CULTURA & SOCIETA'

Il coraggio delle donne curde raccontato da Anna D’Auria

“Mala Jin: tulipani nel cemento” e la giovane Elena Doris, personaggio vettore che trascina il lettore all’interno di una complessa vicenda e attraverso i luoghi di Trentova ed Agropoli

DI ARIANNA ORLANDO

Mala Jin: tulipani nel cemento, testo di Anna D’Auria edito da Albatros nel novembre 2021, è il racconto corale del coraggio delle donne curde e un omaggio alla loro eterna resistenza. La giovane Elena-Doris, il personaggio-vettore che trascina il lettore all’interno della vicenda e attraverso i luoghi di Trentova e di Agropoli, è una ragazza quindicenne cui l’autrice affida a più riprese non solo l’istanza narrativa ma anche la capacità di stendere sulla ruvidità delle cose il velo della gentilezza. Elena e Doris nella stessa ragazza rappresentano la fusione delle sue due identità: quella italiana e quella curda, quella occidentale e quella orientale. Il testo di lievissima e piacevolissima fruizione è adatto ai più giovani, ai più maturi e a tutti coloro che vogliono avvicinarsi-o permettere che altri si avvicinino- alla delicata e ruvida questione curda. La narrazione si poggia, come la trabeazione di un tempio, su delicate colonnine corinzie- questo perché lo stile del testo non è scarno, non è asciutto ma limpidamente decorato da volteggi e svolazzi di metafore, similitudini, parole volontariamente onomatopeiche e intrusioni classiche. Il piano narrativo non si colloca esclusivamente nella realtà: l’azione è essenzialmente azione nel sottosuolo e nel sovra-suolo della realtà, in una dimensione che è quella del regno dei morti e in un’altra che è quella metafisica del sogno. Grazie a questi espedienti narrativi, è possibile di fatto accedere al nucleo tematico della narrazione -ossia alla vicenda politica curda- planando con le ali della dolcezza in terra d’Oriente, guardando con occhi riparati la tragedia della guerra, ascoltando con gli occhi protetti da gusci di conchiglie di fortuna il suono della voce che proviene dai tulipani trasfigurati in bocche narranti.

Ai fiori è affidato un onere e un onore: essere la voce delle donne curde che si sono perdute nell’indifferenza e che sono state sovrastate dall’onda della dimenticanza. Sprofondate nel regno sotterraneo dove immaginiamo da sempre si collochi l’oltretomba, queste donne senza corpo ed eteree come le voci nelle radio, ci impediscono di dimenticare e usano le radici come fili di telegrafo. Quando ad Anna D’Auria ho chiesto “ma perché? Da dove proviene un libro su questo tema?” Lei mi ha risposto “Ho sentito l’esigenza di esprimere la mia solidarietà al popolo di donne curde, ho sentito il bisogno di usare la mia istanza comunicativa e la mia cultura di base, che è di matrice classica, per favorire una maggiore attenzione sulla questione curda.” Da insegnante, la scrittrice Anna D’Auria ha fortemente temprato il testo “a misura di giovane”: sarebbe facilissimo per uno studente di acerba età legarsi al mondo dei personaggi dauriani e sentirsi protetto dal modo in cui, attraverso l’intrusione del mondo onirico, Anna D’Auria crea una distanza gentile dalla realtà così da favorire un apprendimento graduale, una visione d’insieme che non spaventi ma che lasci attecchire il seme del ripudio della guerra e della violenza. Per Elena-Doris esistono figure protettrici antiche e nuove, familiari e non: esiste per lei quasi un miracolo che la fagocita e la trasporta verso la sua Itaca, stavolta una città dell’Anatolia. Anna D’Auria lascia uno spazio, che è sintetico-ridotto ma accurato, alle descrizioni naturali; fa in modo che la sua penna sia capace di disegnare i luoghi in cui la storia si colloca e la relativa brevità di queste descrizioni consente al testo di non esserne appesantito, concede che la storia non ne risenta: il lettore-che è sempre il centro della destinazione narrativa- non perde mai di vista dove si trova e con chi e resta placidamente seduto nella storia. La focalizzazione interna, che interressa la maggior parte del racconto, non lo copre in maniera uniforme in quanto sono presenti anche cambiamenti di focus e la narrazione, mantenendosi sempre fortemente soggettiva, adotta anche un punto di vista onnisciente. I personaggi agiscono per lo più come “muscoli antagonisti” nella seguente dicotomia, che è quella maggiormente evidente: padre di Doris-Elena, padre di Lale. Lale, la bambina generata dell’ispirazione della leggenda di Trentova, è il passato di Elena-Doris. Elena-Doris “continua” Lale. Dilar-altro personaggio estremamente significativo-, in un certo senso, “continua” Elena-Doris. L’anziana nonna di Dilar “continua” la madre di Elena-Doris e Lale. I tulipani “continuano” le vite recise delle donne curde. Il nome stesso di “Lale”, che in curdo vuol dire “tulipano” è pronostico e legame con la simbologia del fiore. Il nome Doris, che dalla parola greca significa “dono” ,è l’immagine del dono della vita che approda sulla sabbia dopo il naufragio, che è capace di sopravvivere come unica testimone di una morte corale, che è capace di persistere come unica voce di un battello di migranti sepolti nel Mediterraneo. E l’approdo di Doris, d’altra parte, conserva ancora una volta il miracoloso e lo restituisce nell’immagine del ritrovamento della bambina ritrovata mentre giaceva su foglie di acanto adornate da conchiglie variopinte e coralli screziati, condividendo con il Mosè biblico l’imprevedibile dono del farsi scoperta. Presente inoltre all’interno del testo un ricorrente uso di vocaboli di lessico sia curdo che greco, atti a dominare il contesto e a spingerlo in una dimensione di immedesimazione totale con il vissuto della protagonista.

La scrittrice Anna D’Auria ha dato prova con questo testo narrativa di grande competenza e di grande versatilità comunicativa e si riconferma “scrittrice dolce di cose ruvide”, come già fece in luogo al premio meritatamente vinto in occasione del Premio Internazionale del Sannio per la categoria narrativa edita con l’opera menzionata. Il coraggio delle donne curde sia monito per tutte le donne del mondo, affinché-qualuque siano le proprie scelte- sappiano di essere state elette per un destino più grande: essere padrone della propria volontà e mai mai mai bambole di carta.

Ads
Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex