla collinare frazione di Sant’Antuono di Ischia, aleggia un bel clima di festa già dall’8 gennaio scorso, da quando cioè è iniziato il tradizionale novenario per il Santo. Questa sera nella chiesa dedicata a Sant’Antuono il parroco Nicolella terrà un incontro con i giovani fidanzati della parrocchia nell’ambito dei  buoni esempi da seguire. Domani pomeriggio venerdì, a tre giorni dal giorno ufficiale della festa che ricorre domenica  prossima 17 gennaio, giornata festiva dedicata a Sant’Antuono o Sant’Antonio Abate, avrà luogo nel cortile delle scuole elementari della frazione, la vera e propria anteprima della festa con la benedizione degli animali tanto cari a Sant’Antuono. Assisteremo ad un massiccio flusso di fedeli del Santo, ciascun col proprio animale in braccio, in gabbietta o al guinzaglio, trattandosi di ogni specie di animali: dal coniglietto al gatto, dal cagnolini a tutti tipi di cani anche di razza costosa, dall’uccellino  alla gallina, dai pesciolini in acqua dolce in appositi contenitori di vetro alla tartaruga,  e per finire, ai cavalli. Per l’aspersione dell’acquasanta sugli animali radunati in “parata”, se ne occuperà personalmente il parroco don Giuseppe Nicolella. Al tradizionale rituale di domani del primo pomeriggio, accorreranno gruppi familiari, ragazzi e ragazzi, bambini con mamma e papà, fidanzati e fidanzate, e perfino gli anziani col proprio cagnolino di compagnia. Fa tenerezza a vederli tutti,  accalcati sotto la postazione dove il Parroco don Giuseppe Nicolella impartirà l’attesa benedizione, nei riguardi dei fedeli e degli stessi animali che evidentemente non si renderanno conto del momento così solenne preparato  per loro. Essendo quindi Sant’Antuono  considerato anche  il protettore degli animali domestici, egli è solitamente raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. La tradizione nazionale più che locale, deriva dal fatto che l’ordine degli Antuoniani o Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di Sant’Antonio. I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella.  Dopodomani sera invece, sabato  16 gennaio, nello stesso luogo della benedizione degli animali, si procederà all’accensione del divampante falò, illuminato  segno manifesto della forte devozione per Sant’Antuono al quale, calza un altro detto popolare spesso pronunciato qui a Ischia, e cioè: “Sant’Antuono, maschere e suoni”. Secondo una leggenda, la notte del 17 gennaio gli animali acquisiscono la facoltà di parlare. Durante questo evento i contadini si tenevano lontani dalle stalle, perché udire gli animali conversare era segno di cattivo auspicio. La sua storia personale ci dice che Antuono o Antonio nacque a Coma in Egitto (l’odierna Qumans) intorno al 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent’anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l’esortazione evangelica “Se vuoi essere perfetto, và. vendi quello che possiedi e dallo ai poveri”. Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti, attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui, riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare ad un’attività concreta che divenne il famoso motto “Ora et Labora”, della regola benedettina. Così ispirato, condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità. Negli primi anni, fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise. Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, lo liberarono  dal suo rifugio. Antuono  allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, “guarigioni” e “liberazioni dal demonio”. Nel 561 le sue reliquie vennero traslate ad Alessandria d’Egitto, presso la chiesa di San Giovanni. Verso il 635, in seguito all’occupazione araba dell’Egitto, furono spostate a Costantinopoli. Nel XI secolo il nobile francese Jocelin de Chateau Neuf le, le ottenne in dono dall’Imperatore di Costantinopoli e le portò in Francia nel Delfinato. Nel 1070 il nobile Guigues de Didier fece costruire nel villaggio di La Motte presso Vienne una chiesa dove vennero traslate. Per la prima volta nella storia, nel gennaio 2006, in occasione del Giubileo Antoniano, le reliquie di sant’Antonio o Antuono abate hanno lasciato la città di Arles (Francia). Dal 6 al 13 gennaio 2006 sono state ospitate nel Comune di Novoli in provincia di Lecce. Dal 13 al 17 gennaio 2006 sono state accolte nella stupenda cornice dell’Isola d’Ischia, e per gli ischitani fu un grande evento. Il 20 agosto 2006 sono giunte ad Aci Sant’Antonio (CT), in Sicilia per poi far ritorno ad Arles. Per la chiusura dell’Anno giubilare Antoniano e la festività del Santo, le reliquie fecero  ritorno ad Ischia a gennaio 2007, successivamente, dal 21 al 29 gennaio 2007 infine furono portate  nella Parrocchia Sant’Antonio abate in Vibonati (SA). Infine faranno ritorno ad Arles. Sant’Antonio fu presto invocato in Occidente come patrono dei macellai e salumai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici; fu reputato essere potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili. Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco vengono posti sotto la protezione di sant’Antonio, in onore del racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori.

 

 

 

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