Il Consiglio di Stato spaventa i balneari
La sentenza n. 7874 delle Sezioni Unite boccia la proroga generalizzata di 15 anni delle concessioni demaniali, che era prevista dalla Legge di Bilancio 2019, con motivazioni forti
E’ diventato, come spesso succede in questo paese, un caso politico. Ma diciamo che questo tecnicamente sarebbe davvero il minimo sindacale. Il problema è un altro, è terribilmente serio e potrebbe avere ripercussioni anche sulla nostra isola, dove il settore oggetto di discussione è decisamente e corposamente rappresentato. Una sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 18 novembre si è espressa in maniera chiara sul tema delle concessioni demaniali a scopo turistico ricreativo, bocciando senza appello la proroga generalizzata di 15 anni prevista dalla Legge di Bilancio 2019. Ma soprattutto con una serie di motivazioni che non mancheranno di far discutere, basate prettamente su quel principio della libera concorrenza ormai fortemente caratterizzante da diversi anni da questa parte. A riguardo la sentenza n. 7874 delle Sezione Unite appare decisamente significativa e spiega tra l’altro che “con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione”.
Un concetto chiaro ed inequivocabile che viene rimarcato anche in passaggi successivi nei quali ad esempio si legge ancora che “La proroga ex lege delle concessioni demaniali aventi natura turistico-ricreativa non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione europea sulla indizione delle gare”. Un concetto che viene poi ulteriormente ribadito: ““Qualora emerga contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto eurounitario, è fatto obbligo al dirigente che adotta il provvedimento sulla base della norma nazionale (o regionale) di non applicarla”. La sentenza è fin troppo evidente in un altro punto preciso: “Occorre poi rammentare, in particolare con riferimento al caso qui in esame, che è ormai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale la disapplicazione (rectius, non applicazione) della norma nazionale confliggente con il diritto eurounitario, a maggior ragione se tale contrasto è stato accertato dalla Corte di giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l’apparato amministrativo e per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto eurounitario”
Un provvedimento che certo non può mancare di destare timori anche sull’isola: secondo i giudici va indetta una nuova procedura selettiva che dia prevalenza a proposte di gestione privata che rispondano a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico
Il discorso concettualmente può essere alla fine riassunto in una considerazione del coordinamento nazionale di Mare Libero che così si è espresso sulla decisione dei magistrati: “La sentenza si basa sui principi della libera concorrenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e pubbliche evidenze per le procedure di assegnazione delle concessioni; peraltro il rinnovo automatico del legislatore, oltre a non superare lo scoglio della contrarietà all’ordinamento euro-unitrario e ai principi costituzionali dell’ordinamento nazionale, non può essere considerato dalle amministrazioni locali come un atto che produce effetti automatici senza la necessità di un provvedimento amministrativo che lo integri”.
Alla luce di questa sentenza, rimarca ancora Mare Libero, “l’applicazione delle norme sulla proroga potrebbe creare non pochi problemi alle amministrazioni locali, nel momento in cui i provvedimenti saranno impugnati dinanzi alle autorità giudiziarie: quanto stabilito con quest’ultima sentenza può difficilmente essere ignorato da dirigenti e funzionari di Regioni e Comuni senza rischiare responsabilità personali, penali ed erariali”. Insomma, avrete capito come la situazione sia tutt’altro che allegra e come questa sentenza rappresenti se non una spada di Damocle comunque un pericolo concreto anche per tutti gli operatori del settore (e non sono certamente pochi) presenti sulla nostra isola. I Comuni infatti saranno chiamati a rinnovare le concessioni e questa sentenza potrebbe costituire una sorta di freno o limitazione e scatenare un vero e proprio “terremoto” dopo che già in un passato nemmeno così remoto gli operatori balneari avevano temuto il peggio per il prosieguo di un’attività che in svariati casi dura ormai da decenni e che pareva poter proseguire senza patemi fino al 31 dicembre 2033.
E’ chiaro che quanto successo solleva molte perplessità, almeno per un paio di motivi. Il primo è che il Consiglio di Stato ha visto i giudici esprimersi sul prolungamento delle concessione sino al 2033 nonostante fossero chiamati a giudicare solo la proroga fino al 2020. Inoltre, lo stesso organo giudicante un mese prima e con un’altra sentenza aveva praticamente applicato l’estensione sino al 2033. Che però, ritornando ai contenuti della sentenza, non sarebbe possibile e i giudici motivano anche in maniera esaustiva:
“In seguito alla soppressione dell’istituto del diritto di insistenza, ossia del diritto di preferenza dei concessionari uscenti, l’amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi eurounitari della libera di circolazione dei servizi, della par condicio, dell’imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 cod. nav., è tenuta a indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico». Troppo poco, forse, per iniziare a tremare, quanto basta per guardare all’evolversi degli eventi con la giusta dose di preoccupazione.
Peggio della Mafia. Concessioni ereditate con la complicità della politica e pagate poche migliaia di euro, fatturati in nero… Finirà la “zizzinella”?
Non è una sentenza a sezioni unite. Ma della sesta sezione.